Fonte Vikipedia ""Dopo Napoli la parola d'ordine dell'insurrezione finale acquistò un senso e un valore e fu allora la direttiva di marcia per la parte più audace della Resistenza italiana"" |
(Luigi Longo, Un Popolo alla macchia, Editori Riuniti, Roma, 1974,, pag.
102) |
Le Quattro giornate di
Napoli (27-30 settembre 1943) furono un
episodio storico di insurrezione popolare avvenuto nel corso della seconda
guerra mondiale tramite il quale, i civili, con l'apporto di militari fedeli
al cosiddetto Regno del
Sud, riuscirono a liberare la città partenopea dall'occupazione delle forze armate
tedesche.
L'avvenimento, che valse
alla città di Napoli il conferimento
della medaglia d'oro al valor
militare, consentì alle forze alleate di trovare
al loro arrivo, il 1º ottobre 1943, una
città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi
abitanti ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu
la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro
l'occupazione nazista
Antefatto storico
Per tutto il primo
quadriennio di guerra 1940-1943, Napoli fu
sottoposta a durissimi bombardamenti da parte delle forze alleate, che
causarono ingenti perdite in termini di vite umane anche tra la popolazione
civile. Si calcola che oltre 25.000 furono le vittime di questi attacchi
indiscriminati alla città, per non menzionare i danni ingentissimi al patrimonio
artistico e culturale (il 4 dicembre 1942 fu
semi-distrutta la Basilica di Santa Chiara,
mentre solo nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono oltre 3.000 persone; circa 600 morti e 3.000
feriti si ebbero invece per lo scoppio della nave Caterina
Costa nel porto, il 28 marzo 1943)[3][4].
Con l'avanzata degli
alleati nell'Italia meridionale, gli esponenti dell'antifascismo partenopeo (tra
cui Fausto Nicolini
e Adolfo Omodeo),
iniziarono a stabilire più stretti contatti con i comandi alleati richiedendo la
liberazione della città.
A partire dall'8
settembre 1943, giorno dell'entrata in
vigore dell'Armistizio di Cassibile con la lettura
alla radio da parte del Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio del suo
famoso "proclama", le forze armate italiane, come in
tutto il paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari si
trovarono allo sbando anche a Napoli.
In città la situazione,
già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in
campo (oltre 20.000 tedeschi a fronte di soli 5.000 italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica
per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se
non addirittura conniventi con i nazisti, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a
loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche.
In particolare ci fu la
fuga, in abiti borghesi, dei Generali Riccardo Pentimalli e Ettore
Del Tetto, cui era affidata la responsabilità militare della provincia di
Napoli. Gli ultimi atti di Ettore Del Tetto furono proprio la consegna della
città all'esercito tedesco e la stesura di un manifesto che, vietando gli
assembramenti, autorizzava i militi a sparare sulla folla in caso di
inadempienza.
Sporadici ma cruenti
tentativi di resistenza si ebbero tuttavia alla Caserma Zanzur, alla
Caserma dei Carabinieri Pastrengo ed al 21º Centro di
Avvistamento di Castel
dell'Ovo.
Sin dai giorni
immediatamente seguenti l'Armistizio di Cassibile, in città si
andarono intensificando gli episodi di intolleranza e di resistenza verso
l'occupante nazista
e le azioni armate, più o meno organizzate, fecero seguito alle manifestazioni
studentesche del 1º settembre 1943 in piazza del
Plebiscito ed alle prime assemblee nel Liceo
Classico Sannazaro al Vomero.
Il 9 settembre verso le ore 16, in via Foria soldati e agenti di pubblica
sicurezza catturarono una ventina di soldati tedeschi a bordo di autoblindo.
Nazisti e autoblindo saranno liberati più tardi, per ordine del comando militare
italiano. Gli agenti di pubblica sicurezza verranno addirittura legati alle
colonne della caserma Bianchini per punizione.
Il 9 settembre 1943 alcuni cittadini si scontrarono con le
truppe tedesche al Palazzo dei Telefoni, mettendole in fuga, e in via Santa
Brigida. Quest'ultimo episodio vide coinvolto un carabiniere che fu costretto a
sparare per difendere un negozio dal tentato saccheggio da parte di alcuni
soldati.
Il 10 settembre 1943, tra piazza del Plebiscito e i giardini
sottostanti, avvenne il primo scontro cruento, con i napoletani che riuscirono
ad impedire il transito di alcuni automezzi tedeschi; nei combattimenti morirono
3 marinai e 3 soldati tedeschi. Gli occupanti ottennero la liberazione di alcuni
uomini fatti prigionieri dagli insorti anche grazie all'ingiunzione di un
ufficiale italiano che intimò ai suoi compatrioti la riconsegna degli ostaggi e
di tutte le armi. La rappresaglia per gli scontri di piazza
del Plebiscito non tardò ad arrivare: i nazisti, infatti, appiccarono un incendio alla Biblioteca Nazionale
ed aprirono il fuoco sulla folla intervenuta.
Il 12 settembre 1943 furono uccisi decine di militari per le
strade della città, mentre circa 4.000 persone tra militari e civili furono
deportate per il "lavoro obbligatorio".
Lo stato d'assedio
Lo stesso giorno, il colonnello Walter
Schöll, assunto il comando delle forze armate occupanti in città, (con il
documento qui allegato in foto) proclamò il coprifuoco e dichiarò lo stato
d'assedio con l'ordine di passare per le armi tutti coloro che si fossero resi
responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche, in ragione di cento
napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso.
Seguì altro proclama, apparso sui muri della città, la mattina di lunedì 13
settembre:
« 1.
Con provvedimento immediato ho assunto da oggi il Comando assoluto con pieni
poteri della città di Napoli e dintorni. 2. Ogni singolo cittadino che si comporta calmo e disciplinato avrà la mia protezione. Chiunque però agisca apertamente o subdolamente contro le forze armate germaniche sarà passato per le armi. Inoltre il luogo del fatto e i dintorni immediati del nascondiglio dell'autore verranno distrutti e ridotti a rovine. Ogni soldato germanico ferito o trucidato verrà rivendicato cento volte. 3. Ordino il coprifuoco dalle ore 20 alle ore 6. Solo in caso di allarme si potrà fare uso della strada per recarsi al ricovero vicino. 4. Esiste lo stato d'assedio. 5. Entro 24 ore dovranno essere consegnate tutte le armi e munizioni di qualsiasi genere, ivi compresi i fucili da caccia, le granate a mano, ecc. Chiunque, trascorso tale termine, verrà trovato in possesso di un'arma, verrà immediatamente passato per le armi. La consegna delle armi e munizioni si effettuerà alle ronde militari germaniche. 6. Cittadini mantenetevi calmi e siate ragionevoli. Questi ordini e le già eseguite rappresaglie si rendono necessarie perché un gran numero di soldati e ufficiali germanici che non facevano altro che adempiere ai propri doveri furono vilmente assassinati o gravemente feriti, anzi in alcuni casi i feriti anche vilipesi e maltrattati in modo indegno da parte di un popolo civile. Napoli, 12 settembre 1943 firmato Schöll Colonnello » |
Dopo la fucilazione di 8
prigionieri di guerra avvenuta in via Cesario Console e gli spari di un carro
armato contro gli studenti (che stavano iniziando a riunirsi nella vicina Università[5]) e contro alcuni marinai e finanzieri italiani
in piazza Bovio, davanti al palazzo
della Borsa[6], vi fu un episodio che
scosse particolarmente il sentimento popolare: sulle scale della sede centrale
dell'Università
avvenne l'esecuzione di un giovane marinaio, cui migliaia di cittadini furono
costretti ad assistere dalle truppe tedesche che a forza li condussero sul Rettifilo, la
strada antistante il luogo della fucilazione.
500 persone, lo stesso
giorno furono parimenti condotte con la forza a Teverola, nel Casertano, e costrette ad assistere alla
fucilazione di 14 carabinieri, "rei" di aver resistito con le armi prima di
arrendersi all'occupante nazista. A loro memoria è posta una lapide in via
Marchese Campodisola, a pochissimi passi da piazza Bovio.
Le premesse dell'insurrezione
Ormai la rabbia e l'esasperazione dei napoletani, in seguito alle esecuzioni
indiscriminate, ai saccheggi, ai rastrellamenti della popolazione civile, alla
miseria e alle distruzioni della guerra che mettevano in ginocchio la città
intera, stava montando spontanea, priva di un fattore esterno organizzativo che
non fosse altro che il desiderio di liberarsi dell'invasore tedesco.
Si cominciò a pensare
all'approvvigionamento delle armi: il 22 settembre gli abitanti del Vomero riuscirono ad impadronirsi di quelle
che erano appartenute alla 107ª Batteria; il 25 settembre 250 moschetti furono
prelevati da una scuola; il 27 settembre caddero nelle mani degli insorti alcuni
depositi di armi e munizioni.
Il 23 settembre intanto, una nuova misura repressiva adottata dal colonnello
Walter Schöll prevedeva lo sgombero (entro le ore 20 dello stesso giorno) di
tutta la fascia costiera cittadina sino ad una distanza di 300 metri dal mare;
in pratica circa 240.000 cittadini furono costretti ad abbandonare in poche ore
le proprie case per consentire la creazione di una "zona militare di sicurezza"
che sembrava preludere alla distruzione del porto.
Quasi
contemporaneamente, un manifesto del prefetto intimava la chiamata al servizio
di lavoro obbligatorio per tutti i maschi di età compresa fra i diciotto e i
trentatré anni, in pratica una deportazione forzata nei campi di lavoro in Germania.
Il risultato sperato dai nazisti non fu però ottenuto e alla chiamata
risposero soltanto 150 napoletani sui previsti 30.000, il che determinò Walter
Schöll a decidere di inviare ronde militari per la città per i rastrellamenti e
la fucilazione immediata degli inadempienti. Fu affisso in città un nuovo
proclama del Comando Militare Germanico.
« Al
decreto per il servizio obbligatorio di lavoro hanno risposto in quattro sezioni
della città complessivamente circa 150 persone, mentre secondo lo stato civile
avrebbero dovuto presentarsi oltre 30.000 persone. Da ciò risulta il sabotaggio che viene praticato contro gli ordini delle Forze Armate Germaniche e del Ministero degli Interni Italiano. Incominciando da domani, per mezzo di ronde militari, farò fermare gli inadempienti. Coloro che non presentandosi sono contravvenuti agli ordini pubblicati, saranno dalle ronde senza indugio fucilati. Il Comandante di Napoli, Scholl » |
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