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Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Venerdì 9 luglio 2021, ai
Barbuti di Salerno è stata la volta della Compagnia
PolisPapin di Roma, con lo spettacolo di un’ora e più dal titolo “Tàlia si è addormentata” tratto da"
Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile e scritto da Francesco Petti
con Cinzia Antifona, Valentina Greco, Francesca Pica musiche di Melisma, scene
e costumi di Domenico Latronico aiuto
scenografo Dario Vegliante regia di Francesco Petti
Tàlia si è addormentata
non è altro che la Bella addormentata
nel bosco, la favola conosciutissima da tutti i piccoli, raccontata e letta
dalle mamma e dalle nonne, la sera prima di addormentarsi. La fiaba ha origini antichissime
ed è arrivata fino a noi ad opera delle versioni edulcorate di Charles
Perrault, dei Fratelli Grimm e dal film di Walt Disney. Un po’ diverso è il
contenuto scritto da Giambattista Basile nel suo Pentamerone. Nel racconto di
Basile, infatti, non è un principe a svegliare la fanciulla, addormentatasi per
una puntura di una lisca di lino, mentre filava, ma da un re di passaggio già
sposato, che giace con lei dormiente e se ne va. Il romantico bacio del bel
principe, immaginato da schiere di bambine, in Basile, viene ad essere uno
stupro che dopo nove mesi dà i suoi frutti: Sole e Luna. I piccoli nati
succhiando il dito della madre, anziché il seno, sciolgono l’incantesimo e la
principessa si sveglia. Ci avviciniamo lentamente al vissero tutti felici e
contenti perché il re torna al castello, trova Tàlia sveglia e madre di due
figli, ma prima di giungere al lieto fine si dovrà passare per la cattiveria
della regina, la prima moglie. Intanto Parasacco e Malombra, due spiriti buoni salvano
il re dal cannibalismo dei suoi stessi figli, la regina viene scoperta e
mandata a morte. Sì, adesso e solo adesso il finale viene a rallegrare la
favola che in alcuni momenti ha del noir truculento.
Ciò che ci fa molto
apprezzare la versione di Francesco Petti, rifacendosi a Gian Battista Basile,
è l’allestimento scenico, il dialetto arcaico e la capacità di interscambiarsi
i ruoli con grande maestria, senza che la rappresentazione ne abbia a risentire.
La scena si presenta con
tante lische di lino a mo’ di prato fiorito, al centro una sagoma di un
teatrino di strada, come quelli usati per raccontare le favole ovunque. E’
ornato da un astrolabio che segna il tempo a sua volta e riflesso in uno
specchio d’ ingrandimento. Intorno all’originale catafalco ruota ogni soluzione scenica, ogni passaggio
della storia. Sicché è usato da camerino, da castello, salendo fin sulla cima, da
torre d’avvistamento, da cambio dei costumi, una fonte inesauribile di
soluzioni. Divertente il sottogonna, di acciaio con rotelle per gli
spostamenti, detto dal volgo dell’epoca anche “parapallo”, indossato dalla vita
in giù da chi doveva a turno interpretare Talia. I costumi barocchi fatti di
strisce colorate per dare vivacità alla scena, quasi sempre in ombra, ripetono
immagini arcaiche dalle maschere terrorizzanti. Un insieme nel quale serpeggia,
un delicato equilibrio tra il serio e l’arguto, dove il serio vede nel “trono”
tuttofare al centro della scena la sua magia favolistica e la rappresentazione
del tempo ed il faceto si lascia intravedere in certi scorci (la fusione nel
bianco lenzuolo a più mani le anime buone di Parasacco e Malombra o certi
sbalzi comici). Si rimane attaccati alla pur conosciuta favola per la capacità
creativa di dare soluzioni sceniche interessanti a problemi narrativi urgenti e
nello stesso tempo consci trattarsi di una favola e come tale a lieto fine. E
il tempo pare dilatarsi! L’ ora di spettacolo diventa
così un modo accattivante, leggero e significativo per riflettere senza troppo
impegno sulla problematicità della esistenza! Certi primi piani di Francesco Petti
ci ridanno il volto della vita piena e fatua di una favola senza tempo, per un
uomo non sempre consapevole della propria limitatezza.
Maria Serritiello
www.lapilli.eu
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