Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Un’insolita Trotula de
Ruggiero, per due serate al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno,
che fa della sua conoscenza medica il punto per scoprire un omicidio. “Croce
senza Cuore” è il titolo del lavoro di Pino Tierno, con Miriam Mesturino
e Barbara Cinquatti e la regia di Pietro Bontempo.
Trotula, primo medico
d’Europa, nata a Salerno, è stata una sicurezza per le donne di questa città,
vissute nell’undicesimo secolo, è conosciuta per aver trattato con competenza
questioni di salute femminile, d’igiene, di aver praticato visite
ginecologiche, inusuali per l’epoca e aver esposto argomenti tabù come
l'infertilità, sia maschile che femminile. Una donna invisa, negli anni in cui
si muove, la sua intelligenza, la competenza e per ciò che va dicendo, come il
piacere femminile ed il controllo delle nascite, sono ritenute insopportabili
ed invereconde pratiche. La sua figura è controversa e molti studi ritengono
Trotula non esistita, intanto la sua fama valica il tempo e c’è chi scrive e ne
fa un’erudita pièce teatrale: Pino Tierno con “Croce senza cuore”.
Di sicuro a Salerno
intorno agli anni 1050, nell’ambito della Scuola Medica Salernitana, si
respira aria scientifica e d’avanguardia che le deriva dall’incontro da quella greca,
araba, ebraica e latina, disquisita nella città
Poche notizie, intorno
alla sua figura, sappiamo che è nata da nobile famiglia di origine longobarda,
sposata al medico Giovanni Plaetario, ed ebbe due figli Giovanni e Matteo. Tra
le mulieres salernitanae, fu l’unica a lasciare scritti nei quali si apprende,
tra l’altro, la superficialità dei medici che ritenevano la gravidanza ed il
parto “questioni di donne”
«La miserevole condizione
delle donne, e la grazia in particolare di una che mi ha colpito il cuore, mi
hanno indotta a trattare con chiarezza le malattie femminili al fine di poterle
curare”
E così la troviamo,
colta, preparata, battagliera, pronta ad abbattere i più vistosi pregiudizi,
legati al mondo femminile ma nel pezzo rappresentato al Giullare, non è subito evidente.
Ad apertura di sipario, infatti, fasciati dall’ atmosfera sacrale del coro celestiale
delle suore, non s’immagina che la ferocia è là rinchiusa. Trotula è in visita
ad una vecchia amica, la nobildonna Ermelinda, che ha scelto di vivere
appartata e nella preghiera quotidiana del convento. L’incontro si rivela
felice e pieno di nostalgia nel ricordare il tempo trascorso assieme. Opportuni
si rivelano alcuni feedback della giovinezza, interpretati dalle due stesse amiche
ed inseriti nella rappresentazione, sì da rendere più vivi i dialoghi delle due
nobildonne. Ad ogni verità disinibita di Trotula, Ermelinda risponde con il
segno della croce, ripetuto più e più volte, ritenendo il discorso peccaminoso. Ancora non è scontro, ma tra la cultura laica
dell’una e la forma bigotta, priva di scientificità dell’altra si comincia ad
intravedere che la visita di Trotula non è di pura cortesia. Prende il via, così, un’indagine serrata dai
toni polizieschi del miglior “Tenente Colombo” quando con calma e senza
scomporsi attanaglia il colpevole. Trotula lo fa uguale e utilizzando le sue
conoscenze scientifiche sul corpo umano, incastra Ermelinda per l’omicidio
della nuora, colpevole di essere incinta di un vecchio amore, essendo il marito
impotente. Inoltre la medichessa intuisce che la donna, sepolta sotto terra,
non è la moglie del figlio di Ermelinda, non ha, infatti, il segno di una
vecchia cicatrice sul cranio, che ben conosceva, bensì è una povera
contadinella scomparsa nei boschi e mai più ritrovata.
La conoscenza fortificata
da un metodo di ricerca il più rigoroso, è capace d’intuizione e di verità ed è
questa la condizione d’indagine di Trotula.
Un pezzo di grande pregio,
per la crudezza senza scampo del personaggio e per il contenuto intrigante così
lontano dalla quiete conventuale. La lentezza nel disquisire, prima di arrivare
alla verità, un pregio attoriale di Miriam Mesturino e Barbara Cinquatti,
onorate di aver portato Trotula proprio nella sua città natia, dalla lontana
Torino. La regia di Pietro Bontempo curata e scevra da orpelli in scena,
sono bastate, per la realizzazione, le voci e la memoria delle due valenti attrici
Maria Serritiello
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