Dal
1° maggio di quest’anno, l’edicola
di via Panoramica, quella che, da quasi 50, faceva bella mostra di sé nei
giardinetti, sotto la Clinica del Sole,
ha chiuso definitivamente la saracinesca. L’ennesima in città, cadute ad una ad
una sotto la mannaia dell’informazione on line, nel migliore dei casi, ma anche
per il completo disinteresse della lettura dei giornali cartacei. Quasi nessun
ragazzo, per ricambio generazionale, lo si vede con il quotidiano sotto il
braccio come facevano i loro padri ed i loro nonni, un i- phone, racchiuso nel
palmo della mano, non solo è più comodo, ma in meno di un secondo si collega
con il mondo intero. La velocità della nostra era, non è da demonizzare, è
un’altra cosa, a cui dobbiamo, noi di un’età matura, abituarci. Così, don Matteo, l’edicolante di Via Panoramica,
questo il suo nome, il cognome non l’ho mai saputo, dopo 30 anni e passa, ha deciso
di chiudere bottega, rendendo sguarniti i giardinetti del quartiere che con lui
prendevano vita dalle 6,00 del mattino, per continuare l’intera giornata.
L’edicola non conosceva chiusura, né pausa pranzo, un continuum che assicurava
il servizio oltre al giornale mattutino, già esaurito alle 11,00 del mattino,
ma che restava là per i piccoli desideri esposti in vetrina, oggetti per adulti
e piccini che l’editoria sapientemente produceva. La mia generazione, o forse
io, avevamo curiosità dell’oggettistica del passato che l’edicola presentava a
buon prezzo, per cui ho collezionato di tutto: mensili per conoscere l’Italia e
l’Europa, copie di gioielli delle dive, scatoline in ceramica su modelli
regali, penne, pennini, inchiostri, timbri, calamai e raccolte ad uscite
settimanali. E’ stata, l’edicola di Don Matteo, per anni la mia giocattoleria da adulta, infatti, mi
conservava o mi proponeva ciò che sapeva poteva piacermi e mi piaceva tutto.
Don
Matteo, è un signore che nel tempo ha conservato la stessa
fisionomia, ma non la stazza, infatti è molto dimagrito da come l’ho conosciuto
io, ha occhi e pelle scura, privo di capelli e fumatore incallito. Per un
periodo ha cercato anche di smettere, sostituendo l’amata sigaretta con una
chewing gum, ma è durato poco, del resto per 35 anni, la bionda prima ed il
computer, in tempi più recenti sono stati gli unici svaghi di ore
interminabili, passate nel piccolo chiosco. Prima di questa vita sedentaria, per 30 anni ha svolto la mansione di
auto trasportatore, in giro per tutta l’Europa, sempre fuori casa ed alla guida
di mezzi pesanti. Maritato da 48 anni
con la Signora Nicoletta, dolce e sorridente, ha due figlie, entrambe sposate,
ma vivono lontane dai genitori. Per anni Don Matteo chiuso nel chiosco,
d’estate e d’inverno, ha avuto la compagnia di due cagnolini Puffa (14 anni) e Ciro (18 anni), a cui
si è dedicato con tutto l’amore di cui è capace. D’impatto può sembrare un uomo
ruvido, scostante, niente di più sbagliato, lui è un tipo pratico, con metodi
spicci, abituato, com’è stato, a risolvere ogni cosa che la vita gli ha
presentato. Ed allora ha di che perdere il parchetto
di Via Belvedere, ora che il “Il faro
di Salerno” così mi viene di soprannominarlo, il guardiano discreto, il
vigile occhio alle piante che non seccassero, alle luci che fossero sempre
accese, alla pulizia del luogo, tanto che una saggina fa bella mostra di sé, ancor
oggi, appoggiata alla porticina, varcata per tanti anni e spalancata sulle
notizie del mondo, ha dato priorità alla vita libera e senza orari.
Questo luogo, oggi, così
cambiato, con il passar del tempo, 70 anni circa, era tutt’altra cosa prima.
Ricordo una campagna estesa e sconnessa che seguiva i due lati della strada che
da Via Nizza si avviava verso il “mazzo
della signora” una simpatica volgarizzazione del sostantivo “maso”, terra,
possedimento, ma anche per l’associazione visiva della forma tonda della collina Bellaria, così simile al fondo
schiena pronunciato delle donne.
Io sono nata, più giù, in Via Fratelli del Mastro, nel palazzo De
Maio di fronte al palazzo Serritiello, di mio nonno Francesco ed i suoi
fratelli, una specie di chiusa conchiglia che alloggiava tutti i parenti,
fratelli e sorelle prima, figli dopo ed a mano a mano i nipoti. Facendosi il
palazzo un po’ stretto per tutti, mio padre, primo sposo, si allontanò dalla
chioccia madre, giusto quel tanto per raggiungere il portone successivo. Di Via Nizza conosco tutte le
trasformazioni e gli interventi migliorativi del luogo, ma quanta nostalgia ho
dello spazio dove Don Matteo ha trascorso un pezzo della sua vita. Al posto del
chiosco, infatti e tutta la parte intorno c’era la terra di Alfonsina. Mia madre, nei pomeriggi della mia infanzia, mi
chiedeva dove volessi andare a passeggiare ed a consumare la merendina, in
montagna o a lungomare, invariabilmente dicevo che volevo andare da Alfonsina
perché aveva le papere, i pulcini ed i fiori e mentre mia madre Bianca e sua madre, nonna
Carmela parlavano di “cose da grandi”
io, felice giocavo con gli animaletti di Alfonsina.
Forse è per questo mio
passato, a pensarci bene, che ho provato dispiacere alla chiusura dell’edicola.
Da adulta, ancora là, trovavo non gli animaletti ma strumenti di lettura e
tanti oggetti da collezionare.
Don
Matteo è andato in pensione con tutta la sua gagliardia e il desiderio di
fare ancora qualcosa, in fondo chiuso nel chiosco, non ha fatto altro che cambiare
conduzione, lo spazio è lo stesso, la cabina dell’autotreno ha più o meno la
stessa superficie, la fatica certamente è stata differente, per nulla
impegnativa, come quando doveva stare attento alle strade, al tempo, al colpo
di sonno, al traffico, sia dell’autostrada che delle grandi città, abituato per
anni ad uno spazio minimo per lavorare, ora lo si vede uscire libero e sereno per
sostare al sole, sulla panchina, accanto al suo chiosco dalle saracinesche
abbassate, con l’immancabile sigaretta, al lato della bocca e con chissà quali
pensieri.
Maria Serritiello
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