Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
E’ inutile girarci
intorno, la scrittura di Stefano Benni è colta, ironica, intellettualistica,
satirica; un coacervo di stili, di giochi di parole, di citazioni, tra le
tante, “Parigi brucia”, di situazioni reali o irreali, un confine non mai
specifico, che usata per una commedia “La Signorina Papillon”, destabilizza un
po'. Si ha l’impressione che l’ironia, usata nel raccontare e rappresentare,
colpisca direttamente lo spettatore, tanto da confondergli il senso di ciò che
sta seguendo. Intanto quello che avviene in scena è sogno o vita reale? E la
realtà è pilotata o libera ed il periodo a cui si riferisce è dimensione del
XIX secolo o fuori dal tempo? Si rientra così al teatro dell’assurdo, dove
tempi e modi non sono definiti. Lo spessore intellettualistico di Benni si fa
sentire per intero ed il giardino, ambientazione dell’opera, si comprende
metaforico e che in esso si vogliono raccogliere le tante storture sociali.
La signorina Papillon è
l’eterea fanciulla vestita di voile bianco, capelli lunghi e biondi che
trascorre parte delle sue giornate nello splendido, giardino, ornato da 316
varietà di rose, tutte da lei coltivate amorevolmente. Non è l’unico suo hobby,
infatti raccoglie variopinte farfalle e le conserva in vasi di vetro
trasparente. Scrive un lungo diario giornaliero, nel quale appunta tutti i suoi
pensieri. La vita le scorre tranquilla, felice di questo ritmo abbandonato,
lontano dal clamore della città. Il giardino che si coglie metaforico non
palesa a che epoca si riferisce, è un non luogo che risente del teatro
dell’assurdo. Irrompono, nella quiete bucolica dell’ingenua Rose, in modo
maldestro, tre tristi figuri: Maria Luise, l’amica lussuriosa della Parigi che
conta, il poeta Millet, uno scribacchino che crede che ricchezza e fame contino
più di ogni alta cosa ed Armand, un essere spregevole votato alla violenza e al
comando. Tutti e tre hanno un solo scopo convincere Rose a vivere una vita più
sciolta, moderna, a trasferirla nella caotica Parigi, per potersi impossessare
della sua tenuta, uccidendola.
Inizia così una lunga affabulazione
nei riguardi di Rose, con parole, sproloqui di raffinata impostazione, a volte
si ha l’impressione che tutto il testo sia un esercizio di stile, per poi
gustare la satira grottesca e gli allegri siparietti di ricercata costruzione.
Non c’è che dire un Benni in stato di grazia, il tutto a vantaggio di un pezzo
raffinato, ma difficile da seguire in ogni sua forma.
Sarà stato vero il
complotto o sarà stato tutto un sogno? Meglio credere ad un abbaglio e
rifugiarsi in rose colorate e in svolazzanti farfalle che la cruda realtà
criminale.
Un plauso convinto va
alla Compagnia Ellemmeti Libera Manifattura Teatrale Napoli. per la
scelta del testo non facile e la capacità interpretativa di tutti e quattro gli
attori. La
Compagnia è alla sua prima volta al Festival XS
Stefano Benni,
Bologna 12 agosto 1947. E’ uno scrittore, umorista, giornalista, sceneggiatore,
poeta e drammaturgo italiano.
Maria Serritiello
www.lapilli.eu
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