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venerdì 6 gennaio 2012

Cagliari, Imprenditore sequestrato nel 1994 Pago ancora il mutuo per il riscatto»



FONTE:CORRIERE DELLA SERA.IT

La storia di giuseppe vinci, 310 giorni in mano ai rapitori

L'imprenditore: ultima rata nel 2023, poi sarò davvero libero



Estinguerà i due mutui nel 2023. «Soltanto allora sarò un uomo libero». Li ha accesi per quattro milioni duecentomila euro, l'unico modo rimasto per arginare l'emorragia finanziaria causata dal suo sequestro, 9 dicembre 1994 - 15 ottobre 1995, trecentodieci giorni passati in una cassa da morto appena un po' più grande: un metro e mezzo per due, alta un metro e ottanta. «Cosa vuole che le racconti, se non la noia di questa storia? Un'ora durava un mese, sempre uguale. Non è mai successo niente».

Giuseppe Vinci, 48 anni, è seduto nel ristorante che ha aperto nel 2008 con lo chef Claudio Ara nel cuore di Cagliari vecchia. Cesti alle pareti, dietro di lui un grande trebbia per il grano di derivazione romana annerita dal fumo: il 26 novembre gli hanno incendiato il locale. «Una vendetta, dicono gli inquirenti. Io non ho fatto male a nessuno». Prima di Natale, ha raccontato a Giorgio Pisano sull' Unione Sarda che il suo sequestro non è mai finito. Sono passati più di sedici anni dal rilascio. Ce ne vogliono ancora undici per pagare l'ultima rata dei mutui contratti con il Banco di Sardegna, tasso variabile; dovevano durare quindici anni, li ha allungati a venti.

Comincia: «Per il riscatto la mia famiglia pagò 4 miliardi 250 milioni di lire. Li consegnò mio padre, dentro due sacchi per la lana delle pecore e in una borsa di pelle, davanti ai giardinetti pubblici di Nuoro, in pieno centro, il luogo meno prevedibile. Era il 9 ottobre, un lunedì: fui rilasciato la domenica». C'era il blocco dei beni. «Lo aggirammo. Mio padre si attivò per prelevare gli incassi dai nostri supermercati, una catena importante con 210 dipendenti: un miliardo e tre. Altri tre miliardi arrivarono dal Consorzio di acquisto C3 che liquidò in anticipo i premi di produzione. Altri soldi ce li prestarono».
La contabilità l'ha tenuta Lucio Vinci nel libro Il Prezzo del riscatto. Storia di una famiglia dal purgatorio all'inferno . Ai soldi dati ai banditi vanno aggiunte le spese per l'emissario (40 milioni, sempre in lire), le spese legali del difensore dell'emissario (6 milioni 120 mila), le spese legali (40 milioni), altre spese (20 milioni). Sul totale di 4.356.120.000 lire sono stati pagati altri tre miliardi e passa di interessi passivi alle banche. Fino al 2003, anno della resa, con i mutui accesi per liquidare gli ex soci della ditta che via via si è disgregata. «Mia cugina Assuntina volle essere liquidata durante il sequestro, e dovettero darle 350 milioni di lire subito. Gira in Porsche».

Ridurre tutto a un registro contabile serve solo a prendere le distanze, togliere emozioni ai ricordi. Dal 1971 a oggi in Sardegna ci sono stati 178 casi di sequestro: le persone effettivamente rapite sono state 107, ogni sei casi la vittima non è tornata a casa. Giuseppe Vinci detiene il record della detenzione più lunga. Ammette: «È stato troppo, un massacro per il mio cervello, ne sono uscito a pezzi. Ero infuriato con i miei per averlo permesso. Sono stato in analisi, ma non mi è servito: due volte la settimana mi sdraiavo su un lettino e non riuscivo a dire a niente. Qualche volta ho avuto a che fare con gli psichiatri. Per due anni non ho dormito. Purtroppo sono un ex sequestrato e lo rimarrò per sempre».

Durante la prigionia era costretto a tenere alle orecchie le cuffie di un walkman acceso giorno e notte a volume altissimo. Adesso, se per caso riascolta una canzone Rod Stewart, riesce ancora a sentire l'odore di muffa. «E l'associazione va da sola: le pulci, i topi, il caldo infernale di agosto, il secchio accanto al materasso dove facevo i miei bisogni, due colpi per chiedere di venire a svuotarlo. Tornato a casa ero terrorizzato. Ho cominciato a raccontare la verità al procuratore Mauro Mura due anni dopo, quando liberarono Silvia Melis».

Con i figli, Marcello che ai tempi aveva 17 mesi e Gabriele che oggi ha 15 anni, non ne ha mai parlato. «Lo fanno con la mamma, per pudore. Due mesi fa però c'è stata un'assemblea di istituto allo Scientifico di Macomer dove studia il grande, con Graziano Mesina, acclamato, che raccontava la dignità del bandito. Mi hanno detto che Marcello a un certo punto si è alzato e gli ha urlato: "Tornatene in galera da dove sei venuto, brutto delinquente"».

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