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martedì 12 aprile 2011

Indirizzo Sconosciuto al Teatro del Giullare di Salerno





LA RECENSIONE
DI MARIA SERRITIELLO


Nel segno della dualità, tema cardine, per l’annata teatrale del Teatro del “Giullare” di Salerno, è stato rappresentato e con successo, “Indirizzo sconosciuto”, tratto da un racconto di Katerine Krussmann Taylor. La scelta è casualmente caduta sul pezzo, grazie ad Eduardo Scotti, giornalista salernitano di Repubblica, che avendo scovato il libro su di una bancarella e letto in treno, tra un viaggio e l’altro, l’ha proposto, per la versione teatrale, al “Giullare”. La storia, nel suo impianto, è semplice e conduce per mano, attraverso la lettura di alcune missive, intercorse tra i due protagonisti, dal 12 novembre 1932, al 3 marzo 1934, lo spettatore.



Trama

Due amici, il tedesco Martin Schulse e l’ebreo Max Eisenstein fanno affari insieme, nella galleria d’arte di New York. Quando Martin decide di tornare in Germania, il suo paese si sta avviando verso l’esperienza nazista. Attraverso lettere, spedite all’amico, Martin racconterà l’ascesa del Fuhrer e man mano il suo consenso. Il sentimento di amicizia, che li aveva legati un tempo, s ‘inquinerà per sempre, fino a diventare odio.



Il valore del racconto

Il racconto di Kathrine Kressmann Taylor, scritto nel 1938, racchiude in 73 pagine un vero capolavoro. 18 lettere e un cablogramma, per una corrispondenza iniziata il 1932 e che finirà nel 1934. L’epistolario ha una forza nel raccontare che non è solo ricordo degli orrori del nazismo, ma, alla luce della Storia, è monito contro tutte le intolleranze razziali, etniche e nazionaliste.



Il pensiero della scrittrice

Ma c'è un luogo in cui possiamo sempre trovare qualcosa di autentico: il focolare di un amico, dove poter condividere le nostre piccole preoccupazioni, trovare calore e comprensione, dove i meschini egoismi sono inconcepibili e dove libri, vino e chiacchiere danno un significato diverso all'esistenza. Allora sappiamo di aver conquistato qualcosa che nessuna falsità può corrompere e ci sentiamo a casa.” (Kathrine Kressmann Taylor.



Gli Interpreti e l’allestimento

Due colossi in scena: Davide Curzio ed Andrea Carraro, perfetti nel ruolo, non un cedimento, non una sbavatura, due protagonisti che si sono contesi, all’ultima battuta, la simpatia del personaggio, l’applauso, il consenso. La scena è allestita scarna, senza fronzoli di abbellimento, ma ornata da oggetti che rivelano l’identità e il lavoro dei personaggi :la scrivania, un registratore di cassa a manovella, la “Churchill”, la lampada verde, old fashion ed una vecchia poltrona, da un lato della scena, dall’altro, invece, un candelabro a sette braccia, cornici accatastate di varie misure, una cassa, qualche tappeto arrotolato. La scena è in penombra, i due personaggi si muovono quasi al buio, per rafforzare l’idea che il consenso, dato ad Hitler, è cieco. Ogni tanto, però, l’azione dei due s’illumina ed un grosso schermo, dal fondo, proietta immagini d’epoca, bellissime ed inedite, ricercate pazientemente e con grande sapienza, negli archivi russi da Vittoria Carraro



Andrea Carraro, che il pubblico è abituato ad apprezzare, più come accurato regista degli spettacoli del “Giullare”, ha, invece, giustamente interpretato il personaggio, calibrando la voce, l’immagine e la cattiveria. Martin Schulse, per ogni volta in scena, ha avuto la fisicità sovrastante di Andrea Carraro, che dello spettacolo è anche l’attento regista. Una bravura in più rilevata, tanto da chiedersi se sia stato più attore o più regista del coinvolgente pezzo della Taylor. Ma questo lui non ce lo dirà, per essere l’appassionato di sempre, di tutto ciò che fa teatro.



Davide Curzio, che del teatro salernitano ( e non solo), è la “Voce, come ogni volta, si è speso in maniera eccellente. La lettura delle missive è perfetta, l’intonazione è quella giusta, l’espressione la più adatta ed i movimenti sono accorti e lenti. La sua voce, sempre limpida, calda ed avvolgente, così accorata è nella supplica, come inespressiva e fredda nell’odio, arriva in modo diretto allo spettatore e si fissa nelle menti, anche dopo lo spettacolo. Il dialogo epistolare, ingaggiato con l’amico-nemico, è da Davide, recitato in maniera raffinata, le parole acquisiscono finanche sensualità, per il calore impresso e così il vissuto di Max – Davide, attraverso la sua recitazione, viene recepito come un’ingiustizia e ci convince che ci appartiene. Intensa e di una fisicità struggente è l’espressione di Davide, nel passaggio magistrale, quando, architettata la vendetta, capisce del successo pieno. Una bella prova, dell’inimitabile attore, che si è aggiunta a tutte le altre del suo percorso artistico.



CAST:

Max Eisenstein Davide Curzio

Martin Schulse Andrea Carraro



Costumi: Vittoria di Fluri.

Montaggio Video: Sal Labadia.

Allestimento: Bartolomeo Brancaccio.

Materiale di ricerca: Vittoria Carraro e Davide Curzio

Luci : Virna Prescenzo



Regia: Andrea Carraro


Maria Serritiello
www.lapilli.eu


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