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mercoledì 12 ottobre 2011

Concentrazione addio, i giovani non sanno più stare seduti neanche a guardare un film



FONTE:TISCALI.IT
DI MARCO LODI

Da insegnante scopro sul campo i mutamenti delle nuove generazioni, certe cose mi sembrano quasi assodate e invece il giorno dopo significano poco o nulla, l’acqua scorre, il paesaggio cambia rapidamente. Così, ad esempio, ero convinto che tutti i ragazzi amassero andare al cinema, ne ero convinto probabilmente solo perché quando io avevo sedici anni avrei fatto carte false pur di potermi chiudere un paio d’ore nel buio di una sala a vedere un filmone.



E poi quella passione è diventata così forte che mi ha fatto traversare gioiosamente l’era dei cineclub, dove mi sono riempito gli occhi di capolavori e qualche volte mi son fatto gli occhi neri con mattonate tremende: ma comunque mi emozionava sempre scostare la tenda d’ingresso per entrare in mondo sconosciuto, diverso da quello che avevo lasciato sul marciapiede davanti al cinema. Ebbene: oggi non è più così.



Moltissimi ragazzi ammettono serenamente di non sopportare quella reclusione, di non riuscire proprio a stare seduti zitti e buoni per due ore davanti a una pellicola. Quella concentrazione leggera, quel lasciarsi andare in un altro mondo, quel galleggiare tra il buio e le immagini dello schermo per molti è un supplizio. Si tratta del famoso deficit dell’attenzione: oggi un adolescente fatica a rimanere attento per un tempo più lungo di tre minuti, il tempo di una canzone alla radio.



Se il film è un fracasso di effetti speciali, musica a palla, commenti a voce alta e risate con gli amici, forse ce la si può fare: se il cinema è annesso al centro commerciale, quasi ne fosse un’appendice chiassosa, forse le due ore si possono reggere, altrimenti per molti è solo uno strazio da evitare. Ma vi dirò di più. Ormai anche la partita di calcio alla televisione, quella liturgia sportiva che ci emozionava tantissimo, anche quella è diventata una faccenda complicata.



Molti adolescenti non riescono a stare seduti per novanta minuti a seguire le azioni della squadra del cuore. Magari parlano in cortile di Totti e Zarate e Del Piero, guardano i gol della domenica sul computer, ma non sono più in grado di seguire una partita dall’inizio alla fine. Si alzano, telefonano, si risiedono, si rialzano per prendere una bibita in frigo, vagano per casa, si rimettono seduti sul divano e poi scompaiono definitivamente. Alla fine magari si riaffacciano per sapere il risultato, come dire l’effetto senza la causa, il dolce senza la noia del pranzo.



Insomma, noi sopportavano quattro ore di Wagner o mille pagine di Dostoevski, tre ore di Fellini e l’intero campionato del mondo di calcio, comprese Perù-Norvegia o Cecoslovacchia-Colombia. Loro no, si annoiano in fretta, sbuffano, mollano. Vogliono solo i gol, le emozioni, i botti, non la lunga gestazione di un pensiero.

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