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lunedì 18 novembre 2013

Al Teatro Giullare di Salerno “Nel nome del padre”il dramma di Luigi Lunari




Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Timidamente due giovani, un uomo ed una donna, in un luogo sconosciuto, imprecisato, arredato con scaffalature di freddo metallo grigio ed elementari figure geometriche alle pareti, s’incontrano. Non si conoscono e non parlano la stessa lingua, infatti,  l’uno, si esprime in italiano, l’altra in inglese, ma si stanno cercando, perché là hanno appuntamento. 

Questo l’inizio di “Nel nome del padre”, un unico atto di Luigi Lunari, per la regia di Andrea Carraro, in cartellone per due serate, il 9 ed il 10 novembre scorso, al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno. Due soli attori in scena, Maria Giordano e Stefano Persiano, rispettivamente nei panni di Rosemary Kennedy, figlia del vecchio patriarca e sorella del presidente americano assassinato e Aldo Togliatti, l’erede legittimo del leader del partito comunista italiano.  Come spesso avviene, essere figli di uomini di potere e di grande personalità, non agevola i rampolli, proprio com’ è capitato ad Aldo e a Rosemary. Nella finzione teatrale i due s’incontrano per rimuovere i drammatici ricordi della loro esistenza, per liberare la mente ed il cuore da rancori, da ingiustizie e vessazioni subite, una sorta di catarsi, condizione essenziale per andare definitivamente verso la luce. Così, man mano che la rappresentazione va avanti, il luogo in cui stazionano appare sempre più  somigliante ad una sorta di limbo purificatore. Nel racconto che a turno fanno di loro stessi, per la verità più aperto il figlio di Togliatti, più recalcitrante la terza figlia del vecchio Kennedy, si apprendono particolari non molto noti al grande pubblico. Quella di Rosemary, per esempio, non è solo la sofferenza dell’animo, per un differente trattamento di famiglia, ma un reale dolore dovuto all’ingiustizia subita, quella di essere segregata, a soli  23 anni in una clinica per ritardati mentali, per  paura che il suo modo libero e ribelle di vivere, svergognasse la famiglia.  Anzi fanno di più,  senza porre indugio, la lobotomizzano, consegnandole fino alla fine dei suoi giorni  una vita di povera larva. Non va meglio all’unico figlio di Palmiro Togliatti che vive per molti anni in una clinica psichiatrica di Modena, dove non viene nemmeno registrato. La sua depressione può farsi risalire a quando il padre abbandona la madre, per unirsi alla giovane  Nilde Iotti. Ciò che gli procura grande frustrazione è l’adozione da parte dei due di una bambina, mentre a lui, figlio di un Dio minore, il padre riservava carezze con il distacco che soleva rivolgere al suo  mastino napoletano, anche se  poi diceva ai compagni che suo figlio era «bravo: ha letto più libri di me».  Schizofrenia con spunti autistici, questa la diagnosi, prognosi che lo fa interloquire con Rosemary, la sua “pari“in modo nevrotico e a scatti. Intanto per andare oltre devono trovare un accomodamento per se stessi, misericordia per gli altri e una sorta di affettività tra loro. Il destino comune li unisce e sia pure di estrazione sociale diversa trovano il tratto della tenerezza e della dolcezza. Ecco sono pronti, ora possono lasciare tutto dietro di loro, dinanzi c’è la luce eterna.

L’impianto del dramma è costruito semplice e altro non è che una seduta di psicoanalisi con fitti dialoghi che svelano ogni cosa dei due protagonisti,   Ad ogni particolare nuovo, che ne delinea la complessa personalità, a turno  si alleggeriscono degli indumenti, di bianco colore, metafora di una purezza da raggiungere. Il dramma sentimentale, come lo definisce lo stesso Lunari, è stato bene, interpretato e con istintiva naturalezza dai due attori. Sia Maria Giordano (Rosemary) che  Stefano Persiano (Aldo), lei infantilmente imbronciata e aggraziata da mossettine, lui nevrotico e dislessico, difetto che lo fa parlare a scatti, hanno caratterizzato i due personaggi, senza risparmiarsi, data anche la lunghezza del pezzo. Un colpo da maestro, inserito nella rappresentazione, è  sicuramente l’operazione di lobotomia, mimata sulla povera Rosemary da Aldo. Ridotta, così, ad una bimba, a lui non  resta che cullarla, cantandole lentamente l’inno dell’Internazionale.

 Nel finale, allora, tutto si ricompone, i mondi contrari di Aldo e Rosemary si sono uniti, la vicinanza affettiva dei due è palese e la luce  che dovrà accoglierli è là pronta,  abbandonate le scorie terrestri.

Il Cast.
Rosemary: Maria Giordano
Aldo: Stefano Persiano
Scene: Andrea Carraro
Luci e suoni: Virna Prescenzo


Maria Serritiello
www.lapilli.eu







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