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martedì 17 dicembre 2013

Ruggero Cappuccio al Ghirelli di Salerno, per “Scritti di luce” di Brunella Caputo e le immagini di Cerzosimo padre e figlio.



Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Nei giorni scorsi e precisamente il 2 dicembre “Scritti di luce”, autori in immagini e parole, il format ideato dalla brava Brunella Caputo, attrice e regista, ha cambiato scenario e da Camera Chiara di Armando Cerzosimo, nel cuore della city,  dove si sono svolti i precedenti tre incontri, si è trasferito presso il  Ghirelli di Salerno. Il personaggio, che ha illuminato la scena del nero teatro della Lungoirno, è Ruggero Cappuccio, drammaturgo e regista teatrale italiano. La luce irraggiata sulla sua persona da scatti di estrema bravura è riconducibile ad Armando Cerzosimo, un'artista di eccezionale sensibilità,  mentre le immagini di una purezza arcana, sono di suo figlio Nicola. La serata, nella sua totale composizione è stata curata da Brunella Caputo, che così presenta, il geniale intellettuale:

“ …Il suo mondo, il suo ambiente, le case, le cose che lo circondano, il freddo, il caldo, la notte, il giorno, la luce che ispira, che illumina i suoi scritti, le sue parole che nascono dalla luce della sua ispirazione. I suoi scritti di luce.”

 Si fa scuro in teatro e sul fondale di scena si accendono immagini purissime, essenziali, descrittive e rigorosamente in bianco ed in nero. Lui, Ruggero Cappuccio, modello perfetto, giovane ed antico, un tutt’uno con il luogo, si avvia nelle stanze del primo palazzo, poi ce ne saranno altri due da visitare, guidati dalla macchina da presa del giovane Nicola. Nel palazzo Coppola, di Valle Cilento, frazione di Sessa Cilento, suggestivo e spoglio, anche le crepe, le impalcature, segno evidente di lenta ristrutturazione, le finestre velate da impalpabili organze, le porte accatastate, le mura spesse e scrostate,  hanno fascino, come la musica suadente di sottofondo di Alexi Murdoch che accompagna. Si muove sicuro, ne conosce i passi, sale e scende scale, si avvia in stanze vuote, ma a tratti s’attarda e vanno i suoi  pensieri sulla  bellezza di un tempo, mentre veli  dal soffio estivo sollevati, mostrano all’esterno scorci di natura incontaminata. Alto, giacca trattenuta disinvolta su di un lato della spalla, baffi sottili, barba accennata sul viso, capelli con un inizio di grigio, sigaro fumoso e occhi vivissimi sotto folte ciglia, si aggira unendosi stretto ai chiarori  e alle ombre del palazzo. Quando si accendono le luci si fa molta fatica a fruire, a colori, tanto il bianco e nero è restato impresso, l’immagine presente di Ruggero Cappuccio, nel completo beige di velluto.

A Pier Luigi Rozzano, di Repubblica, il compito di introdurre il complesso personaggio. Il giovane giornalista, essendo stato un suo allievo,  ha dovuto faticare e non poco, per contenere  l’affabulazione, sia pure piacevole e l’istrionismo di Ruggero Cappuccio, fiume in piena di parole colte ma anche di aneddoti divertenti. Comincia così la narrazione delle sue case e dei suoi scritti, uno, “Fuoco su Napoli”, un romanzo di grosso spessore ed impegno narrativo che, all’inizio, principia con la notizia che Napoli, di lì a sei mesi, sarà distrutta. Con voce  calda, impostata ed a  toni bassi, Ruggero Cappuccio parla, si spiega, si rivela con flemmatica lentezza, affinché nulla si disperda, centellinando ciò che dice, grappoli di sapere che da lui si piluccano volentieri. Legge con maestria, in un silenzio rarefatto, brani da Fuoco su Napoli, il libro, che al Premio Napoli 2011,  per la sezione “Letteratura italiana”, conquistò il  “Libro dell’Anno”. Scattano, alternandosi alle parole, altre immagini e con esse altra casa, Palazzo Del Giudice, appartenuto agli antenati di sua madre, suggestivo come il primo, forse di più per lo stato conservativo migliore. Arredato e più vissuto, dai tendaggi, ai libri, dal pianoforte ai divani e così per ogni stanza in cui, Ruggero, principe e signore, eternamente triste, pensoso e  con lo sguardo tra il passato illustre e la presente decadenza, si confonde con il chiaroscuro della luce che filtra nitida. Altra reading e sul fondale appare l’ultimo palazzo, quello di Serramezzano, il meglio conservato, un luogo struggente e composto da una bellezza decadente, dove Ruggero torna ogni volta alla ricerca del ventre materno. Quando ce lo mostra, nel suo inquieto andare, quasi accarezza gli oggetti, con l’affetto grato di chi è riconoscente per la tanta bellezza in cui è vissuto e  di cui si è nutrito. Ma “Fuoco su Napoli” è là,  tra le parole finali della lettura, mentre scorrono lentamente, dietro alle sue spalle gli scatti d’autore di Armando Cerzosimo, gli stessi che nel boudoir del teatro sono stati fruibili in mostra.

Brunella Caputo, nell’ideare e curare il progetto “Scritti di luce” ed i Cerzosimo, Armando padre e Nicola figlio, nel creare immagini fisse ed in movimento,  sono una squadra perfetta per eventi culturali di rilievo, un intreccio che funziona per come i personaggi vengono trattati. Grazie all’armonico team ed all’indiscussa bravura, il 2 dicembre, abbiamo conosciuto i luoghi formativi e le antiche vestigia di Ruggero Cappuccio, il solitario genio delle nostre terre.


Maria Serritiello
www.lapilli.eu




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