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lunedì 27 gennaio 2020

“Il linguaggio delle nuvole” è il secondo romanzo di Carmine Rago

   


di Maria Serritiello

 Edito nel 2019 da Largo Editore di Agropoli “Il linguaggio delle nuvole” è il secondo romanzo di Carmine Rago, nato a Salerno nel 1958. Ha già pubblicato, nel 2009 “Amore amaro” con discreto successo. L’autore coltiva numerosi interessi, oltre la scrittura, tra i quali il restauro di mobili antichi. E’ impegnato anche nel sociale, allenando un gruppo di giovani impegnati in campionati di pallavolo. Il linguaggio delle nuvole tratta delle vicende personali e familiari di Andrea Giordano e del suo modo di legare le sue e le altrui vicende terrene, alla forma e al linguaggio delle nuvole, convinto com’è che è in esso, in qualche modo, c’è è scritto il filo conduttore terreno della vita di ognuno, se solo si sapesse scrollare di dosso il gravame della realtà e sapesse stabilire, appunto, con le nuvole il giusto rapporto. Una relazione, la sua, capace di utilizzare la leggerezza delle nuvole, il loro continuo trasformismo esistenziale, incapaci, però, di materializzarsi staticamente in forme prestabilite e fare di esso un modo, quello consapevole, di approcciarsi alla problematica della vita. Cosa tutto sommato apparentemente semplice, se non fosse per il rischio di perdere in tenacia e in certi casi ferocia esistenziale tanto da essere più sapiens che lupus.  Si corre il rischio di una vita osservata ma non vissuta, pensata ma non gestita o non sempre voluta, di rinunciare per qualche verso al libero arbitrio, di cui non godono di certo le nuvole, figlie come sono di condizioni esterne alle quali non possono opporsi. Di rinunciare a quella forma di consapevolezza maturata con la conoscenza scientifica di come sono andate le cose nel tempo immemorabile della vita e che fa di noialtri esseri viventi entità minime lanciate a folle velocità a bordo di un pianeta quasi inesistente nel cosmo immenso, entità minime che tuttavia hanno la possibilità, il destino è le aspettative che le rendono uniche eccezionali ed irripetibili artefici della propria esistenza. Il rischio è proprio questo e gli eventi che investono il signor Andrea Giordano confermano quanto esplicitato. Padre quasi per caso di due figli voluti da una compagna egoista cannibale immatura e forse malata si ritrova a vivere una vita che avrebbe voluta diversa e alla quale riuscirà per certi versi a sottrarsi solo alla morte della figlia, avvenuta in un incidente d’auto, guidata dalla madre che per fortuna si salva. Il dolore della perdita della figlia, convince il sig.re Giordano che il suo debito è stato ampiamente pagato e che forse può ricominciare a pensare di poter dare una nuova figura materna a suo figlio frequentando la maestra dello stesso. Un’ indagine psicologica più accennata che elicitata del personaggio principale, una più caratterizzata in senso negativo per la di lui moglie, percorrono il lavoro affiancandosi a certi tratti fuggevoli o più incisivi delle figure dei figli. Ne viene fuori una sorta di pathos dolente ma mai esasperato che caratterizza un poco tutto il lavoro e lo rende in qualche modo godibile.

Maria Serritiello


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