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domenica 26 marzo 2017

Alla libreria Internazionale di Salerno incontro con il poeta Franco Arminio

 
di Maria Serritiello
 
Giovedì 16 marzo, alla Libreria Internazionale di Salerno, il poeta Franco Arminio, da Bisaccia, nell’Irpinia Orientale, ha presentato la sua ultima fatica dal titolo “Cedi la strada agli alberi”. Poesie d’amore e di terra. Lui è uno strenuo difensore dell'altra città, ovvero di quella realtà di paesi dimenticati e desertificati, che, tuttavia, riforniscono e vivificano esperienze e vita alla città vera propria. Il poeta, con particolare riferimento ai paesi collinari e montani, che sono discosti dalle tante città, si propone di restituire visibilità e credibilità, proprio a quella realtà che la spinta evolutiva vuole annullare. Invita, il poeta, a far riscoprire, all'uomo del nostro tempo e a disvelare all’interno di sé i valori dimenticati della propria biologia infantile, della sensorialità primigenia e della sacralità ancestrale, scelte che la globalizzazione, in nome del presunto sviluppo, vorrebbe che si facesse. Roberto Saviano di lui dice “E’ uno dei poeti più importanti di questo paese, il migliore che abbia mai raccontato il terremoto e ciò che ha generato», citando un suo passo: «Venticinque anni dopo il terremoto dei morti sarà rimasto poco. Dei vivi ancora meno»
Nella nota d’avvio si legge che la prima volta, come scrittore, di Franco Arminio, fu in un pomeriggio di gennaio, del 1976, appena sedicenne, usando la penna rossa e un’agenda di finta pelle, trovata nell’osteria del padre. In quegli anni scrisse senza sosta, riempiendo 18 sacchetti della spazzatura e due casse di legno che il nonno aveva trasportato dall’America. In seguito continuò a scrivere con l’uso del pc e ciò gli rese facile il fare ed il disfare, per la composizione dei versi, che non sono frutto di un’azione spontanea ma curati con insistenza ed attenzione. Paesologo, unico in Italia, è direttore artistico della manifestazione “La Luna e i Calanchi”, che si tiene, nel mese di agosto, ad Aliano, in provincia di Matera, il paese dove fu confinato lo scrittore Carlo Levi, “Parlo dei paesi perché ad un certo punto mi sono reso conto che erano un po’ al mio stesso punto: creature in bilico, col buco in mezzo”
Riappropriandosi della biologia sensoriale “Abbiamo bisogno di contadini/ di poeti, di gente che sa fare il pane/ che ama gli alberi e riconosce il vento...”, e avvalendosi degli eoni precedenti al contatto della madre terra, l'individuo, sostiene, potrà, calendarizzare tempi e contatti con essa, provando ad avvicinarsi alla felicità, o ad essere contento senza motivo, perché sereno e soddisfatto per l'equilibrio raggiunto con se stesso e con gli altri. Così il grido di solitudine dell'individuo, si trasforma in una coralità estesa e partecipata, propria del cosmo. Una riscoperta della biologicità, la sua, che trova forza e sostegno nelle conquiste delle neuroscienze, ad esempio il darwinismo neurale di Gerald Edelman, così come le conclusioni, altrettanto, attuali sul libero arbitrio, dove la biologicità è intesa come sensorialità allargata alla sacralità e alla materialità cosmica “Concedetevi una vacanza/intorno a un filo d’erba,/concedetevi al silenzio e alla luce/alla muta lussuria della rosa”.
Moderno guru della vita contadina o di quella vissuta momento per momento, si fa portavoce credibile ed accattivante di un’esistenza che debba rinnovare certi valori del passato perché possa fondare tutta la propria esistenza su di una filosofia recuperabile ed ancora possibile. Una sorta di rivoluzione copernicana dove sia l'uomo, con le proprie scelte, e non la società globalizzata, ad indirizzare l’esistenza sulla base di una filosofia e di una consapevolezza del sé cercata e trovata nel corso della propria vita. Sensorialità e conoscenza, dunque, per individuare le tante fonti di serenità e felicità senza mai dimenticare l’essere polvere. Franco Arminio non è certamente l'unico, né il primo a lanciare SOS alla comunità tutta, ma di certo è una voce forte, precisa, e sincera, soprattutto attuale: “Non servono/i mestieranti dello sdegno/, i mercanti del frastuono/. Per raccontare certi luoghi ci vogliono la poesia/, il teatro, il canto”. Sembra che le parole siano un flusso continuo, nemmeno pensato o appena uscito dal forno caldo della sua panificazione. Ma non è così! La comprensione facile dei suoi versi non deriva da una composizione sciatta, trascurata, ma è frutto di un lavorio ricercato, inseguito perché possa offrire purezza ed eleganza al verso. Colto fino all'inverosimile impana, nel crogiolo dei suoi sensi, le parole e le presenta fragranti, fumanti e fresche nel piatto della pagina. Serafico e gentile lascia trasparire tutte le asperità e le sconfitte dell'esistenza di tutti gli uomini senza alcuna drammaticità sicché tutto viene ricondotto nell'albero di una umanità dolente. Romano Battaglia, Robert Frost, Virgilio i nomi che più da vicino restituiscono la lettura dei suoi versi, ma è un falso apparentamento, Franco Arminio, rimane unico nel tracciare certe immagini, pure, impietose, franche e reali.

Maria Serritiello
 
                             
 
                                 

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