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domenica 28 febbraio 2016

Toledo Suite di Enzo Moscato al Teatro Diana di Salerno



Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Il mondo emozionale di parole e canzoni di Enzo Moscato, è dentro lo spettacolo “Toledo Suite”, presentato in due serate, 19 e 21 febbraio, al Teatro Diana, sala che si apre sulla parte nuova e più bella del Lungomare di Salerno. L’attore-chansonnier, 67 anni il prossimo 20 aprile, attraverso brani di Brecht, Duras, Viviani, Weill, Lou Reed e Taranto, compie un raffinato percorso musicale, aiutato dalla musica di Pasquale Scialò e da Mimmo Palladino per i disegni realizzati.
La scena è volutamente scarna, cupa, senza nessun arredo, se non una sedia al centro, ricoperta da un drappo rosso, con a lato un leggio, interamente addobbato da tondi e scenografici pomodorini. Il fondale è nero, intorno un velario su cui s’imprimono, di volta in volta, scritte ossute di un bianco iridescente. Circonda il tutto, una serie di lucine colorate, intermittenti, a mo’ di luminarie, per trasferirci repentinamente nei vicoli della Via Toledo, addobbata per i suoi santi, indistintamente, laici e religiosi. Quando entra in scena Enzo Moscato, con l’aria dimessa, in punta di piedi, sistemandosi in un angolo, si comprende che vuole mantenere l’attenzione, non su di lui, ma su ciò che si vede, si sente e si evoca. Così tra canzoni, scritti, brani musicali ed immagini visive si snoda l’intero spettacolo di quasi due ore. Accompagnato da un violino, Paolo Sasso, a volte struggente, da una chitarra, Claudio Romano, a segnare il ritmo e dalle percussioni, Paolo Cimino, sapientemente calibrate, tanto da essere l’alter ego di Enzo, si ascoltano canzoni, che hanno fatto il volto pittoresco di una città, tanto bella e tanto maltrattata. Accanto a “Palomma”, la notissima di Armando Gill, a “Romanzetta”, a “Cerasella”, a “Che m’hè ‘mparate a fa?”a “Na voce e na chitarra e’ o poco ‘e  luna”, ad “Anema e core” a “Lusingame” ed a “Scalinatella”, il fior fiore di una produzione che ha accompagnato intere generazioni, troviamo brani composti dallo stesso Moscato, musica di Pasquale Scialò, come: “Toledo suite”, “Diva”, “Il porto di Toledo” che modernamente ci spingono all’indietro. Enzo Moscato dal raffinato intellettuale qual è, ha inserito nella scelta dei brani, perfino un pezzo in lingua giapponese, che senza sforzo linguistico viene cantato amabilmente e con dolcezza, come geisha suggerirebbe. I brani letti fanno affiorare i vicoli, il popolo e tutta quella gente che si affida alla musica per librarsi, per evadere dalla complicata realtà in cui sono costretti a vivere il quotidiano. E non è bello il concreto che si para, prostitute, spacciatori, protettori, micro criminalità, accanto e senza alcuna differenza sociale, a persone oneste, lavoratori e timorati. Questo il volto di Via Toledo, il quartiere della sua infanzia, nello spettacolo affettivamente omaggiato.  E poi c’è il linguaggio che Enzo Moscato usa, una sorta di cantilena che si rifà all’infanzia, quando le parole hanno magia per i suoni arcaici che si tirano dietro, quei suoni che mescola sapientemente a francesismi, a latino, a greco per farne un solo impasto. Per “Scalinatella longa, longa, strettulella, strettulella…” è bastato il movimento del drappo rosso, ondulato dalle sue mani, per entrare nella tormentata passione di un innamorato deluso, il resto lo fa la sua voce, morbida, confidenziale, dai toni che si ascoltano nel passaggio da un vicolo all’altro. Un recital solo come formula scenica, ma per le suggestioni e le emozioni che trasmette è un vero pezzo di magistrale teatro. “Toledo fa paura, ma no è anima pura, non è l’oscurità, o munne cheste sa…” canta Enzo Moscato ed è quello che pensano tutti mentre si allontanano, canticchiandone il motivo
 Maria Serritiello
 
 

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