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martedì 2 aprile 2013

E dopo Antonello Caporale anche a Carlo Tecce la mia letterina sotto il piatto

                               

Carlo Tecce, del "Fatto quotidiano",  si allena a diventare Antonello Caporale...sperando di compiere il prodigio che fu di Giotto con Cimabue. Tranquillo, Tecce, ce la puoi fare e senza neanche sforzarti tanto, se il risultato del tuo impegno, non è un capolavoro di ars giornalistica, ma solo acredine mirata. I riflettori accesi “quotidianamente” sul Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, eh, si, che fai parte di un giornale, che del quotidiano si nutre,  è riduttivo per te, che della provincia addormentata ti autoalimenti. Del resto, un blog, quello che animosamente compili, potevi scriverlo, come faccio io, comodamente da casa, senza vivere le difficoltà ambientali e di adattamento della capitale. Ma tant’è sei giovane e le mete da raggiungere sono molte ed irte di difficoltà. Il nome prestigioso di una testata giornalistica fa sempre gola e tu ne sei stato affascinato, lo posso capire, ma se la tua carriera e io ti auguro di proseguirla con successo, dovrai spenderla sul chiacchiericcio malsano, non producendo articoli di contenuto, è un’ occasione sprecata.

 Chi si sceglie “un nemico” giornalistico, deve augurarsi che sia sempre in auge, altrimenti così come si accendono i riflettori, si spengono su entrambi. E tu non vorrai  smorzare una carriera iniziata da un decennio o poco più. Colui che si dedica alla comunicazione e tu dovresti saperlo meglio di me, per aver compiuto studi mirati nella facoltà, da te, mi è parso di capire, vituperata, dovrebbe comunicare, consentimi il vocabolo ripetitivo, un ventaglio vasto di notizie, in modo da fornire all’ignaro lettore strumenti in più di conoscenza. Il pettegolezzo cittadino, sparuto e di chi è sempre contro, a prescindere, lascialo a quelle persone  che non hanno  altro da fare…eppure ci sarebbe tanto a cui dedicarsi, non togliere loro l’impiego.

Ho trovato esagerato paragonare il linguaggio di Vincenzo De Luca con il frasario sboccato di Grillo. Certo, delle simpatie si possono avere, le tue non si devono cercare neanche le tra le pieghe, ma tu sei un comunicatore e non l’uomo della strada che sputa  fuori come gli pare il suo pensiero, a te la deontologia professionale avrà insegnato, mi auguro qualcosa, o no?

Come il tuo collega e tu comprendi a chi mi riferisco, non vivi a Salerno, anzi suppongo non la conosca bene per essere nato altrove, non ti sei mai calato nella realtà della città, in streaming guardi Lira tv e sommariamente credi di essere in sintonia con la pancia della mia città. Salerno, mio caro giovanotto, non è un riassunto da ripassare o consultare su “Bignami”

 ( trascrivo da Wikipedia : La Editrice Bignami è una casa editrice italiana. Il professore di lettere Ernesto Bignami ebbe, nel 1931, l'idea di comporre dei libriccini in formato tascabile contenenti una sintesi degli argomenti trattati nel programma ministeriale e fondò la Casa Editrice Bignami. Tali libriccini sono entrati a far parte della cultura italiana con il nome di bignamini o bignami. Nella parlata quotidiana "un bignami di [argomento]" è diventato sinonimo di un compendio sintetico sulla materia trattata).

Mi sono permessa l’annotazione, giusto per un’amarcord nostalgica, perché per la mia generazione Bignami è stato il santo protettore della notte prima degli esami, un sussidio insostituibile per ricordare tutti i programmi, di tutte le materie, di tutti gli anni trascorsi tra i banchi. Felice, se le giovani generazioni non hanno incontrato sul cammino degli studi, l’esame-Torquemada, ma è forse  a questa esperienza che, noi della precedente,  dobbiamo la prudenza nell’emettere giudizi.

E facciamo l’analisi testuale dell’articolo.

“Salierno” non è mai usato da un salernitano che si esprime in pubblico. Il salernitano ha un sorta di rispetto ancestrale per il luogo natio, vuoi per la sua gloriosa storia del passato, vuoi perché  tiene a far bella figura con il forestiero. Viceversa “Salierno” è usato in modo dispregiativo da tutti coloro che, forestieri, hanno invisa la città, se si vuole un prolungamento del retaggio provinciale delle antiche lotte comunali a cui i salernitani non fanno caso come quando sono appellati “pisciaioli”. Ebbene si, siamo gente di mare, ci affacciamo sul mediterraneo, dovremmo vergognarci per questo?

“Esc” ma perché vuoi dare all’articolo per forza assonanze dialettali? Forse, più malignamente, l’intento è di  far passare in second’ordine l’impegno del sindaco per la sua città. Il controllare non è una brutta parola, non è un’azione sporca, anzi l’opposto e cioè “mi giro dall’altra parte, tanto il mese va e viene”che deve essere deprecato. A te non pare? E dimmi, come mai se la stessa e giusta severità viene usata da Tosi a Verona è osannato dai mass-media e se è De Luca a Salerno, per voi, invece, è lo “Sceriffo”? Forse perché usa un linguaggio diretto, senza orpelli o inutili fraseggi, comprensibile a tutti a dare fastidio, mentre vi piace tanto il  veneto cantilenante? Ma anche ciò è catalogabile, per essere un retaggio d’inspiegabile subalternità  del sud verso il nord, di cui devo immaginare non vi siete inconsciamente ancora liberati né tu né gli altri.
Dagli anni ‘50 in poi, prima che la tv e internet non avesse massificato il linguaggio, chiunque del nord cianciava, anche a sproposito, rispetto a quello del sud, non contando le scorrettezze grammaticali e sintattiche, lo  sapeva fare. Dovremmo aprire, qui, una parentesi sulla Questione Meridionale, ma la risparmio a me e a te.

“Io smonto i campi rom e me ne frego di quella gente dove va a finire” Falso, nella città ci sono varie comunità, per esempio quella senegalese, produttiva e rispettosa delle regole che da anni è bene inserita nel tessuto operativo della città. Per gli ambulanti ci sono spazi propri, si da  evitare di trasformare la città in uno scomposto bazar. C’è un decoro urbano che va mantenuto e sarebbe meglio, per chi fa cronaca cittadina, puntare l’attenzione sugli escrementi dei cani, che, nel centro storico in particolare, si trovano ad ogni passo. Uno slalom da ginnasta tra lo sterco, non una rasserenante passeggiata, in un giorno di festa, che mi ha portato, ieri, verso i Giardini della Minerva. Questa pessima immagine offerta a me e ai turisti, si ai turisti, che, che se ne dica, i quali  hanno preferito la nostra città per Pasqua,  non è certo imputabile al Sindaco o si vuole che sia lì pronto a raccogliere ciò che l’ “inciviltà” e la “cafonaggine” fa oggetto?

 “Inciviltà” e  “cafonaggine” due parole  che il Sindaco usa ripetere non certo per offendere indiscriminatamente tutti ma per correggere i costumi disinvolti  di alcuni, cui le regole danno fastidio. A nessuno piace vedere bivacchi e accozzaglie, i campi Rom sono un problema anche nelle zone di origine, figurarsi in Italia, un tegola in più caduta sulle nostre teste, data la loro cittadinanza europea, ma bisogna pur trovare una formula di convivenza per dare sicurezza, senza violare le regole di umanità. Tutti gli automobilisti, per esempio, grazie alla severità adottata sono stati liberati dalle schiere di ambulanti appostati  ai semafori e questa non mi pare sia stata un’azione deprecabile, del resto in tutte le città si è proceduto così, trasformando finanche i punti viari con semafori, in rotatorie. Ogni anno, poi, a  Salerno, nella bella stagione, sull’incantevole lungomare, si celebra il festival delle culture diverse,  la musica e la danza, come linguaggio universale,  un bel collante per l’integrazione, non certo facile in ogni punto della penisola che non si professava razzista.

“Pipì e sfessati” due colorite espressioni che di tanto in tanto De Luca usa nei riguardi di qualcuno, nelle sue apparizioni televisive, ebbene, ti sembrano, caro Tecce, aggettivi paragonabili a quelli usati da Grillo? La rabbia cattiva del volto del comico è la stessa ferma e pacata di De Luca? E quando si è rivolto al leader 5 Stelle dicendo “Wè giovanò, torniamo con i piedi per terra”, che tu puntualmente hai citato, più che un’offesa mi è sembrato il riecheggiare della parlata di Alberto Sordi nel film “Ladro lui, ladra lei” di Luigi Zampa “Giovanò ve ne dovete annà, se vi dico che ve ne dovete annà, ve ne dovete annà” con un crescendo di tono, fino ad arrivare all’imprecazione finale.

Ah si, la Lombardi del movimento 5Stelle, mandata semplicisticamente a morire ammazzata, ma dai, puoi immaginare che ci possa essere effettivamente desiderio nefasto nei suoi confronti? Ma l’hai guardata bene? E’ la classica secchiona irritante che in classe nessuno se la filava. Odiosa fino all’impossibile e nel suo caso impreparata e inadatta ad un ruolo cadutole nel piatto per via di una classe politica   che negli ultimi 30 anni si è mangiata l’Italia, ma “chi era” e  rafforzo il concetto “chi è” questa Lombardi.

Per quanto riguarda “ i pipì, gli sfessati e i teatranti a Salerno ce ne sono parecchi, pontificano da sempre e continuano a farlo riuscendo solo a tediare, senza dare un apporto intellettualistico valido a nessuno, meno che mai alle masse giovanili, a cui sanno solo dire “andate via da Salerno”. Non trasmettono loro la sapienza, né la scienza infusa di cui sono pieni, si auto referenziano, alimentando polemiche senza un costrutto. Sarebbe opportuno trasformarsi in “Magister”, in validi modelli culturali, data la loro visibilità, per i giovani in cerca di figure carismatiche, che in assenza vanno dietro a questo o a quel comico di turno.

 Gianroberto Casaleggio: “Uno di quei cani di razza a pelo lungo”. Tutti in Italia o  almeno per quella terza parte di persone dell’ultima tornata elettorale, così la pensa su Casaleggio. De Luca ha avuto il pregio di averlo detto apertamente in televisione, su  Lira tv, emittenza cittadina libera che ospita il sindaco, settimanalmente, senza onere economico per il comune, che così  mantiene il filo diretto con i suoi elettori. Possono non  piacerti le sue apparizioni, capisco, sei costretto a guardarle per poi criticarle, ma non tuona da un blog, come quello del populistico  compagno(?) Grillo, blog che gli fa guadagnare miliardi, con un  “vafanculo”, sempre pronto da dispensare a tutto e  a tutti. 

Sono giunta al termine dell’epistola e come scrivevano nel finale i latini: Cura ut valeas

p.s.
Dispensati da qualsivoglia commento o da inutili improperi, non confermare che chi va con lo zoppo, ecc ecc…Ricordati di Voltaire è meglio

Maria Serritiello


                                           Carlo Tecce



Fonte :Il Fatto Quotidiano
di Carlo Tecce
30 marzo 2013


Salerno, il vocabolario De Luca che se la batte con Grillo

Il blog di Carlo Tecce
30 marzo 2013


Vi dimostriamo come il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, contribuisce all’evoluzione linguistica italiana con un dizionario di sua proprietà intellettuale. Quando a Salierno fa giorno, il primo cittadino dice “esc” e va a controllare i vigili urbani e, se non fanno bene il proprio lavoro, arringa: “Io smonto i campi rom e me ne frego di quella gente dove va a finire. Li prendo a calci nei denti, il cielo stellato ce lo godiamo noi”.

E se nemmeno gli attori recitano come si deve, s’infervora: “Ho detto ai teatranti di Salerno, voi siete delle pippe con chi vi confrontate”. Anche De Luca riflette: “Ma veramente questa è una città di imbecilli e la principale testimonianza di imbecillità e di cafoneria è nelle redazioni dei giornali locali che sono piene di imbecilli. Io lancerò nei prossimi giorni la lotta di liberazione dai cafoni, apro una nuova stagione di impegno politico in questa città. Dobbiamo aprire una lotta di liberazione, una lotta armata, dobbiamo fare un appello”.

Quasi una grazia per i cronisti che, secondo i sinonimi del sindaco, possono chiamarsi anche “pipì” o “sfessati”, cioè stanchi e stancanti. Sensibile alle contaminazioni culturali, durante il solito monologo a LiraTv, l’emittente ufficiale, De Luca si è misurato con l’arroganza di Roberta Lombardi (M5S): “Fossi stato in Bersani, le avrei detto ma va a morì ammazzata”. Fu più coreografico con Gianroberto Casaleggio: “Uno di quei cani di razza a pelo lungo”. Su Beppe Grillo fu saggio: “Wè giovanò, torniamo con i piedi per terra”. Però il sindaco, ogni natale, fa felici i bambini con le luminarie, anche dette luci d’artista.


Per conoscere Carlo Tecce

Per cominciare, mi dissero: "Recensisci un libro di filosofia campana". E così, anche se tentarono di farmi disamorare, undici anni fa iniziai a scrivere per il Corriere dell’Irpinia. Avevo 16 anni nel 2001. Poi qualche pezzo s’è perso per strada e , a fatica, facevo qualche passo per quel labirinto di adolescenza.
Tanto calcio: tre anni con il Roma, un’estate con il Corriere dello Sport, uno con la Gazzetta dello Sport, il Mattino e l’Unità, due con il Guerin Sportivo. 
Ho collaborato a due libri di Antonello Caporale, Mediocri e Peccatori e ne ho scritti due con Marco Morello, Io ti fotto e Contro i notai
Mi sono laureato nella sciagurata Scienze della Comunicazione. Ho lasciato il mio paesello in provincia di Avellino. Oggi vivo a Roma e lavoro al Fatto sin dal primo numero


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