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giovedì 28 aprile 2016

" 1861! La brutale verità” ultimo lavoro in concorso al Festival Teatro XS città di Salerno, ottava edizione




Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

L’ultima rappresentazione in concorso, al Genovesi di Salerno, per il Festival Teatro XS, domenica 10 aprile è stata " 1861! La brutale verità ", tratto dall'omonimo libro di Michele Carilli, elaborato per il teatro dallo stesso autore e spettacolarizzato dalla Compagnia "La Nuova Rivoluzione" di Reggio Calabria.
La scena si apre scura, sulla sinistra quattro croci scarne a fungere da appendiabito, per le quattro voci, dai timbri completamente diversi, a stigmatizzare i vinti ed i vincitori. Gabriele Profazio, voce narrante della pièce coinvolgente, per essere la nostra storia, presta all’uopo, di volta in volta il corpo e il timbro opportuno. Ora è Franceschiello, il Re delle Due Sicilia, sfilando la giubba militare gallonata dalla gruccia, ora è uomo di giustizia, indossando la toga nera, il colore è già presago di torbide sentenze ed ancora dei mitici bersaglieri, i valorosi piumati della Breccia di Porta Pia, ecco la testimonianza di uno di essi, con la parlata strascicata del settentrione, sulle malefatte perpetrate ai danni dell’inerme popolazione. Un brutto periodo storico questo in esame, che continua ad essere narrato attraverso uno dei tanti deportati nei campi di concentramento, maglietta sdrucita, pantalone leggero e null’altro addosso per ripararsi dal freddo secco e bruciante di Fenestrelle, in Val Chisone, detta anche la grande muraglia piemontese. Davanti alle croci-stampelle, una sedia anonima a dare riposo al narratore nei momenti in cui si fanno più tristi le preoccupazioni dei suoi paesani. Più in là due musici, Alessandro Calcaramo e Mario Lo Cascio, con lucidi strumenti, chitarre, bouzouki e percussioni, consapevoli di partecipare ad una condizione di scippi subiti, di storture patite e di morti annunciate. Sono fissi sulla scena, quasi pietre dolenti e musiche pur essi, mentre più in là, discosta, una voce femminile, ogni volta, si fa suono, ritmo, dolore, pianto, lamento, preghiera, rimpianto, nostalgia, amore. Tutta la sua terra, la Calabria, è là nella sua voce e lei è Marinella Rodà.
“1861 La Brutale verità” è quella che non conosciamo, perché la storia la scrivono i vincitori, la realtà, a quel tempo, fu ben altra e non la si è letta sui libri scolastici. Garibaldi, prima, e l'esercito torinese, dopo, fecero alla popolazione del Regno delle Due Sicilia, in nome dell’Unità d'Italia, decisa in alto loco, ma tutta sulla testa di chi poco o niente aveva a che spartire con le loro istanze, “quello che i nazisti fecero a Marzabotto, tante volte per anni e che nelle rappresaglie si concessero la libertà di stupro sulle donne meridionali, che i fratelli d’Italia ebbero diritto di saccheggio delle città del sud, che praticarono la tortura e che la loro ferocia unita alle stragi, a detta di un ex garibaldino, in parlamento, fu paragonabile a Tamerlano, Gengis Khan ed Attila (Pino Aprile- Terroni )”.
Uno spettacolo, quello assistito, tutto teso ad impattare la verità storica e la musica e i canti inseriti, ne ingentiliscono dolorosamente il racconto che, non è volto ad inselvatichire gli animi, né tanto meno a far questione sull’opportunità o meno dell’Unità, ma sulle modalità usate certamente sì. La narrazione ci consegna dati che rivelano quanto è stato grande il tributo pagato dal meridione in termini economici, ad esempio si apprende che nelle province napoletane e in Sicilia, il numero dei poveri erano poco più di centoventimila, ovvero l’1,40% della popolazione e che trattasi di una percentuale in linea con gli altri stati preunitari. Il Sud non era più povero degli altri, anzi la forza lavoro rappresentava il 51% sull’intero totale, le 5000 fabbriche di varie dimensioni dava agli occupati del Sud, un sostanziale benessere. Nella rassegna internazionale di Parigi del 1856, il Regno delle Due Sicilie si aggiudicò il terzo posto in Europa, dopo l’Inghilterra e la Francia, per sviluppo industriale. L’Opificio Reale di Pietrarsa, la più grande fabbrica d’Italia era l’unica in grado di costruire motrici navali, oltre a possedere la tecnologia idonea alla costruzione di binari ferroviari. Il primo vascello a vapore del Mediterraneo, il Ferdinando I, costruito proprio nel Regno delle Due Sicilie, fu anche il primo al mondo a navigare in mare aperto. Il cantiere di Castellammare di Stabia era il primo per grandezza del Mediterraneo e nel quale furono costruite due navi scuole, ancora oggi vanto per il nostro paese: la Cristoforo Colombo e l’Amerigo Vespucci. La flotta mercantile del Regno era seconda solo a quella inglese e quella militare solo a inglesi e francesi. Tutta l’area meridionale si apprende, tra le tante evidenziate dalla voce pacata e ferma di Roberto Profazio, era, in tutti i campi, ricca di tali eccellenze da competere con le forti nazioni di allora, dal che si capisce il perché della bieca operazione invasiva fatta dai piemontesi. Ed anche il brigantaggio, considerato dai testi ufficiali, un grave fenomeno d’insubordinazione, acquista significato di riscatto, dignità e difesa del proprio territorio.
75 minuti di scena per raccontare l’invasione subita, perché di essa si tratta e non di pacifica annessione, dal popolo meridionale, per riscoprire identità ed orgoglio, soffocati dalle falsità dell’oppressore. La storiografia ha occultato per troppo tempo la verità perché non si poteva consentire che il popolo “liberato” si opponesse al proprio liberatore.
Un lavoro eccellente “1861 la brutale verità”, un pezzo teatrale ben dosato tra verità storiche, ancora sconosciute ai più e musica dolce, dolente che la voce profonda ed espressiva di Marinella Rodà ne ha esaltato i momenti salienti, la dolenza della sua voce, infatti, ricorda in più punti, Amalia Rodrigues, la celebre cantante di fado portoghese.
Raccontare la storia del Risorgimento in teatro, l’avevano già fatto, nel 1961, Garinei e Giovannini, con la commedia musicale “Rinaldo in campo”, per il centenario dell’Unità d’Italia, ma che differisce da “1861 la brutale verità”, per essere una storia romanzata ed a lieto fine, senza nessuna denuncia sociale e senza nessuna conoscenza che potesse riequilibrare, almeno moralmente, il torto subito da intere popolazioni. Degno di lode, Michele Carilli, autore e regista, esso stesso, per l’operazione culturale di recupero storico e per l’impegno profuso nella ricerca.
Regia: Michele Carilli, Lorenzo Praticò
Musica e Testi: Mattanza Michele Carilli
Mixer Audio/luci:Carmelo Lopresto
 
Maria Serritiello
 
 
 

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