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domenica 30 novembre 2025

“Wilde Oscar Wilde”, spettacolo di Roberto Lombardi andato in scena al Teatro Genovesi di Salerno nell’ambito dell’eXtrafeStivalXS 2026. Produzione Compagnia dell’Eclissi.


 Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Che Wilde pregevole ci ha rappresentato, domenica 16 novembre, Roberto Lombardi!

Lo spettacolo, adattato dall’interprete, che ne è anche il regista, è tratto dall’opera “Sic” di Piero Santi (1912- 1990) scrittore raffinato, molto attento alle tematiche legate all’omosessualità ed omosessuale egli stesso, che visse apertamente la sua condizione.

Oscar Wilde ha incarnato da sempre la bellezza, l’eleganza, la classe, l’estetica e la voluttà, per quel suo modo decadente di vivere, ma non è stato bastevole, sicché in aggiunta gli è riconosciuto il fascino della parola, del sarcasmo e l’arguzia degli aforismi.

Come, Lombardi lo avrà ridisegnato in 50 minuti di spettacolo?

La scena si apre su di uno spazio nudo, nel fondo solo un tavolino e due sedie, il tutto risulta scarno, arido e si capisce subito che la sola voce di Roberto Lombardi sarà l’attrazione principale. Il traffico di Milano irrompe nel silenzio della scena ed un personaggio sconosciuto, in giacca e cravatta, inizia a comunicare le sue ambasce a chi gli sta di fronte, uno incontrato per caso. Il dialogo è fitto, costruito con pause ed accelerazioni, con punti di domanda ed ammissioni, non una confessione, ma solamente voglia di essere se stesso, senza subire giudizi e penitenze.  Che stravaganza proprio nella città per eccellenza dell’incomunicabilità, Milano, egli sente di trasmettere i suoi pensieri, le sue sofferenze ad uno sconosciuto incontrato, in uno dei suoi innumerevoli giri per il parco, durante la pausa pranzo. Lo invita a bere qualcosa al bar ed ecco il fiume di parole uscire dal suo animo con sofferenza. Non è Wilde, ma la sua vita è la stessa, è Salvucci, un oscuro contabile di una ditta dell’operosa Milano, che inghiottisce chiunque non abbia la sicumera di Wilde. Accade così che la sua figura è riflessa nello specchio dello scrittore e la vita si scompagina. Quanto c’è di Salvucci in Wilde e quanto Wilde in Salvucci è confuso o forse no, è la stessa faccia dell’unica medaglia che insegue la propria omosessualità senza subire discriminazioni. Wilde lo fu, patì 2 anni di lavori forzati, fu miseramente tradito dal suo amante “Bosie”, ma amò con tenerezza infinita i suoi due figli, nati dal matrimonio con Constance Lloyd. Per i piccoli di casa, Wilde scrisse le più belle favole, un patrimonio affettivo, il più tenero tradotto in letteratura. E così un solo specchio teatrale, per riflettere la vita di due anime, senza che l’una sia migliore dell’altra, una considerazione sulla diversità di genere che buca l’anima, nonostante la disinvoltura dei tempi. Come martire, Wilde si consegna ad essere condannato per omosessualità e sconta l’amore che non dovrebbe mai essere un castigo. “Non sono un peccatore per aver amato i giovani “Salvucci-Wilde grida il suo dolore all’altro, all’ascoltatore che lo saluta presentandosi: “Roncaglia capoufficio”

Asciutto, preciso, austero, Roberto Lombardi è stato ammaliante, e l’attenzione del pubblico senza niuna distrazione, le parole dell’illuminata pièce sono contate, essenziali, come d’abitudine nei suoi lavori teatrali. Il dialogo ideale, poi, sulla bellezza e sull’arte, di Oscar Wilde, intrecciate alle tematiche di Piero Santi, un puro incantesimo in 50 minuti. La verità nell’arte e la bellezza per resistenza, chi più di Oscar Wilde? E Roberto Lombardi non se l’è lasciato sfuggire…

Maria Serritiello

 www.lapilli.eu




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