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martedì 19 novembre 2024

Pitture di luce di Enrico Salzano alla Galleria d’Arte “Civico 23” di Salerno


 Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

…Il 19 agosto 1839 nasce la fotografia e la protagonista non è la macchina fotografica, che verrà successivamente modificata, ma la LUCE. La "Luce", elemento cosmico, viene manipolata e così il fotografo diventa un pittore di luce… ed Enrico Salzano, l’artista che espone in questi giorni, al Civico 23, lo è!

Laszlo Mholy-Nagy, pittore e fotografo ungherese del (20 luglio 1895 – 24 novembre 1946) affermava che il fotografo è un manipolatore di luce e che la fotografia è manipolazione di luce. Questa asserzione è ben presente nella mente del nostro artista che così esprime il suo pensiero, all’atto dell’estro creativo: “ho sempre presente queste parole quando lavoro in camera oscura (questi lavori degli anni ’70, non sono digitazioni di Photoshop). Durante la performance luminosa, fedelmente registrata dai fogli emulsionati, una grande sensazione di libertà attraversa tutto il mio corpo. Tecnicamente la silhouette è una foto che si ottiene posizionando il soggetto in controluce. L'immagine ottenuta, riproduce il nero, su un fondo bianco, i contorni esterni della figura o dell'oggetto fotografato. Variando altri parametri in fase di stampa, come il tempo di esposizione, la posizione della carta, il movimento del foglio emulsionato, ecc.  successivi fasci luminosi, da me direzionati sulla carta sensibile, contribuiscono a creare le immagini finali. Quando non è possibile fotografare il soggetto, perché frutto della fantasia, fotografo una sagoma precedentemente costruita. La stampa finale, per le variabili che sono intervenute, risulta un unicum. Sulle stampe finali a volte sono presenti delle tracce di colore, ottenute con dei pastelli. Generalmente utilizzo pellicola II ford HP5, sviluppata in II fosol. Le mie fonti di ispirazioni sono le metope dei templi, le figure nere sui vasi attici, le immagini dei manifesti pubblicitari, moderne metope metropolitane o le immagini che passano in televisione.

 

Le foto di Enrico Salzano, un professore di matematica salernitano, prestato alla genialità artistica, sono di singolare importanza nell’ambito della ricerca artistica/fotografica campana ed oltre.La mia è stata una lotta continua contro la società delle macchine e in particolare contro l’idea soffocante propria della società della tecnica. L’uomo è stato definitivamente accantonato, chiuso in una bolla tecnologica da cui non può uscire. Il mio tentativo di ribellione alle macchine e in particolare alla macchina fotografica, primo vero robot dell’era moderna, è una testimonianza di come è ancora possibile liberarsi dalle catene che ci paralizzano”

“(tratto dall’opera “Dalla fotografia flessibile alla fotografia dinamica” stampato dalla Oedipus nel 2020 con introduzione di Marcello Napoli e postfazione di Gabriella Taddeo).

 Di notevole rilevanza sono i dialoghi con due mostri sacri dell’arte contemporanea: Enrico Crispolti e Gillo Dorfles

 Al Civico 23, le opere dell’artista in esposizione, circa una ventina di varia grandezza, rendono l’emozione (N.D.R.) dei graffiti delle cave preistoriche, una pregevolezza per chi fruisce l’arte con emotività ed empatia, un tentativo di sintonia con l’artista.

Maria Serritiello

 

L’esposizione delle opere dura fino al 30 novembre 2024

Il “Civico 23”, No Profit Art Space Salerno, Via Parmenide 23, è diretta con passione, competenza e non senza sacrifici da tre volenterosi cultori d’arte: Angelo D’Amato, Rosario Mazzeo, Gianni Capacchione.






 




martedì 12 novembre 2024

"PITTURE DI LUCE" Personale dell'artista Enrico Salzano al Civico 23 di Salerno


 Comunicato Stampa

inviato a Maria Serritiello


COMUNICATO STAMPA

Civico 23 No Profit Art Space

Via Parmenide n 23, Salerno

340 4756533

Civico23-artspace@libero.it

"PITTURE DI LUCE"

Personale dell'artista

Enrico Salzano

Inaugurazione: sabato 16 novembre ore 18.00

16 > 30 novembre

Ore 18.00/20.00 (dal martedì al sabato)

Con la mostra "Pitture di luce" diamo spazio e respiro alle opere di Enrico Salzano. Le sue foto

costituiscono una pietra miliare nel panorama artistico/fotografico campano, e non solo. La ricerca di

Salzano, sempre attenta e partecipata, mostra quel carattere "umano", culturale e, naturalmente,

sperimentale che lo ha sempre contraddistinto. Le foto qui esposte denotano una esigenza

funzionale, ovvero una necessità di affrancarsi da una logica della ripetizione sterile, che ha come

limite la proliferazione del simulacro, per ritornare ad un'esperienza più diretta del mondo sensibile

attraverso la luce. Enrico Salzano dall'alto della sua esperienza, ricordiamo i suoi "dialoghi" con mostri

sacri dell'arte contemporanea come Enrico Crispolti e Gillo Dorfles, traccia i confini di una realtà che la

rappresentazione dei media ha stravolto, duplicandola fino a renderla effimera. Una realtà, o

potremmo dire una Verità che occorre "ripristinare" sotto l'azione di un'arte sensibile, poetica, aperta

al dialogo. Un dialogo che nella mente dell'artista si fa praxis, procedimento, pratica di luce, da cui

partire per una creatività affidata all'azione denotante che, come afferma Goodman, non è destinata

alla copia del reale ma ad una sua molteplice interpretazione. E' l'autore stesso a darci una

spiegazione più dettagliata del modus operandi attraverso il quale ha sviluppato la sua ricerca a

partire dalla luce:

"…il 19 agosto 1839 nasce la fotografia e la protagonista non è la macchina fotografica, che verrà

successivamente modificata, ma la LUCE. Il nuovo medium sostituisce il pigmento e si prepara a

rappresentare il mondo. La "Luce" elemento cosmico viene manipolata e così il fotografo diventa un

pittore di luce. Con la luce si rappresentano nuove realtà , mondi comprensibili sia da noi che nella più

lontana galassia…dagli anni 70 con la luce rappresento sia il reale che l'immaginario, il presente ma

anche il futuro…"

Civico 23 Art space

space

Enrico Salzano, laureato in matematica. Dal 1970 si dedica alla fotografia influenzato dal Bauhaus e

da Moholy-Nagy, da Man Ray e dalla fotografia futurista. Dal 1980 scrive numerosi testi sul

linguaggio fotografico che culminano nel "Manifesto della fotografia cosmica". La fotografia di

Salzano dialoga con la migliore ricerca europea. Ha esposto in due occasione al Grand Palais di

Parigi (1985 e 1986) ed è stato presente alla Biennale di Pechino (2003)


martedì 22 ottobre 2024

Sabato 19 ottobre i Normanni sono tornati a Salerno, per conto dell’opera lirica rappresentata al Teatro Augusteo di Salerno


 Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


Grande successo di pubblico per l’esecuzione dell’opera lirica” I Normanni a Salerno” del musicista Temistocle Marzano su libretto di Leone Emanuele Bardare al Teatro Augusteo di Salerno, ad ingresso libero. La rappresentazione lirica, voluta fortemente dal Presidente dell’associazione “Temistocle Marzano”, Eugenio Paolantonio ha letteralmente trionfato per la bravura degli esecutori. Applausi scroscianti per i talentuosi interpreti diretti dal Maestro Giuseppe Polese ed accompagnati al pianoforte dal Maestro Nicola Polese, il coro “Jubilate Deo” con le loro voci, veri strumenti naturali, hanno sopperito la mancanza dell’orchestra. La lettera che il Maestro Temistocle Marciano inviò all’allora sindaco per fare dono alla città di Salerno di questa sua composizione, è stata letta, ad inizio di spettacolo, dalla voce ammaliante ed inconfondibile dell’attore Davide Curzio, assente in sala per omesso e trascurato invito.

Trama Dell’opera

I° Atto.

La vicenda si svolge agli inizi del XI secolo.

Il primo figlio di Tancredi d’Hauteville, Guglielmo Braccio di Ferro, è stato chiamato dal Re Normanno Guaimaro in rinforzo della difesa della città di Salerno, sotto l’assedio saraceno Nella gran sala gotica del palazzo di Guaimaro fervono i preparativi per le nozze di sua Figlia, la Principessa Bianca e Guglielmo. La principessa, a differenza del clima di festa che si respira a palazzo, appare mesta. Ella infatti non può fare altro che piangere la sua sorte infelice in quanto non sa dimenticare l’amore infinito che prova per Ainulfo condottiero normanno non ancora tornato dalla sua ultima spedizione. Mentre è ormai prossimo lo sposalizio giunge a palazzo la notizia che sono state avvistate alla costa delle navi saracene. Si interrompe la festa e i canti di giubilo diventano canti di guerra.

II Atto

È notte. In un punto della marina di Salerno i Saraceni, che hanno ormai fissato le loro tende, inneggiano alla guerra. Ainulfo, che all’insaputa della principessa Bianca e di tutti i Normanni si è convertito alla fede saracena, si intrattiene in una lunga conversazione con Agar, suo confidente, il quale, con l’intento di riaccendere l’odio di Ainulfo contro Guaimaro e la sua Patria, gli annunzia che Bianca è stata promessa in sposa al Normanno. Intanto al palazzo di Guaimaro, Berta, fedele confidente di Bianca annuncia a quest’ultima l’imminente arrivo di Ainulfo e la principessa rinvigorita da nuova speranza, aspetta il suo arrivo. Sul far dell’alba Ainulfo giunge finalmente a palazzo. Egli è avvolto in un ampio mantello che copre l’armatura saracena ed indossa una celata che gli copre completamente il viso. Bianca non appena lo vede gli va incontro per abbracciarlo ma quando scorge l’armatura al disotto del mantello retrocede bruscamente. È l’amor patrio che troneggia su quello dell’amato. Ainulfo furioso l’afferra quasi a trascinarla con sé, ma al richiamo delle trombe è costretto ad allontanarsi.

III° Atto

All’interno delle mura di Salerno sono state erette molte tende tra le quali, d’avanti, quella di Guaimaro tenuta strettamente a guardia. Alcuni soldati sono intenti alle opere del campo e Guaimaro li esorta a combattere per la salvezza di Salerno. Squillano le trombe e tutti si inginocchiano per invocare l’aiuto celeste.

Intanto Ainulfo avvolto in un ampio mantello per non farsi riconoscere, si reca al cospetto di Guglielmo come un comunissimo duce saraceno a chiedere denaro in cambio della dipartita da Salerno o Bianca come ostaggio. Guglielmo gli ordina di mostrargli il suo volto. Ainulfo si scopre il volto continuando a minacciare Guglielmo e Salerno. Il popolo che ha assistito alla scena, nel riconoscere il traditore Ainulfo, si lancia all’inseguimento di Ainulfo Bianca, sopraffatta, cade svenuta tra le braccia di Berta.

IV° Atto

In una bellissima piazza ornata a festa, si intrecciano danze e cori di popolani che aspettano con in mano rami di ulivo l’arrivo dei guerrieri vittoriosi. Guglielmo ha ormai confidato a Bianca che, svolto il suo compito, deve tornare al paese natio. Intanto Uberto dà la notizia che Ainulfo non è morto, ma è prigioniero. Infatti, poco dopo, Ainulfo viene condotto in piazza dinanzi ai vincitori, tra l’ira del popolo e dei soldati normanni che inneggiano al linciaggio. Guaimaro tenta di frenare quest’impeto d’ira ma il popolo si ammutina e alcuni di loro tirano fuori i pugnali. Ainulfo pur di non essere il trofeo di guerra della vittoria normanna, o di cadere cadavere per mano di uno di loro, ghermisce la mano di un popolano che stava per ferirlo con un pugnale e con esso si trafigge il petto. Bianca che accorre per sorreggerlo raccoglie il suo addio e confida in Dio per la salvezza della sua anima. Ainulfo muore e viene coperto dalle bandiere. Su tutti troneggia la croce di Cristo.

Con l’augurio che questo gioiello musicale, sia inserito di diritto nella stagione operistica del Teatro Verdi, vuoi per la sua pregevolezza che per la bravura di chi ha amato Salerno, Temistocle Marzano, dedicandole il frutto del suo genio creativo.

Mi piace, qui annoverare, tutti coloro che hanno fatto della serata un successo.

I Normanni a Salerno opera in 4 atti di Temistocle Marzano su libretto di Leone Emanuele Bardare. Tanto per capire di chi si è servito Temistocle Marzano, per la stesura del libretto, Leone Emanuele Bardare è l’autore dell’integrazione del testo scritto del Trovatore di Giuseppe Verdi, venuto a mancare il librettista Salvatore Cammarano che l’aveva iniziato

Produzione ed Edizione Critica: Eugenio Paolantonio

Con: Davide Maria Sabatino- basso

Chiara Polese- soprano

Gianluca Pantaleone-tenore

Maurizio Esposito – baritono

Coro filarmonico- Jubilate Deo

Maestro al pianoforte-Nicola Polese

Direttore- Giuseppe Polese

“Il Medioevo Normanno ed il Melodramma. Bardare e Marzano a Salerno” Introduzione all’opera e commento Dott.re Gennaro Saviello- Università eCampus Salerno.

La serata è stata presentata con grazia e partecipazione emotiva da Angela Luisa De Stefano.

Si è solito, in teatro, lanciare fiori al soprano che eccelle, su Chiara Polese, virtualmente, da tutto il pubblico presente, ne è stato lanciato un enorme fascio di rose colorate di rosa, data la giovane età, da dividere, s’intende con il bravo tenore Gianluca Pantaleone

Maria Serritiello

www.lapilli.eu








 

lunedì 21 ottobre 2024

L’ Università di Salerno compie 80 anni e la mostra che la celebra smontata in 80 ore


 Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

“Tanto rumore per nulla” avrebbe detto il buon Shakespeare, riferendosi alla mostra organizzata dall’UNISA di Salerno, per gli 80’anni della sua esistenza. Bruciata in solo tre giorni, ossia in 80 ore per non essere fruita da nessuno, dopo la vistosa inaugurazione. Per dirla alla Montalbano, personaggio del magnifico scrittore siciliano, Camilleri, hanno fatto “Scarmazzo, un inutile affollamento di personaggi che contano(!!) e poi via, smontaggio. Soffiate le 80 candeline, la festa è finita. Fuori dal dipartimento F1 e per tutto il campus ci sono studenti, egregi pensatori, che forse avrebbero avuto piacere, per confermare sempre più l’appartenenza a questo ateneo, di conoscere la sua storia. Ed invece, in verità, un mortificato impiegato, (N.D.R.) non ne conosco la sua qualifica, mi informa che sì, la mostra per intera la si piò guardare sul sito dell’Università.

Prima di continuare la reprimenda, devo spiegare che la scrivente, stamattina si è portata fino all’Università, per godere della mostra e ripercorrere storia della sua Università, dalla quale nel 1971 ne uscì dott.ssa in Pedagogia. Non risulti strano il desiderio, stamattina io avevo tante altre cose da fare, ma per l’appartenenza e il ruolo di operatrice culturale esercitato in 42 anni d’insegnamento e che non mi abbandona mai, mi sono ritrovata dinanzi ad un cumulo di parole a giustificazione e nessun contenuto nemmeno gli atti di un lavoro prodotto. Se mi sono trovata sprovvista, dinanzi alla biblioteca scientifica, illudendomi che fosse affollata di visitatori curiosi è anche perché non ne era stata annunciata la chiusura, come viene fatto, per ogni mostra che si rispetti

La Storia dei suoi 80 anni

Chi ha voluto fortemente l’Università a Salerno fu Giovanni Cuomo, nato a Salerno il 23 dicembre del 1874 e morto nella stessa città il 1948. Frequentò il liceo cittadino ginnasio Tasso, si laureò in lettere presso l'Università di Napoli, dedicandosi successivamente all'insegnamento. Fu tra i sostenitori della creazione di un istituto commerciale in Salerno, di cui in seguito divenne direttore. Nel 1905 si laureò in giurisprudenza presso l’Università di Napoli. Divenne, nel febbraio 1944, ministro del dicastero, durante il periodo di Salerno Capitale, che, nel maggio 1944, avrebbe assunto la dizione di Ministero della Pubblica Istruzione. È in veste di ministro ch, il 9 marzo 1944, Cuomo firma il decreto istitutivo dell' “Istituto Superiore di Magistero Pareggiato”, da lui voluto nonostante la contrarietà dell'ambiente accademico napoletano. L'Istituto di Magistero, di cui Cuomo fu presidente del consiglio di amministrazione fino al 1947, si trasformò in Università degli Studi di Salerno, nel dicembre 1968 a seguito della creazione della facoltà di Lettere e Filosofia.

1969 La facoltà di lettere e filosofia, sostituisce il vecchio magistero; seguita dalla facoltà di economia e commercio (1970); la facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali e la facoltà di giurisprudenza (1972) ed il corso completo di ingegneria (1983).

Nel 1988 l'università viene spostata dal centro urbano di Salerno, alle nuove strutture costruite nei comuni di Fisciano e Baronissi.

1991 L'istituzione delle facoltà di farmacia, (1992) scienze politiche e (1996) lingue e letterature straniere

Nel 2006 viene istituita la scuola di giornalismo di Salerno, in convenzione con l'ordine nazionale dei giornalisti.

Nel 2006 viene istituita la facoltà di medicina e chirurgia

All'inizio del 2013, in collaborazione con l'azienda ospedaliera "Ruggi d'Aragona" di Salerno, l'ateneo completa l'iter burocratico per l'istituzione della nuova Azienda ospedaliero-universitaria "San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona - Scuola Medica Salernitana" Questo permette nel 2014 l'ulteriore sviluppo del dipartimento di medicina, con l'istituzione delle tre prime scuole di specializzazione in ambito sanitario.

Nel 2023 l'ateneo si dota di una nuova sede distaccata presso il comune di Avellino.

 

E prima ancora: La Scuola Medica Salernitana

Datata intorno all’anno mille La Scuola Medica Salernitana fu la prima illustre Accademia medica nell'Occidente e la prima universitaria legata alla medicina. La "Scuola" si fondava sull'unione tra la tradizione greco-latina e le nozioni acquisite grazie alle culture araba ed ebraica.

«Si tibi deficiant medici,

medici tibi fiant haec tria:

mens laeta, requies, moderata diaeta.»

«Se ti mancano i medici,

siano per te medici queste tre cose:

l'animo lieto, la quiete e la moderata dieta.

Da “Regimen  Sanitatis Salernum”

 

La leggenda della fondazione

Si racconta che un pellegrino greco di nome Pontus si fosse fermato nella città di Salerno e avesse trovato rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce. Scoppiò un temporale e un altro viandante malandato si riparò nello stesso luogo, si trattava del latino Salernus; costui era ferito e il greco, dapprima sospettoso, si accostò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l'ebreo Elinus e l'arabo Abdela. Anch'essi si dimostrarono interessati alla ferita e alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di medicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita a una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.

Grazie alla "Scuola Medica", la medicina fu la prima disciplina scientifica a uscire dalle abbazie per confrontarsi con il mondo e la pratica sperimentale e le donne mediche, ammesse ad esercitare al fianco degli uomini, curavano il benessere delle donne in special modo.

Il declino

Con la nascita dell'Università di Napoli, la "Scuola" cominciò a perdere via via importanza. L'istituzione salernitana, tuttavia, rimase in vita per diversi secoli finché, il 29 novembre 1811, fu soppressa da Gioacchino Murat in occasione della riorganizzazione dell'istruzione pubblica nel Regno di Napoli. Le rimanenti "Cattedre di Medicina e Diritto" della Scuola Medica Salernitana, operarono nel "Convitto nazionale Tasso" della città per un cinquantennio e cioè dal 1811, fino alla loro chiusura nel 1861, avvenuta per ordine di Francesco De Sanctis, ministro del neonato Regno d'Italia.

Un laureato eccellente

Domenico Cotugno nato nel 1736 a Ruvo di Puglia, nel 1756 conseguì la laurea in medicina presso la Scuola Medica Salernitana.  

La città di Napoli gli ha intitolato un ospedale in cui si curano le malattie infettive, mentre l'Ospedale degli Incurabili, cui Cotugno aveva disposto un lascito, conserva un suo busto.

Non so come sia stata organizzata la mostra degli 80 anni dell’ateneo, complice la fretta dello smontaggio, ma mi è piaciuto compiere un excursus minimo, con semplici note ricercate, per sentirmi empaticamente unita a questo luogo che, in epoca passata, è stata fonte del mio sapere. Eppure il futuro è dinanzi ai tanti giovani che oggi ho visto sciamare, inconsapevoli di quanta storia sia intorno a loro. Senza la conoscenza del passato, il divenire è monco ed io oggi ho così paventato i giorni a seguire.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu



giovedì 17 ottobre 2024

Secondo appuntamento autunnale, alla ripresa della Galleria d’Arte “Civico 23” di Salerno, con la personale dell’artista Ilia Tufano

 


Fonte :www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

"Fuoco all’ Orizzonte" personale dell’artista Ilia Tufano in mostra al Civico 23 di Salerno dal 18 al 31 ottobre. Inaugurazione il 18 del c. m, alle ore18,00

Ore 18.00/20.00 (dal martedì al sabato)

 

La mostra si articola sulla successione di immagini ottenute, in una sorta di trasmutabilità dei materiali, dalla interazione, del tutto casuale, tra l'inchiostro e il tessuto di seta. Altre opere sono il risultato del lungo lavoro dell'artista con la scrittura, ottenuti da lettere ritagliate ed applicate su supporto cartaceo.

 

Non a caso Eraclito, filosofo del divenire, come principio ha scelto il fuoco tra i quattro elementi. Nessuno quanto la fiamma accesa richiama l’idea di provvisorietà. Esso è sempre vivo, cangiante, in continuo movimento, pur restando sostanzialmente uguale a se stesso. Il fuoco è duplice, ha in sé il lieve calore del ventre materno, ma anche la totale distruzione incendiaria. Così brucia e riscalda, illumina e rabbuia e Ilia ne fa una sequenza eccezionale di caldo effetto e all’orizzonte si stira il suo colore. Che fuoco sarà sull’orizzonte dell’artista napoletana, un acceso tramonto inaspettato o lingue infiammate di una guerra non voluta? Tutte queste cose potrebbero essere perché uscite dalle sue mani e guidate dalla sua straordinaria capacità simbolica.

Maria Serritiello

 

Scrive di lei, il critico d’arte Prof.ssa Cristina Tafuri

“In questi piccoli lavori il colore diventa quasi materia sostanziosa, un colore che crea movimento, che si snoda rapido, puro, racchiuso in antichi incunaboli che registrano l’angoscia esistenziale, quel fuoco all’orizzonte che illumina l’operato umano volto a distruggere i mali del mondo distruggendo se stesso, l’inquietante trasformarsi della realtà sotto la travolgente spinta tecnologica. Il senso drammatico del nostro tempo viene reso con accesi colori del dramma. Ecco che il fuoco, le sue simbologie e metafore diventano, nell’elegante raffinatezza segnica, un dialogo o un bisogno di nascondere, in qualche modo, un vuoto di realtà. A questi lavori si affianca anche una serie di libri d’artista, tra i quali l’opera “Focolaio-focolare”, e questa disposizione aperta in cerchio, richiama una sorta di focolare, poiché nella simbologia i due termini, fuoco e focolare si equivalgono e quest’ultimo viene interpretato come il centro simbolico della casa e della vita familiare. Ed ecco allora che Ilia Tufano cerca, in questo sottile dualismo di distruzione e vita, riconquistare il senso di una perduta innocenza, cercare, per quanto possibile nell’uomo una dimensione spirituale, soffocata tra devastazioni naturali e guerre. Quel fuoco all’orizzonte non dovrebbe essere quello dei bombardamenti sempre più frequenti, ma quello di una luce che aiuti l’uomo ad uscire fuori dalla caverna.”

 

ILIA(Ersilia) TUFANO, nata a Saviano (NA), vive e lavora a Napoli, dove ha fondato e cura l’attività espositiva e culturale di Movimento Aperto. Laureata in Storia dell’Arte con una tesi sul “De prospectiva pingendi” di Piero della Francesca, si è interessata alla problematica dell’arte contemporanea, frequentando presso l’Università di Roma i corsi di Nello Ponente e di Giulio Carlo Argan. Espone dal 1988. Ha insegnato presso il Liceo Artistico Statale di Napoli. È redattrice di Porta di Massa, laboratorio di filosofia. Negli ultimi decenni la sua ricerca è approdata, a partire da formulazioni astratte, alla pratica delle intersezioni tra linguaggi verbali e visivi. Le sue più recenti personali: nel 2018 Sensibili Scritture a cura di linda Irace e con un testo di Dario Giugliano presso La Sala delle Terrazze in Castel dell’Ovo e Di/segni di Parole a cura di Alfonsina Caterino presso Lo Studio Leonardi zu spat? Roma. Nel 2022 ad Elda (Alicante), Museo Del Calzado, FUOCO a cura di Carlos Salas. Ed infine nel 2024 al Mac di Guarcino (FR) FUOCO ALL’ORIZZONTE con un testo di Carlo Bugli

 

Il “Civico 23”, No Profit Art Space Salerno, Via Parmenide 23, è diretta con passione, competenza e non senza sacrifici da tre volenterosi cultori d’arte: Angelo D’Amato, Rosario Mazzeo, Gianni Capacchione.





venerdì 11 ottobre 2024

Giuseppe Lauriello primario emerito in broncopneumatologia e storico della medicina, ha presentato, al Caffè dell’Artista di Salerno, il suo ultimo libro”Asklepieia”. I santuari della salute nel mondo classico


 Fonte www.lapill.eu

di Maria Serritiello


Il Caffè dell’artista di Salerno, storica associazione culturale che, da oltre 28 anni, si occupa di attività letterarie, musicali, poetiche e d’immagine, martedì 7 ottobre ha ripreso gli incontri, sospesi per la consueta pausa estiva e che si protrarranno fino a giugno 2025, con cadenza mensile, sicché otto sono gli incontri, da tenersi ogni primo giovedì del mese. Le riunioni si avvicenderanno nella sala grande del Chiostro Francescano della chiesa dell’Immacolata in piazza San Francesco, alle ore 17,30. Il primo personaggio illustre ad iniziare è stato il dottore Giuseppe Lauriello, primario emerito in broncopneumatologia e storico della medicina, per presentare la sua ultima fatica dal titolo     “Asklepieia”. I santuari della salute nel mondo classico

Due relatori di prestigio, la Prof.ssa Lia Persiano e il giornalista Michele Carlino, hanno introdotto, al numeroso pubblico, l’ultima fatica del Dott.re Lauriello, realizzata, come lui stesso ha detto, durante la pandemia degli anni passati. La loro lettura, chiara e ricca di contenuti, ha fatto sì che l’intervento dell’autore, sia stato poggiato, già sulla conoscenza, tanta da poterla apprezzare d’impatto.

Maria Serritiello




 


Asclepieia – Presentazione, ascoltando le sue parole.

 

Innanzi tutto perché ho scritto questo libro? Per amore della

cultura   classica   e   perché   da   storico   della   medicina   volevo

sviscerare questo argomento più volte affrontato nel corso dei

miei   studi   e   approfondire   il   discorso   sui   luoghi   del   culto   di

Asclepio, che tanto hanno agitato la mia fantasia sin dai tempi

del liceo.

       Mi sono rivolto alla casa editrice Dielle di Verona, che già

avevo avuto modo di conoscere per avervi pubblicato un altro

mio testo: (Insulae, la vita del

popolo nella Roma antica), una casa editrice che pubblica solo

saggi che riguardano l’evo antico.

Asclepieia     racconta   lo   svolgimento   del   culto   di   Asclepio, l’

Esculapio   greco, il   dio   della   medicina, in   un   tempio   a   lui

dedicato: l’Asclepieion, immerso in un ambiente di estrema

suggestione   in   un   parco   impreziosito   da   alberi   fronzuti, di

monumenti   vari   utilizzati   per   la   cura, di   una   fonte   sacra

miracolosa.   In   questo   luogo   di   eccezionale   bellezza   e

conturbante fascino giungevano i malati da tutta la Grecia per

ritrovarvi   la guarigione, una     cura   che   adottava   metodi   di

assoluta modernità e tra questi la fisioterapia e della psicologia

applicata con   grande   abilità     e   raffinatezza   da   incidere

profondamente   sullo stato mentale   e   sui   processi   emotivi,

cognitivi e comportamentali del malato, soprattutto sfruttando l’

inconscio.   Di   queste   procedure   primeggiava   l’incubazione

ovvero   lo   sfruttamento   del   sogno   condotto   con   una   tecnica

particolarmente   maliarda   da   identificarsi   in   una   manovra

ipnotica.​

Prima di addentrarci in questa narrazione abbiamo presentato

Asclepio, la sua biografia, le sue vicissitudini, le sue leggende

ammantate di malia e concluso con la descrizione dei templi a

lui dedicati, sparsi nel mondo greco e di cui oggi non restano che

sublimi rovine. Abbiamo raccontato degli asclepiei di Kos e di

Epidauro, luoghi   tra   più   famosi   e   frequentati   delle   mete

turistiche, ma anche di Velia e di Paestum.

Il libro si chiude con la descrizione dettagliata del tempio e del

teatro greco, monumenti tra i più caratterizzanti della civiltà

ellenica.

Abbiamo   ritenuto   utile   riportare   concise   biografie   degli

archeologi che si sono prodigati nella scoperta e negli studi di

queste opere d’ arte ed infine le fonti storiche da cui abbiamo

tratto le nostre informazioni

  L’argomento   esposto   è   un   vero   gioiello   dell’arte   antica

raccontato con semplicità, chiarezza di parole e stimolante la

curiosità. Sarebbe un vero peccato sottrarsi alla lettura  .

 

 

Giuseppe Lauriello Primario emerito di pneumologia e storico della medicina, umanista di impegno versatile, ha spaziato in diversi campi della

cultura; membro della Società italiana di storia della medicina e

dell’Accademia di Storia dell’arte sanitaria.

Ha pubblicato per Dielle editore: Insulae   e Lex Aquilia.






giovedì 10 ottobre 2024

Al Piccolo Teatro del Giullare il primo spettacolo della stagione teatrale 2024/ 2025


 Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Sabato 5 e domenica 6 ottobre, al Piccolo Teatro del Giullare, alla ripresa della nuova stagione teatrale 2024/2025 è stato rappresentato “Ho sentito il bisogno di dirlo a qualcuno” elaborazione drammaturgica sul personaggio di Katherine Mansfield, scritto ed interpretata da Francesca Pica.

La scena si apre sul buio assoluto e nella penombra vi rimane per tutto il tempo. Dietro il personaggio che di lì a poco prenderà la parola, uno stand sollevato con appesi abiti del primo ‘900, stile british, ravviva quel tanto che può la scena. Francesca Pica, attrice, in una composta interpretazione, c’introdurrà nel mondo di Katherine Mansfield, scrittrice, saggista e giornalista neozelandese. L’elaborazione drammaturgica della talentuosa interprete copre sia, il vuoto di conoscenza di alcuni di noi, sia il richiamo alla mente di altri. In tutti e due i casi si dovrà essere memori del lavoro di fedele ricerca del personaggio, alla giovane interprete salernitana con una brillante carriera aperta su vasti spazi. I passaggi della vita trascorsa della scrittrice sono stati sottolineati da un’originale drammaturgia del suono, composta ed   eseguita dal vivo dal maestro Carlo Roselli, musica mai invasiva, ma che ha pervaso le atmosfere brumose dei paesi lontani dal sole.

E così sapremo di Katherine Mansfield, dove Mansfield non è il suo vero cognome, ma l’ha ripreso dalla nonna paterna, perché il suo, Beauchamp, non le piaceva. Una donna risoluta e moderna, a volte si nasce, come suol dirsi, anche se la sua data è fissata al 14 ottobre 1888 a Wellington Nuova Zelanda. Figura importante nel movimento modernista, destinata alla scrittura fin da piccola. Terza figlia, dei cinque, frequenta la scuola a Karori con le sue sorelle, prima di frequentare il Wellington Girls' College e di passare alla prestigiosa Fitzherbert Terrace School, dove Mansfield diviene amica di Maata Mahupuku. La soprannominerà Sally e sarà la sua musa ispiratrice per i primi lavori. Pare che con lei abbia avuto una relazione amorosa, che scandalizzò l’ottima sua famiglia, fatta di perbenismo integrale e niente affatto progressista. Oltre alle tre sorelle Katherine ha un fratello prediletto con il quale trascorre anni felici che descriverà nell’opera “Prelude”, fatta pubblicare da Virginia Wolf, nel mezzo di una loro relazione amorosa. Nel 1902 Mansfield si innamora di Arnold Trowell, un mediocre violoncellista, ma i suoi sentimenti non furono per la maggior parte ricambiati. Nel 1903 si traferisce a Londra, vive una vita bohémien, ha relazioni sentimentali con donne, ma non disdegna di sposarsi, forse per voler superare la disinvolta sua vita sessuale. Scrittrice di fatti quotidiani i suoi racconti non hanno un principio ed una fine, donna indipendente è stata esploratrice della vita, breve, perché ammalata di tisi, muore a soli 34 anni. Nelle sue composizioni ha descritto stralci di vita familiare, sentimenti leggeri, la semplice infanzia, i battiti del cuore, i frammenti di un’esistenza delicata, ma degna di essere descritta, perché come avrebbe detto Virginia Woolf “la storia è volgare”.

Uno spettacolo, quello di Francesca Pica, meritevole di essere visto sia per la composizione del personaggio, sia per la sua recitazione, pacata, disinvolta, interpretativa di più voci, di più sfumature, impostata per ben accompagnare la storia, sì da entrare nell’esistenza della tormentata Mansfield, concentrati e senza bruschi passaggi. Il lavoro si completa, poi, con il respiro musicale del maestro Carlo Roselli, il soffio gentile del suo estro musicale, goduto per tutta la durata della rappresentazione.

Maria Serritiello

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