Pagine

lunedì 24 ottobre 2011

Il nuovo racconto di Samuela Chilton "Rossetto"


Rossetto





Se le avessero chiesto cosa stesse pensando, seduta ad un tavolo del suo ristorante di sempre, non avrebbe saputo rispondere. Eppure era assorta già da dieci minuti: da quando Didi le aveva servito il suo prezioso Amarone. Al tempo che scorreva nelle sue vene? E che ormai era la costante del suo vivere? Oppure al gioco che continuava a portare avanti?

Anche stavolta era riuscita ad incuriosire: „ quindi, vediamolo arrivare“ si era ripetuta durante il tragitto.

Le piaceva quando l’attesa diventava aspettativa e non certo per gli altri.

Solo il personale e altri due clienti: un non vedente e il suo accompagnatore.

Rispetto alla stagione precedente avevano cambiato gli arredi, forse si puntava ad una nuova clientela. Aveva sentito dire che il nuovo titolare aveva grandi progetti. E, poi, DiDi era diventato il maitre.

Eccolo di nuovo al suo tavolo: „Vuole cenare?"

"No, no. Gusterò il mio vino e poi andrò via. Come sempre, prima di uscire di scena definitivamente. E‘ solo questione di tempo."

"E' una bella serata, non stia a pensarci." Le suggerì.

"Non sempre ci riesco."

Sorseggiava la sua preziosa bevanda e ogni tanto curiosava verso l'altro tavolo. Neanche la sorte di quello era stata clemente, anzi „poveretto“ pensò.

„Buono“ assaporò la sua mente. Sentire il liquido scendere in gola era proprio una felicità tangibile, vera. Il primo doveva sempre essere il migliore, solo così non avrebbe notato la differenza con quello, pessimo, che avrebbe concluso la serata.

Da quanti giorni organizzava quest'ultimo incontro? Sette? Sì sette giorni, ricordò seguendo con

l'indice le figure stampate sulla tovaglia. Sette giorni di distrazione erano quanto di più potesse

sperare di ottenere ormai.

Dilatò inconsapevolmente le narici ricordandosi l'aneddoto con la commessa. Era stato due giorni

prima, quando cercava il colore perfetto per il rossetto. Quelle stupide erano sempre impeccabili nelle loro divise eleganti, sempre più giovani: "Accidenti a loro." si morse un labbro stizzita. E una si era anche permessa di chiederle se avesse bisogno di aiuto! Non si era neanche voltata, un cenno del capo e l'aveva subito liquidata.

Il vino stava per finire e la porta continuava ad aprirsi per far accomodare famiglie spensierate. Il movimento attirava la sua attenzione, ecco perchè non aveva notato quello che poteva sembrare un quadro sulla parete alla sua sinistra. Fu una frazione di secondo, un battito d’ali, in cui ebbe consapevolezza dell’insieme riflesso in quello che in realtà era uno specchio. Un istante violento come una percossa: ecco cos’era lei!

Ed ecco anche il conato, puntuale come una condanna a morte. Sollevò il bicchiere e rovesciò le ultime gocce sulla lingua. Aveva bisogno di altra felicità ma doveva raggiungere lo sportello della toilette, in camera da letto. Proprio dove teneva i trucchi e le foto in bianco e nero, sulla base, vicino alle spazzole d’argento.

Non aveva senso quell’attesa. Nel prendere la borsa tornò con lo sguardo sul ragazzo non vedente, il caldo all'interno del locale gli aveva fatto sollevare le maniche del maglione e fu allora che vide il sole illuminare due occhi, tatuato sul suo braccio.

L'unica certezza di quell'incontro era proprio quel tatuaggio. Lei non aveva voluto sapere altro.

Com’era possibile? Era cieco! Che ci faceva lì?

Pagò subito la sua consumazione ma non senza danni: rovesciò il bicchiere e nel sollevarlo fece cadere la borsa che, rovesciandosi, svuotò una parte del contenuto. E una di quelle foto che ostinatamente continuava a portarsi dietro come una reliquia, scivolò ai piedi dell'accompagnatore.

"Aspetti, la prendo io" disse pronto.

"No!" urlò quasi, ma l'accompagnatore aveva già raccolto la foto: la guardò distrattamente. Dapprima egli stesso sorrise e sembrava volesse commentare qualcosa. Poi guardò

la signora e con uno scatto tornò sulla foto: non poteva crederci. Conosceva la donna della foto per averla descritta in ogni dettaglio al suo amico, ma non conosceva quello che ne era diventata. Gli occhi erano rimpiccioliti a causa delle palpebre appesantitesi, niente a che vedere con lo sguardo languido che sorrideva dal monitor, nonostante il trucco. La bocca era larga,con labbra sottili ravvivate da un rossetto eccessivo e non perfettamente spalmato. E dov’erano i lucenti capelli corvini? E l’incarnato di porcellana?

Strappò la sua foto dalle mani dell'uomo e l'accartocciò nel pugno con rabbia. Le lacrime,

inghiottite fino a quel momento, avevano iniziato ad appannare la vista. Non riusciva più a trattenerle e farlo non serviva più a niente. Aveva perso il controllo ed era diventata vulnerabile. Uscì dal locale con in volto due strisce nere che ad ogni solco di ruga si dividevano in tante altre più sottili.

"Gaetano, che succede?" chiese il ragazzo non vedente.

"Niente" rispose, „ho solo aiutato una donna a raccogliere la sua borsa.“ Rispose sedendosi e continuando a guardare la porta d’ingresso.

SAMUELA CHILTON





.

Nessun commento:

Posta un commento