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sabato 11 marzo 2017

Alla terza edizione del “SalerNoir Festival Le notti di Barliario” 2017 Diego de Silva presenta Maurizio de Giovanni


 

Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

A preannunziare l'arrivo di Maurizio de Giovanni, una brevissima considerazione-aneddoto nei riguardi dell'ospite per eccellenza della prima giornata del “SalerNoir Festival le Notti di Barliario” 2017, da parte dello scrittore abruzzese Romano De Marco, che lo ha preceduto nella presentazione del suo libro. De Marco, spontaneamente, ha voluto focalizzare un tratto della personalità dello stesso, di certo meno e poco conosciuto, che si identifica nella sua bontà d'animo e nella sua disponibilità di venire in aiuto a chi si trova a disagio e che si estrinseca, spesso, in modo anonimo e sempre con empatia e spontaneità. Davvero un bel gesto essendone stato lui stesso il diretto interessato, ma fa talmente parte del personaggio che, quasi commosso, ha ritenuto di doverlo fare. Plauso alla sua onestà e tanto più alla dote di de Giovanni.

Quando appare nella capiente sala del Museo Diocesano di Salerno, riempita come un uovo dai fan, l’applauso scrosciante si è fatto sentire corposo e prolungato e lui non si sottrae all'abbraccio ed all'affetto dei suoi fan salernitani che, all’inizio della sua avventura di scrittore, superavano di gran lunga quelli di Napoli. Nessuna meraviglia se tutti erano là per lui, l’autore di tanti libri di successo, del commissario Ricciardi, che opera in una Napoli degli anni trenta e del commissario Loiacono, quello dei Bastardi di Pizzofalcone, entrato in tutte le case italiane, attraverso la serie televisiva di Rai 1. Al tavolo, a riceverlo, lo scrittore salernitano Diego De Silva, altra gloria del patrimonio letterario internazionale, amico fraterno e profondo conoscitore del personaggio e della sua scrittura, nonché acuto e lucido esperto della letteratura contemporanea. Sarà perché predilige il Maurizio de Giovanni dei Bastardi di Pizzofalcone, sarà perché la sua capacità di offrire dall'interno di scrittore, una prospettiva molto più efficace e precisa, vicina alla realtà dell'animo dell'autore, certo è che la sua lettura dell'opera “de Giovanniana” rimarrà nella mente dei molti spettatori, che affollavano la sala, come una delle più dilettevoli “Lectio magistralis” ascoltate. E se lo scopo della letteratura è migliorare la conoscenza delle cose del mondo, lui ha fatto conoscere, come meglio non si può, il mondo e la bravura di de Giovanni. Con aria pacata, la voce bassa, quasi sussurrata, Diego de Silva ha posto l’accento sulla sua capacità di amore verso i propri personaggi, il suo attaccamento alla città di Napoli, la sua capacità di plasmare e far apprezzare come esseri veri e autentici i personaggi, sia pure nelle loro manifeste ed esibite imperfezioni, nella sua capacità di saper comunque e sempre riannodare i fili di un flusso continuamente cangiante, nato dai personaggi stessi  e nella sua infinita pazienza nel tenere a bada il cavallo focoso e bizzarro della sua Napoli. Senza farsi mai prendere la mano dalla stessa città, usando la sua arte sopraffina, per glissare su aspetti spinosi e abbandonandosi a liriche, cromatiche, digressioni paesaggistiche, mai fini a se stesse, ma vergate da un amore sconfinato per la sua terra e da una attenta disamina delle mutate condizioni mentali e sociali di quel mondo, che tanto gli sta a cuore. Tutto ciò, espresso da Diego de Silva, con un linguaggio puntuale, preciso, fluido, rigoroso e perché no, carico di tanto sapere letterario. Ne è venuta fuori una prospettiva di certo diversa e benefica per tutti, ma non per questo complicata o astrusa, anzi, asciutta, stringata, esclusiva, interessante e precisa, gettando nuova e più obiettiva luce sull'opera di De Giovanni. E’ riuscito, inoltre, con l’erudizione che lo contraddistingue, a focalizzare la mente degli spettatori sulla difficoltà che comporta non solo lo scrivere, ma anche l’elaborare bene un romanzo, qualunque sia il suo genere e quali siano le asperità e le fatiche che, strada facendo, s’ incontrano, ancora di più se il libro e il suo autore, hanno volontà di uscire dalle sicurezze di un orticello, grande quanto il proprio condominio, e proporsi ad un pubblico più sofisticato e cosmopolita.

Maurizio De Giovanni ascolta sorridendo l’amico, contento di essere a Salerno e tra persone che lo ritengono un proprio patrimonio personale. Ringrazia, poi, de Silva, accanito lettore dei suoi libri e cita quella parte del “Giovane Holden”, nel quale si dice che chi legge l’autore preferito amerebbe conoscerlo di persona e chiamarlo ogni volta che se ne ha il desiderio, bene a lui è concesso. E’ ben felice, inoltre, di presentare a Salerno i suoi “bastardi”, mai mostrati prima e di parlare di alcuni punti in cui è stato in disaccordo con la produzione Rai. Quando ha iniziato a scrivere di “Ricciardi” ad un certo punto il personaggio gli è sfuggito di mano e lui lo ha rincorso per tre anni, in effetti era il commissario a scrivere di se stesso. I “bastardi”, invece gli sono capitati per caso, usciti dalla sua creatività difettati, avendo due gravi problemi, l’uno è che ognuno di loro ha compiuto un qualcosa che non andava fatto, spezzandosi la carriera, l’altra è il giudizio severo dello specchio, in cui ogni mattina i bastardi si riflettono e con il quale devono fare i conti. La faccia che si porta in giro non è la stessa che rimanda la superficie luminescente, la mattina, i difetti sono visibili per quelli che sono e non trovano giustificazione. A Maurizio i “Bastardi” piacciono molto, perché sono delle persone normali, che vanno guardati senza pietismo, ma accettati senza un severo giudizio, tanto a condannarsi ci pensano loro. Quello stare insieme, mano a mano, riesce a farli riappropriare dell’onorabilità perduta e del desiderio di fare squadra, sia in senso lavorativo che amicale. Maurizio è un grande affabulatore, l’arte della parola è cosa facile per lui, sicché tutti i personaggi si presentano ad uno ad uno, da lui descritti, visibilmente nella sala del Museo Diocesano ed anche la Napoli con luci ed ombre e situazioni diverse, è prepotentemente esibita.  Ma l’acme tra il pubblico, un solo sguardo, un solo respiro e uniche emozioni in circolo, si raggiunge, quando, come ogni volta, lasciando il podio, che fra poco lo vedrà vincitore del primo premio del “SalerNoir Festival le Notti di Barliario” 2017, legge, da interprete, un pezzo del suo romanzo. La voce è bassa, raccolta, ovattata, con le giuste pause, i toni opportuni e la musicalità del verso che incanta, quando pronuncia Ciao amore sono a casa”. Silenzio, ad occhi bassi, entra nel personaggio, concentrandosi per alcuni secondi sul testo che leggerà tra poco. Ed eccole le parole amorose, sincere, semplici, dette e ridette a sua moglie, per oltre trent’anni, al suo rientro dal servizio, riponendo le chiavi all’ingresso. Va avanti Maurizio con l’impeto di chi quella creatura l’ha creata e la offre in dono ai suoi lettori, cosicché ognuno, rientrando a casa possa portare nel suo immaginario, oltre alla più bella dichiarazione d’amore, con tutte le varianti sul tema “Ciao amore sono a casa”, anche la voce dello scrittore. La standing ovation che ne segue, per te, Maurizio, ci sta tutta.
Maria Serritiello
 
 
 
 

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