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lunedì 7 ottobre 2019

A Ventotene terminano le mie vacanze (diario 1°parte)



Diario 1°parte


Sollecitata dallo spettacolo teatrale:
VentOtene” di Walter Prete con regia di Gustavo D’Aversa, per l’undicesima edizione del Festival Nazionale Teatro XS Città di Salerno, che ho recensito, il 4 agosto ho deciso di andare a Ventotene e recarmi sull’isola di Santo Stefano dirimpettaia del luogo di villeggiatura.



 locandina ventottene
La recensione

Basta pronunciare Ventotene che alla mente si presentano i nomi di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorno, con la scia del mito di un’Europa libera ed unita. Uomini di grande spessore intellettuale ed umano: Altiero, politico e scrittore italiano, Ernesto, giornalista, antifascista ed economista, Eugenio, filosofo, politico ed antifascista, furono confinati, nel 1941 e scriveranno il manifesto "Per un'Europa libera e unita", poi noto con il nome di Manifesto di Ventotene, culminato con la nascita dell'Unione Europea solo  nel 1992.
E così: “VentOtene Unde mithi” ovvero la nascita di uno dei miti della nostra epoca; Ventotene, lo scoglio utilizzato dal potere, come sede di confino di persone poco gradite allo stesso; Ventotene, la preistoria del sogno di una Europa libera e unita, in piena guerra “e come tale capace di suggerire una mitologia adeguata ai tempi, che i popoli europei attuali stanno vivendo e nella quale potranno trovare soddisfazione in essa fino a che altre preistorie seguiranno” (da una considerazione di Grahame Clarke archeologo del 1961) ed infine Ventotene, isola del tirreno poco più di uno scoglio, ora vacanziero, ma in passato ha avuto una storia tutt'altra che di second’ordine.
In scena, Altiero, Ursula, Eugenio, Ernesto e Tina, cinque personaggi con una vita politicamente impegnata, antifascista e confinata e che da giovani con grandi ideali, sarebbero entrati e ricordati nella storia. E così Attraverso la loro microstoria si attuerà la storia, conosceremo i loro sogni, i loro amori, i desideri di dolcezza, gli studi per approfondire il momento particolare del mondo che li circondava, il tutto con leggerezza, con cambi di divise, narrazioni, voci, recitazione ed una scena semplice e pur complessa per la ristrettezza del palco. Una possente gradinata di ferro al quale sono legate con abile maestrie dei teli bianchi che opportunamente manovrate diventano di volta in volta delle vele così di casa in quel mare o l’emblema di buste a ricordare la condizione di confino, cui erano tenuti quei politici per i quali le lettere che scrivevano o ricevevano rappresentavano il loro principale legame col mondo reale di parenti o amici. Storie di resilienza, le proprie, fatte di passioni, sogni, bisogni, ideologie vulnerabili, spesso tradite dalla storia e sacrificate o fatte abortire dal potere, ma profondamente umane direi quasi carnali che la solitudine dello scoglio inaspriva e ingigantiva. Ed ecco uno spettacolo movimentato urlato forte drammatico e pur tuttavia ricco di spunti e performance significative, nonché coraggioso e lungimirante, in un periodo, come il nostro, in cui una deriva populista sembra far mettere in secondo piano quelle ideologie europeiste delle quali i primi germogli videro la luce proprio su quello scoglio. Da qui quel titolo, quel richiamo a quel’ Europa che forse rimane l’ultima grande via ad una possibile serenità europea se non mondiale, quel rievocare la nascita di quella mitologia che può darci una prospettiva diversa per approcciarci meglio alle problematiche della nostra esistenza.
Significativa la recitazione degli attori aiutata dalla scenografia simbolica, l’orologio, le vele, la scalinata cubica a dare l’altezza dello scoglio e la nudità dello stesso. Ad ascoltare bene si sente l’ondeggiare del mare, il profumo della salsedine ed il salato sulla pelle. Bravi e coraggiosi gli attori e la regia a portare in scena un pezzo del nostro passato, dandogli una dimensione umana e non uno studio scolastico fatto di date e qualche informazione. Mi piace il teatro civile e da insegnante, per sempre, auspicherei che questi pezzi di teatro circolassero in tutte le scuole.
Maria Serritiello 
continua il diario: La traversata riesce gradevole e tra una discussione  e l'altra approdiamo. Ventotene è molto carina, accogliente, sobria e senza il vociare solito della folla, che pure sosta nei bar, nei ristoranti e nei negozi di souvenir.


Per vedere il carcere borbonico, la ragione perché sono là, ho da prendere un gommone, che mal sopporto per gli sbalzi improvvisi, anche Jace, il mio Jack Russel, non gradisce e si accuccia impaurito 



Scendiamo dal gommone io Jace, aiutati dai marinai e m'inerpico per il tratturo assolato, cedendo Jace a mio marito. Il gruppo precedente è già in cima ad attenderci per cui Ferdinando avanza il passo sparendo dalla mia vista. Arrivo con ritardo sul gruppo che è in mia attesa da mezz'ora. Con l'ultimo filo di fiato rimastomi "Si può anche morire per arrivare fin qui" dico e tutti convengono. Un'ora di racconto della bravissima guida mi e ci ragguaglia sulla storia del carcere.

E' lui  la guida del video  che si spende e si cura di spiegare ai turisti con dovizia di particolari. Un patrimonio storico e civile abbandonato, per cui è l'unico e la sola voce a combattere l'incuria. Da questo diario gli voglio dire grazie.

Nel discendere, salire sulla barca, questa volta e tornare a Ventotene mi lasciano senza forza, ma non ne riesco a capire la ragione, sono stata sempre una buona camminatrice, desiderosa di conoscenza, ma non vedevo l'ora che la gita finisse e tornare ad Ischia. Non lo sapevo lo saprò alle 19,00 aspettando  l'aliscafo del ritorno, quando cado rovinosamente sull'asfalto durissimo del porto, strattonata da Jace. Non è stata colpa sua, una stupida padrona di una cavalier king, bellina per carità, si avvicina, senza che io me ne accorga, a  Jace, che non gradisce fare amicizia se non quando lo decide lui. Bene, anzi male, la caduta mi spezza il femore destro.
Una strana coincidenza, assolutamente da citare, sei anni fa stesso giorno il 4 agosto, di domenica, un pò prima come orario, mi sono rotta il femore sinistro, scivolando su di una gocciolina d'acqua, infinitesimale nella cucina di casa. A volte ...

La caduta si rivela fortunosa, malgrado l'esito, più tardi saprò che il mio valore dell'emoglobina è a 5, sarei caduta lo stesso, per strada o ad altra parte.Ecco perché la salita del carcere mi è costata tanto. Circa 20 minuti dopo il 118 mi soccorre e siccome le isole pontine fanno parte della Regione Lazio, con l'elicottero vengo trasportata all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina.  Entro immediatamente in quella sanità che viene sempre addossata a quella campana e in particolar modo a Napoli






Quando è nato l'Ospedale


Alle 11.45 del 23 marzo del 1964 l'Ospedale Santa Maria Goretti vide aprire le porte degli spazi di via Reni, per ospitare i primi pazienti che vennero trasportati là, dal vecchio nosocomio di via Emanuele Filiberto. Anno 2001 ristrutturato, possiede la pista di atterraggio per elicotteri in soccorso.





Continua...   A domani
Maria


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