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venerdì 8 aprile 2011

Emanuele Filiberto sbarca sull’Isola dei famosi, la tv e l’apoteosi del non saper far nulla



EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA


FONTE:TISCALI NOTIZIE
DI MARIANO SABATINI

Il lancio del principino sull’Isola dei famosi (ieri sera su Raidue) rivela la punta dell’iceberg di un fenomeno ancora in pieno sviluppo. Da tempo la "ggente" e il gentismo - o quello che la scrittrice Paola Mastrocola definisce “chiunquismo” e fa risalire al varo del Chiamate Roma 3131 inventato da Luciano Rispoli e Adriano Magli per la radio nel 1969 – si sono impadroniti della televisione. Questa è la vulgata comune. Al contrario, io ritengo che sia il piccolo schermo ad aver intuito che gli onori e le piacevolezze che il solo apparire garantiscono fossero attrattive troppo ghiotte per non irretire le masse; e il coinvolgere queste in talk show, varietà, quiz, eccetera, era economico e redditizio. Un affare! A poco prezzo, si cooptava e si coopta materiale umano utile a far lievitare lo show. E’ stata la tv, allora, ad essersi impadronita della gente, non il contrario.
A poco a poco il dilettantismo, l’approssimazione, il tirare a campare davanti alle lucine rosse delle telecamere hanno dilagato, assorbendo dopo averla infettato la professionalità di presentatori, attori, soubrette, cantanti. Via via, i quiz in cui furoreggiavano gli Inardi, le Longari, i Mariannini, cultori fino al fanatismo di varie materie, hanno trascolorato nei game show, dove la fortuna senza merito e i comuni mortali l’hanno avuta vinta. Prima Portobello e poi Abboccaperta, hanno definitivamente sdoganato, con esiti diversi ovviamente, la presenza carismatica della gente comune, sempre più a suo agio negli studi televisivi.
Oggi una oscura figurante speciale, e con indebito diritto di parola, diventa a Forum un “caso” su cui gli approfondimenti giornalistici sentono di dover indagare. La sciagurata cantora della rinascita tanto miracolosa quanto presunta dell’Aquila, tale Marina Villa, viene intervistata e può sparare le sue banalità nell’etere. La profezia di Andy Warhol sulla fama che colpisce tutti per almeno quindici minuti si trasforma con la connivenza della televisione in un maleficio, una dannazione. Per i telespettatori, certo, ma - pensateci - anche per chi è costretto per tutta la vita a convivere con il proprio ego montato a neve dalle vanità che l’apparire elicita, con i fantasmi del vorrei e non posso. Ognuno è solo davanti allo specchio.Una volta tornati dall’Isola dei famosi, nel momento salvifico delle verità, cosa si diranno a consuntivo la manica di “figli di”, l’insopportabile Eleonora Brigliadori, Thiago Alves, Laerte (s) Pappalardo, Nina Moric? Condannati a una fama ingiustificata, che va tenuta tonica a viva forza, per il resto dei loro giorni. Persone che il meglio di loro lo hanno già dato o che non lo daranno mai, bellezze su cui è già stampigliata la data di scadenza. Carriere sospese nel limbo capriccioso dello showbiz, roba da perderci il sonno.Non dev’essere facile, al di là delle ironie e delle bellurie, essere Emanuele Filiberto di Savoia, ricordarselo ogni giorno, crederci ogni nanosecondo. Arduo convivere con i ritratti degli avi, dopo aver telepromosso un vasetto di olive e l’immagine dell’Italia in una canzonetta a Sanremo, con la stessa indolente albagia, senza sostanza né causa. La nobiltà di questo signore, che non conosce la differenza tra imparare e insegnare e che non centra un congiuntivo neppure se glielo pesi e paghi a parte (come spesso ci mostra Striscia la notizia di cui è bersaglio privilegiato), contiene in sé la sua miseria. E’ l’uomo perfetto per questa tv, l’utile passepartout per ogni situazione, meglio se disperata, la simpatica (?) vittima sacrificale degli ascolti di cui l’Isola ha grande bisogno. Contento lui...





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