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domenica 10 marzo 2013

Anime pure schiantate dal giudizio dei coetanei



Fonte: tiscali Socialnews
di Marco Lodoli

I genitori e gli insegnanti contano poco


Oggi gli adolescenti non temono più il giudizio severo dei genitori e degli insegnanti, non tremano per un rimprovero o per una interrogazione fallita: la struttura gerarchica dell’educazione prima ha vacillato, poi è crollata di schianto, e così i nostri ragazzini hanno tolto la corona dalla testa dei loro antichi monarchi. Al massimo fingono di dispiacersi, abbassano gli occhi se la prof grida qualcosa, se il padre pretende più impegno e più rispetto, ma dopo cinque minuti già hanno dimenticato tutto. E’ un acquazzone che precipita su superfici totalmente impermeabili.

Non li scuote più il timore di fare una figuraccia, una scena muta davanti alla cattedra, una menzogna o una meschinità scoperta, non hanno paura di deludere genitori e insegnanti. Questo però non significa che i nostri ragazzi, soprattutto i più piccoli, siano liberi da ogni pressione psicologica, che possano anarchicamente rivendicare un diritto incontrollato all’indipendenza e alla felicità. Tutt’altro: forse oggi i nostri figli ancora più di prima devono fare i conti con modelli soffocanti e coercitivi, modelli che non hanno nessuna venatura morosa, che non vengono ribaditi per proteggerli dal caos e dalle incertezze della vita. Oggi sono i coetanei, spesso sprezzanti e feroci, a imporre stili di vita e modelli comportamentali.

E’ il conformismo orizzontale che produce dolore e solitudine. Il tredicenne imbranato, la quattordicenne sovrappeso, il quindicenne balbuziente devono sottostare al giudizio crudele dei loro compagni. Molti libri e film affrontano questo problema: penso ad esempio al fortunatissimo ciclo del “Diario di una schiappa” di Jekk Kinney, sessanta milioni di copie vendute nel mondo, la storia di un ragazzino gettato nel tritacarne della scuola media. Oppure il romanzo “Cate, io” di Matteo Cellini, la vicenda di una giovanissima obesa, incastrata all’ultimo banco, emarginata, lucidissima nell’analisi della sua situazione disperata. O ancora il bel film “Noi siamo infinito”, nelle sale in queste settimane, ritratto poetico della vita di un adolescente alle prese con la brutalità della scuola americana, dove ogni sensibilità viene guardata con sospetto, dove solo i bruti sembrano dettare legge.

I genitori e gli insegnanti contano poco, quasi nulla: conta lo sguardo crudele del gruppo, la percezione della propria diversità, l’incapacità di stendersi sul letto di Procuste e di uscirne uguali agli altri. Basta un vestito sbagliato, un cappelletto fuori moda, una debolezza, un’esitazione esistenziale per essere messi nell’angolo ed essere cotretti a vestire i panni del capro espiatorio. L’omologazione crea martiri, la livella è una falce che stronca ogni differenza. E così i nostri ragazzi ormai se ne fregano delle ramanzine familiari, ma sono sensibilissimi a una battuta carogna, a un soprannome assassino, alla spinta collettiva che li porta sul bordo del burrone. Bisogna stare attenti, difendere le personalità, perché i polli d’allevamento diventano avvoltoi davanti a ogni vita fragile e diversa. 
   
Marco Lodoli
Insegnante e scrittore




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