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giovedì 15 luglio 2021

Prosegue al Teatro dei Barbuti il 12 esimo Festival Nazionale Teatro XS Città di Salerno indetto dalla Compagnia Dell’Eclissi

 


                                                     FOTO DAL WEB


Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


 

Venerdì 9 luglio 2021, ai Barbuti di Salerno è stata la volta della Compagnia PolisPapin di Roma, con lo spettacolo di un’ora e più dal titolo “Tàlia si è addormentata” tratto da" Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile e scritto da Francesco Petti con Cinzia Antifona, Valentina Greco, Francesca Pica musiche di Melisma, scene e costumi di Domenico Latronico aiuto scenografo Dario Vegliante regia di Francesco Petti

Tàlia si è addormentata non è altro che la Bella addormentata nel bosco, la favola conosciutissima da tutti i piccoli, raccontata e letta dalle mamma e dalle nonne, la sera prima di addormentarsi. La fiaba ha origini antichissime ed è arrivata fino a noi ad opera delle versioni edulcorate di Charles Perrault, dei Fratelli Grimm e dal film di Walt Disney. Un po’ diverso è il contenuto scritto da Giambattista Basile nel suo Pentamerone. Nel racconto di Basile, infatti, non è un principe a svegliare la fanciulla, addormentatasi per una puntura di una lisca di lino, mentre filava, ma da un re di passaggio già sposato, che giace con lei dormiente e se ne va. Il romantico bacio del bel principe, immaginato da schiere di bambine, in Basile, viene ad essere uno stupro che dopo nove mesi dà i suoi frutti: Sole e Luna. I piccoli nati succhiando il dito della madre, anziché il seno, sciolgono l’incantesimo e la principessa si sveglia. Ci avviciniamo lentamente al vissero tutti felici e contenti perché il re torna al castello, trova Tàlia sveglia e madre di due figli, ma prima di giungere al lieto fine si dovrà passare per la cattiveria della regina, la prima moglie. Intanto Parasacco e Malombra, due spiriti buoni salvano il re dal cannibalismo dei suoi stessi figli, la regina viene scoperta e mandata a morte. Sì, adesso e solo adesso il finale viene a rallegrare la favola che in alcuni momenti ha del noir truculento.

Ciò che ci fa molto apprezzare la versione di Francesco Petti, rifacendosi a Gian Battista Basile, è l’allestimento scenico, il dialetto arcaico e la capacità di interscambiarsi i ruoli con grande maestria, senza che la rappresentazione ne abbia a risentire.

La scena si presenta con tante lische di lino a mo’ di prato fiorito, al centro una sagoma di un teatrino di strada, come quelli usati per raccontare le favole ovunque. E’ ornato da un astrolabio che segna il tempo a sua volta e riflesso in uno specchio d’ ingrandimento. Intorno all’originale catafalco  ruota ogni soluzione scenica, ogni passaggio della storia. Sicché è usato da camerino, da castello, salendo fin sulla cima, da torre d’avvistamento, da cambio dei costumi, una fonte inesauribile di soluzioni. Divertente il sottogonna, di acciaio con rotelle per gli spostamenti, detto dal volgo dell’epoca anche “parapallo”, indossato dalla vita in giù da chi doveva a turno interpretare Talia. I costumi barocchi fatti di strisce colorate per dare vivacità alla scena, quasi sempre in ombra, ripetono immagini arcaiche dalle maschere terrorizzanti. Un insieme nel quale serpeggia, un delicato equilibrio tra il serio e l’arguto, dove il serio vede nel “trono” tuttofare al centro della scena la sua magia favolistica e la rappresentazione del tempo ed il faceto si lascia intravedere in certi scorci (la fusione nel bianco lenzuolo a più mani le anime buone di Parasacco e Malombra o certi sbalzi comici). Si rimane attaccati alla pur conosciuta favola per la capacità creativa di dare soluzioni sceniche interessanti a problemi narrativi urgenti e nello stesso tempo consci trattarsi di una favola e come tale a lieto fine. E il tempo pare dilatarsi! L’ ora di spettacolo diventa così un modo accattivante, leggero e significativo per riflettere senza troppo impegno sulla problematicità della esistenza! Certi primi piani di Francesco Petti ci ridanno il volto della vita piena e fatua di una favola senza tempo, per un uomo non sempre consapevole della propria limitatezza.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu







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