È martedì, 18 novembre,
alle ore 10,30, presso la Fondazione Menna, in via Lungomare Trieste,
la presentazione della Campagna Sociale contro la violenza sulle
donne, fenomeno tristemente in ascesa. Il Rotary Club Salerno Duomo,
presieduto dal Dott.re Gaetano Cuoco ed il Consiglio Direttivo tutto, hanno
inteso dare concretezza alla problematica, così sentita, lanciando una vasta
operazione di conoscenza, soprattutto presso i giovani con lo slogan “Prima
di amare, scopri la maschera”, un chiaro invito ad accorgersi, prima di
essere coinvolti dall’amore, quale persona ci sia dietro la maschera. A dare la
visibilità, oltre alle parole che si spenderanno nelle scuole, alle quali
principalmente la campagna è diretta, ci ha pensato il Fotografo Armando
Cerzosimo e qui le parole non bastano mai per sottolineare la bravura dei
suoi scatti e se ne ha conferma, se fosse necessario, nelle 5 fotografie
realizzate per esaltare tutta la campagna. Lapurezza delle linee si sposa con
il messaggio invocato e la problematica s’infrange negli occhi visionari. Le
immagini attraenti campeggeranno sullebrochure distribuite nelle scuole e sui manifesti affissi in città.
Alla presentazione sarà
presente, la dottoressa Rosa Esposito, Ginecologa, già Responsabile del
Centro Antiviolenza AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, persottolineare l’importanza dell’ascolto per chi ha subito violenza. Le
conclusioni saranno affidate alla professoressa Vittoria Marino, Ordinario
di Marketing presso l’Università del Sannio – Benevento, che replicherà
l’obiettivo di tutta la campagna sociale.
Il Presidente Cuoco,
infine, annuncerà una raccolta fondi tra tutti i soci rotariani, per finanziare
almeno due corsi di OSS per donne che sono state vittime di violenza.
Chico è
un amabile cagnolino dei social, in carne ed ossa, non un pupazzo, come quello
creato dall’ IA, dal nome “Papi Bot” e che impazza sul web con tutte le
finte funzioni canine, Chico di suo, invece, ha conquistato un milione di
Follower, ovvero “frollewuer” come lui, storpiando il suo linguaggio, li
chiama.
Chico
è il Maltipoo, un incrocio tra un barboncino e un Maltese, dal pelo riccio,
color albicocca, che ha cambiato la vita al suo padrone, Francesco Taverna. Viene
spontanea però, la riflessione se non sia è stato il padrone a cambiare Chico.
Infatti pur rimanendo reale cagnolino è diventato il piccolo di casa Taverna,
combinando di tutti i colori e partecipando da protagonista alla vita di e Mamy
e Papà, da lui soprannominato Fricchettone. Le avventure sono tante,
l’una più divertente dell’altra, attese con trepidazione da tutte quelle
persone appassionate di cani a cui Chico fa compagnia in modo sapiente e
divertente.
Io stessa (N.D.R.) mi
sono accostata a questi video per trarre conforto dalla perdita del mio Jace,
un jack russel vivace ma tanto affettuoso. Chico ha catturato la mia attenzione
e man mano mi ha fatto affezionare così tanto da ritenerlo un piccolino di
famiglia, che vive lontano.
In casa Taverna tutto
ruota intorno a Chico, alle sue bonarie malefatte, alle sue richieste ed
ai suoi desideri, uno su tutti stare incollato al suo umano, dire padrone
sarebbe inadatto. Quasi ogni giorno il suo sodale, il buon Francesco Taverna,
ne inventa una, dandogli fiato ed anima per la gioia dei suoi fans. Ha una voce
strascicata e carezzevole, ormai non abbaia più e non so se mai l’ha fatto, le
parole sono un divertente lessico tutto inventato, ma tanto appropriato per la
sua divertente leggerezza come “la cammarella per caramella, croccrodrillo per
il pupazzo a cui è affezionato, kato per il gatto del giardino, Alfredo
svolassi, per il piccione di cui segue il corteggiamento amoroso dedicato a
Gianna cossialunga, tacca la macarena, quando scalcia sulle zampe, la cicolata,
per quella goduria sempre vietata, perché si sa ai cani, è sempre di un quattro
zampe di cui stiamo parlando, fa malissimo. Chi lo segue con sistematica
regolarità ha imparato una quantità di parole divertenti, neologismi ricavati
dall’intreccio di un linguaggio il più delle volte onomatopeico. E cosi:
tesosforo, zzzzecca, prosiutto relaxssss, Recchio camuffo, pippolstrello,
biccio, corso di sedussssione, sguardo scenciuale, tubola, tubola, succhina,
besbol, gassella, fantasma cappuccino, autoveloss, cabbarinieri, brazzelletta,
intrenett, piciu piciu antistresss, siekera, siekera, shqualo prolungandosi su
ualooooe poi è bravo ovunque così al
mercato o a sciare, come a trovare rotte per avventure o strade cittadine, oppure
dispensando consigli all’ingenuo padrone, un passo indietro, ormai, al suo
cane. Capita di trovare semplicemente, il frugolino albicocca, al telefono,
interloquendo, invariabilmente con la pattinatrice artistica mondiale, Carolina
Kostner, o con Domenico Berardi, giocatore di punta del Sassuolo, o,
per sfogare la solitudine di qualche volta lasciato a casa, ad ordinare su
Amazon, tutto e di più con la carta di credito del povero padrone. A volte si
pensa che stia bullizzando il capo di casa, tanti sono i segnali, se non fosse
che è lo stesso Fricchettone ad inventare, non solo le avventure, quanto a
dargli la voce, per cui gli va genio così e poi chi potrebbe resistergli?Va ai concerti, stornella con il cantante di
turno, fa un gran casino al tour di motocross, ovunque va si mostra
partecipativo e produttivo, insomma è un ineccepibile compagno di vita.
L’affezione dei fans
cresce e con essa la voglia di avere qualche cosa che lo rappresenti e così a
Milano in galleria, presso la Mondadori, nasce uno store dove si vendono gadget
i più disparati, dal set pappa, ai collari, dalle magliette, alle tazze, dalle
medagline, al calendario dell’anno, non trascurando la divertente app Maps
con la voce del canino che indica il percorso da seguire. E non è finita,
Francesco ci ha preso la mano e da buon contentcreator racconta sui
suoi canali social le peripezie di Chico, ormai vera e propria web star. Gli episodi
raccontati sono diventati anche libri: Ciao, io sono Chico (Fabbi, 2023), A
tutto Chico (Fabbi, 2024), Chiedilo a Chico, libro delle risposte di Chico su
vita, amore, libertà e cicolata (Fabbi, 2024), Chico. Missione amore (Fabbri,
2025).
E udite, udite, è di
qualche settimana fa la notizia che Chico è stato nominato, quale Digital
Ambassador di Milano Cortina 2026, XXV Giochi Olimpici Invernali e sarà il
primo testimonial digitale a quattro zampe nella storia dei giochi a promuovere
i valori dello sport e raccontare il mondo olimpico e paralimpico.
Evviva, ne stai facendo
di strada Chico, ad meliora semper
Francesco Taverna,
il papà di Chico, 30 anni, sposato e senza figli. Cantautore dal nome Tavo,
durante il covid per volere della moglie prende Chico e la sua vita cambia
totalmente. Famoso sui social network, TikTok e Instagram, vive a Valsolda
in provincia di Como, in una casa di campagna.
“Chicco missione Amore”
Edizione Fabbri 2025, è l’ultimo scritto, ma il primo
romanzo di Francesco Taverna, nel quale si ritrova a riconquistare
l’amore perduto. Una semplice favola da leggere per far bene al cuore.
L’impianto è quello classico della fiaba, basato su di un personaggio
principale, nel nostro caso, due, che innamorati perdono l’oggetto dell’amore e
vanno alla ricerca. L’avventura principia in tarda mattinata, quando il
padrone di casa e Chico si risvegliano da un sonno beato e non trovano più la
Mamy. Chico comincia a cercarla in tutte le stanze, ha un fiuto infallibile che
non dà risultati.Ansioso e con il
fiatone grosso comunica la sparizione al papà che prende la cosa con salomonico
interesse, tornerà, dove si vuole che vada. Trascorrono le ore, ma della Mamy
neppure l’ombra. Chico è sempre più agitato, mentre il papà è giunto alla
determinazione di doversi dare una scrollata per capire a che è dovuta la sparizione.
Così ha inizio la ricerca, con Chico pronto ad agire con coraggio, fiuto e una
buona scorta di biscottini alla cannella, e Fricchettone, mesto, ciabattante,
senza volontà di agire e già sconfitto in partenza. A leggere l’indice si può
immaginare l’iter del racconto che è fatto d’imprevisti, di paure e fatica
fisica, prima di sbrogliare l’arcano, oppure, semplicemente, rispolverando lo
schema di Vladimir Propp, che in soccorso aiuta a capire che la fine
della storia sarà lieta.Di più non è
dato sapere, se non che il libro è in tutte le librerie ed è un vero best
seller.
E conosciamo, per
sapienza, lo schema di Vladimir Propp, linguista e antropologo russo,
nato a San Pietroburgo il 15 aprile1895 e morto a Leningrado il 22 agosto 1970,
il quale ha applicato il seguente schema identificativo per analizzare le fiabe
russe. Quattro le fasi principali per individuare la struttura della
narrazione:equilibrio iniziale, rottura
dell'equilibrio (esordio/complicazione), peripezie dell'eroe (avventura) e
ristabilimento dell'equilibrio (conclusione/scioglimento).
Propp ha inoltre identificato 31 funzioni (azioni dei personaggi) e 7 sfere
d'azione, ma questa è un’altra storia che ha a che fare con il mio passato di
Prof.ssa d’Italiano e che a Chico poco interessa. Grande successo a voi due, ma
no a voi tre, alla Mamy, che è pur sempre l’artefice dell’entrata in casa dell’incantevole
cagnolino.
È il 1926,
due personaggi che non si conoscono, ma che vengono dallo stesso paese:
Caivano, provincia di Napoli, s’imbarcano verso l’America per seguire un loro
sogno. Ed infatti l’uno per esportare il liquore d’anice di cui è produttore,
l’altro, attore, per rincorrere sogni di gloria ed amare e farsi amare
dall’attrice più famosa. Il mantra che segue uno dei due è “Se puoi
sognarlo, devi farlo” ed è così sicuro che anche quando la realtà è
tutt’altra cosa, non si abbandona alla disperazione. In sostanza il pezzo teatrale
dal titolo “Caivano dreamin”, scritto da Fulvio Sacco ed
indirizzato da Armando Pirozzi, interpretato da Cristian Giroso e
dallo stesso Fulvio Sacco, vuole aiutare ad alimentare il sogno tra giovani,
anche in un periodo così poco rassicurante per i più, realizzarlo si può e
tentare è già successo, anche se non è così semplice, tant’è vero che lo
spettacolo va avanti attraverso le peripezie a cui sono sottoposti i due.
La scena è scarna,
ristretta da un muro basso e sbilenco che dà i contorni all’azione teatrale, un
solo orpello, un wc di colore marrone chiaro. I due Caivanesi si trovano
imprigionati senza sapere il perché, ad Ellis Island sono stati fermati e
portati in galera sprovvisti di notizie che ne forniscano le ragioni. Tentano,
congetture, una, sono italiani, due, non parlano la lingua, tre, ecco non sanno
proprio a che pensare. Una cosa la
fanno, però, si presentano, si ritrovano paesani, si riconoscono anche con gli
stessi soprannomi e decidono di non abbattersi, sicuri come sono, di non aver
fatto nulla di male. Intanto i giorni passano, le settimane, addirittura i mesi
e la loro galera è sempre più un mistero.
Sulle bottiglie di anice
trasportate nella valigia, per aprire il mercato in terra americana, Carmine
Gambardella ha raffigurato di proprio pugno, perché la sua passione è il disegno,
un topo. A Caivano lo hanno deriso, per questa strana raffigurazione e allo
sgorbio hanno dato il nome di mostro, di conseguenza cosi anche il suo
soprannome. Il Topolino non era affatto brutto, anzi aveva sembianze umane per
via dei pantaloncini indossati e lo sguardo umano, ma tant’è, Caivano era
l’oscura provincia e lui ha sognato in grande. Il racconto prende una via
immaginaria, anche divertente, affidata ai rumori che si sentono attraverso le
pareti del carcere. Sarebbero topi che trasmettono e riportano scritti, proprio
dalla prima lettera che l’altro, Michele Sorice, l’attore, ha scritto
alla sua amata attrice, sul manifesto di Gambardella. Per essere liberi alfine
i due apprendono che basta pagare una cauzione cospicua che loro non hanno e
non sanno a chi cercarla, essendo venuti in America, proprio per cambiare vita
e dare una svolta all’esistenza miseranda del paese, quando in America è il proibizionismo
a fare da padrone. Non hanno speranza, pensano anche ad un duello tra di loro,
per porre fine all’episodio più triste della loro vita.
Prima dell’atto estremo,
però, si abbandonano ai ricordi, alla vita semplice di Caivano, alla giornata
domenicale, a quando usciti dalla messa guardano con compiacimento le ragazze, alle
persone che passeggiano ed a quelli che si avviano verso casa con il cartoccio
delle paste per la solennità della giornata festiva. Un poetico ed emozionale
ricordo buttato là con semplicità ed affezione e condiviso con il pubblico che
ha apprezzato.
“Se puoi sognarlo devi
farlo” ed eccoli liberi proprio grazie a quel sogno, la
cauzione viene pagata da chi si è appropriato di quello sgorbio, Walt Disney e
ne ha fatto il simbolo del successo dei suoi cartoni animati: Mickey Mouse, per
l’appunto.
A Michele Sorice ed a
Carmine Gambardella del sogno non resterà che la libertà, un dono inestimabile,
che è tante volte meglio!
PS:
Una leggenda racconta che una nota distilleria locale, per intenderci di
Caivano, avesse come marchio il famoso topolino adottato da Walt Disney per cui
Mickey Mouse ha origini nostrane.
E così si chiude il
cerchio “Se puoi sognarlo devi farlo”. Grazie Fulvio Sacco!
Il Duomo di Salerno viene fondato per volontà di Roberto il Guiscardo a partire dal 1076, anno della conquista della città di Salerno da parte dei Normanni, dopo un assedio durato sette mesi.
La chiesa è dedicata a S. Matteo Evangelista e sorge presso la sepoltura del santo, su un’area precedentemente occupata dalle chiese di S. Maria degli Angeli e S. Giovanni Battista.
Il Campanile, alto 52 metri circa, avente una base di 10 metri per lato, innalzato alla metà del XII secolo per volontà di Guglielmo da Ravenna, arcivescovo in città, si articola in quattro ordini di bifore, mentre il tiburio a cupola è decorato da archetti intrecciati su colonnine di granito.
In stile romanico, risalente al secolo XI, fu consacrata dal papa Gregorio VII, il cui sepolcro è conservato all’interno. Vi si accede tramite una scalinata che conduce ad una porta “protetta” ai lati dalle sculture di un leone e una leonessa. L’atrio possiede un caratteristico porticato dove fanno bella mostra 28 colonne di spoglio, recuperate dagli antichi edifici romani, e dove spiccano decorazioni e strutture che richiamano motivi normanni e arabi. Addossati alle pareti sono sistemati molti sarcofagi di epoca romana. Ben visibile svetta il campanile, risalente al XII secolo.
Il cuore della cattedrale è senz’altro la cripta, dove nel 1081 furono deposte le reliquie di san Matteo e dei Santi Martiri Salernitani, mentre nell’adiacente cappella San Lazzaro è ospitato il presepe artistico del Maestro Mario Carotenuto.
'...Sono un pittore figurativo, realista, un po' nostalgico, non catalogabile in nessuna scuola. Sono un cane sciolto, senza padroni,..'
nato a Tramonti (Sa) nel 1922 e morto nel 2017.
Nel Duomo di San Matteo è sepolto San Matteo Apostolo ed Evangelista, patrono della città, insieme ai resti dei Santi Martiri Salernitani Fortunato, Gaio, Ante e Felice, e alle reliquie dei Santi Confessori. La tomba di San Matteo si trova nella cripta, sotto un altare, ed è un luogo di grande venerazione, parte integrante della cattedrale fin dal Medioevo.
Sulla tomba di san Matteo, seminterrata, troneggia una statua bronzea e bifronte del medesimo, opera del 1605 dello scultore Michelangelo Naccherino.
San Matteo ha protetto, più volte durante i secoli, la città che lo venera. Nel 1544, secondo la tradizione, il Santo Patrono salvò Salerno dalla distruzione, costringendo alla fuga i pirati Saraceni capeggiati da Ariadeno Barbarossa .
E' sepolto nella cattedrale Gregorio VII, nato Ildebrando di Soana (Soana, 1015 circa – Salerno, 25 maggio 1085), 157º papa della Chiesa cattolica dal 22 aprile 1073.
Fu una personalità molto importante nella storia del Medioevo e apportò sostanziali riforme alla Chiesa. Affermò la superiorità del papato sul potere temporale, entrando in aperto conflitto con i sovrani del tempo, in particolare con l'imperatore di Germania Enrico IV, su cui cadde la sua scomunica
PERCORSO DELLA PROCESSIONE
ALLE 18,00 la processione percorrerà: Via Duomo, Via dei Mercanti, Corso Vittorio Emanuele, Via Velia, Via San Benedetto, Via Giovanni Cuomo, Via dei Principati, Via Cilento, Corso Garibaldi, Via Roma fino al Teatro Verdi, Via Porta Catena, Largo Campo, Via da Procida, Via dei Mercanti, incrocio via duomo e risalita verso la Cattedrale
Una lodevole serata,
quella del 23 Agosto 2025 a Camera Chiara, per i due eventi riuniti,
poesia e fotografia, o forse uno solo con diversa sfaccettatura. Sta di fatto
che i numerosi presenti si sono trovati accolti da 9 fotografie, finemente
incorniciate in bianco e dove tutta la bravura dell’ospitante Pietro
Cerzosimo ha marcato il segno. Figlio d’arte, suo padre Armando è
noto per i suoi nobili scatti e per la sua costante ricerca su se stesso,
Pietro ne ricalca le orme, rivestendole di quel giovanile che tanto ci piace.
Pietro con la modestia che gli deriva da chi sa che il ricercare e il
migliorare il talento, dura tutta la vita, ma potrebbe anche non farlo, ha
presentato con intime parole ed un linguaggio schietto, le sue creature. L’anima
di questo giovanotto, dall’eleganza disinvolta e dall’affettività protesa,
verso chi si è soffermato ad interiorizzare il suo visibile, ci è venuta
incontro ed è stata la sensazione più piacevole della serata. E così Sognante
e sognare si può, se sopra di noi staziona il cielo azzurro del “Postale”,
un luogo di fascino incredibile di proprietà Cerzosimo.
Accorpato, l’evento
poetico di Carla Combatti da Vicenza
La poetessa ha presentato
la sua ultima fatica dal titolo: “Femminili frangenti”.
“… Frangenti sono i
flutti da cui si può essere sommerse, ma anche le contingenze in cui si trova a
vivere, contingenze che accomunano gran parte delle donne, nel mondo presente e
nella loro storia. L’attenzione di Carla Combatti è rivolta ai sentimenti che
ha vissuto e che spesso le donne vivono. Operazione non lieve, certamente
disincantata e tuttavia capace di costruire un’atmosfera lirica che scuote e
commuove. È una poesia che ci avvolge in un manto di velluto anche quando
esprime la tristezza, il vuoto della perdita, la solitudine in cui ci lascia un
amore impossibile. Queste poesie ci regalano momenti di grazia, fatti di parole
precisissime nella loro intensità, e di un’armonia del verso che è rara da
trovare.» (dall’Introduzione di Paola Corponi)
Letti, con enfasi in più,
da Rachele De Prisco, i lemmi delle donne provate dalla storia, invadono
l’interno di Camera Chiara, l’antico spazio del centro storico e che
nome gli deriva da chi, come Armando prima e Pietro in seguito,
di Roland Barthes ne hanno masticato a dismisura. La recitazione avviluppa e
sparge attenzione per essere ascoltata, quando non risulta troppo sommessa per
bucare le antiche mura e così agli euritmici versi, si riconoscono brani di Einaudi,
Chopin, l’adagio di Benedetto Marcello e l’Intermezzo dalla Cavalleria
Rusticana di Pietro Mascagni. Un pratico ripasso, per accumunare le
disgrazie passate e presenti delle donne e ci si augura non del futuro, è stato
porto con disarmante innocenza dalla prof.ssa Esmeralda Ferrara, per cui figure,
mai dimenticate, tratte dall’Iliade di Omero, come Briseide, Criseide,
Andromaca e la stessa Elena, hanno aleggiato su di noi, riportandoci a momenti scolastici
della prima alfabetizzazione, senza il reale bisogno, ma per rafforzare il
momento poetico.
E le foto di Pietro? Un
dolce incanto sognante dal quale ci allontaniamo conservandone il ricordo.
Un grazie sentito ai due
artisti per averci elevati nell’empireo del bello senza la distinzione del
tratto fotografico e della parola scritta.
Maria Serritiello
Pietro Cerzosimo
E’ la
storia che continua. Diplomato all’Istituto d’Arte Filiberto Menna di Salerno,
è Creator digitale e parte integrante della filiera di lavoro dello studio
fotografico di famiglia con diverse mansioni quali: la gestione delle
apparecchiature tecniche, software e hardware, post produzione delle immagini,
montaggio e post produzione di video filmati realizzati dallo studio. Nasce a
Salerno e lavora a Bellizzi.
Lo studio di cui si
occupa, negli anni ha mantenuto una solida reputazione per la qualità,
l'affidabilità e la cura artigianale in ogni scatto. Pietro unitamente al
fratello Nicola ha portato avanti la tradizione, unendo l’esperienza di Armando
Cerzosimo alle tecnologie e alle tecniche più moderne.
Oggi, lo Studio Cerzosimo
continua a raccontare le storie ricordevoli attraverso immagini che durano nel
tempo, rimanendo fedeli a una tradizione di eccellenza verso i propri clienti.
Carla Combatti
Carla Combatti è nata nel
1961
a Vicenza, dove risiede e lavora presso la civica Biblioteca Bertoliana. Ha
partecipato a numerosi premi di poesia, conseguendo vari riconoscimenti:
l’esito più significativo è del 1994, quando si è qualificata nella Sezione
Inediti Italiani del Premio Internazionale “Eugenio Montale”, con la silloge
Veli, poi confluita nella raccolta Canzoni per via, suo primo libro di poesia,
edito nel 2001 dal Poligrafo.
Ha partecipato a varie
iniziative tra cui la “Giornata Mondiale della Poesia” 2003 a Rovereto e il
“Bosco dei Poeti” a Dolcé (Vr) nelle edizioni 2003 e 2004. Nel 2005 è stata tra
le socie fondatrici dell’Associazione “L’ape e il trifoglio”, associazione che
si propone lo studio e l’analisi della poesia moderna e contemporanea,
mantenendo contatti in ambito scolastico e universitario. Nel marzo del 2006
l’Associazione L’ape e il trifogliosi è fatta promotrice dell’evento culturale
Giornata Mondiale della Poesia 2006 per la città di Vicenza, che ha visto la
partecipazione di poeti di fama nazionale quali Fernando Bandini, Annamaria
Carpi, Jolanda Insana, Franco Loi.
Le sue più recenti
riflessioni l’hanno spinta ad interessarsi delle tematiche femminili e, in
particolare, della figura poliedrica e dei molteplici ruoli della donna di
oggi. Alcuni aspetti di questo vasto tema e l’esperienza personale hanno
portato l’autrice a considerare la fatica della donna contemporanea nel
sostenere la duplicità del ruolo di lavoratrice e di casalinga.
Camera Chiara
Nel cuore del centro
storico di Salerno, tra vicoli ricchi di storia e scorci
affascinanti, si trova la Galleria Fotografica Cerzosimo, un luogo che si
propone come punto d’incontro per cultura, arte e creatività. Ideata per
accogliere eventi di diversa natura, la galleria rappresenta una soluzione
ideale per chi cerca uno spazio unico e professionale per presentazioni di
libri, mostre fotografiche, workshop e incontri tematici.
Una location strategica:
situata in via Giovanni da Procida 9, nel cuore di Salerno, la galleria è
facilmente raggiungibile e ben inserita nel contesto culturale della città.
Un luogo che valorizza
l’arte e la cultura
Organizzare un evento
significa non solo scegliere un luogo fisico, ma anche definire
un’atmosfera capace di esaltare il contenuto dell’iniziativa. La Galleria
Fotografica Cerzosimo offre uno spazio elegante e versatile, che si adatta a
ogni tipo di esigenza.
Le caratteristiche
principali dello spazio
Un design unico:
l’attenzione ai dettagli nell’allestimento degli spazi crea un ambiente
accogliente e stimolante per ogni tipo di pubblico.
Spazi flessibili: la
galleria è concepita per accogliere eventi di diversa natura,
dalla presentazione di libri alle mostre, fino a workshop e laboratori
creativi.
A Edda piace il mare,
m’immalinconisce usare il passato, ora che l’ha rinchiuso dentro di sé, per
sempre. L’acqua salata preferita era quella di Cetara, suo nativo borgo e nulla
aveva a che fare con quella di Palinuro, sia pure amata, ma diversa. Alta più
di ogni altra, con gli occhi fissi sull’orizzonte e l’imponente camminata, da
ragazza si spingeva verso la spiaggia con il desiderio di andare via, per
apprezzarne il ritorno. E così, terminati gli studi fu vincitrice di concorso,
una delle più giovani d’Italia, ad espletare la funzione di Economa nei Convitti
Nazionali e la sede assegnata fu: Firenze. Un’esperienza formativa e
professionale unica, continuata con lode nel prestigioso “Convitto Nazionale Torquato
Tasso” di Salerno, in via Abate Conforti, fino al raggiungimento della
pensione.
Questa sua passione di
sistemare le carte ordinatamente, l’ha portata avanti per circa trent’anni
anche nel “Caffè dell’Artista”, l’Associazione Culturale per eccellenza della
nostra città. Nel manifesto di annuncio della perdita, ha detto di Lei, tra
l’altro, la Presidente Florinda Battiloro “Cara Edda sei stata una valida
fondatrice dell’Associazione Culturale che ci ha permesso di spaziare in un
mondo fatto di arte, di poesia e di scienze, un punto di riferimento per tutte
noi.”
Notevole era la sua
capacità di cogliere il lato ironico nelle situazioni più disparate e connotare
le persone attraverso un lato caratteristico della propria natura. Una donna
intelligente, Edda, desiderosa di aggiornarsi e di stare al passo con i tempi, decisa,
eppure tanto intimidita nel mostrare le sue capacità creative. I suoi racconti,
scritti su mio invito, sono un condensato di scoppiettante allegria e
graffiante sarcasmo, una piacevole lettura da recuperare. Quante risate
assieme, cara Edda, il senso dell’amicizia tra noi era un potenziale che ci
faceva essere complici esclusive, bastava un certo linguaggio, un’occhiata
particolare e l’intesa era perfetta. Fisso nella mia memoria è un vivo ricordo,
che ci riporta al tuo mare, improvvisa la decisione di fuga verso la spiaggia
che ti era cara ed ecco un bagno rubato, come adolescenti, io che mantengo
l’asciugamano a te e tu a me, per il cambio del costume, senza vergogna, erano
saltati gli schemi, per qualche ora siamo ritornate a sorridere e a farla in
barba alla vita. Non lo dimenticherò mai! L’ ultima volta che ti ho visto in
salute è stato l’autunno scorso assiema a Flora per dare vita al tuo desiderio di
Cetara e di gelato a Marina di Vietri.
Edda cara, sei stata
sempre pronta ed accogliente per tutta la numerosa famiglia di origine,
amorevole per quella creata con l’unico uomo di una vita intera, tenera con i tuoi
adorati nipoti e mamma ammirevole di Stefano ed Irene. L’amore per i figli è
stata la forza in più che ti ha sostenuta sempre. E così, sei andata via in un giorno d’estate,
con ancora il calore del sole sulla pelle e l’azzurro dei tuoi occhi, specchio
di quel mare tanto amato, sei andata solamente oltre ma senza lasciarci mai!
Ciao Edda cara, la tua
amica che mai avrebbe voluto scriverti il pensato di oggi!
Il 3 maggio scorso a
Pompei, una serata di musica lirica, ad ingresso libero, di
gran fascino e di magica suggestione, nel rappresentare “Tosca”, musica
di Giacomo Puccini, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dal dramma
di Victorien Sardou. Il teatro,Di Costanzo-Mattiello,
fu realizzato negli anni Venti, secondo lo stile liberty in voga in quel
periodo, ha una capienza di 394 posti, di cui 387 in platea e 107 in galleria, tutti
occupati per la gran soirée. In effetti la Tosca richiama sempre il grande
pubblico per la tragica storia d’amore rappresentata e che si consuma con
soavità tra la musica che l’accompagna. L’ampia selezione in forma scenica ha
dato modo di muovere sul palcoscenico, di 120 metri quadrati, la coreografica
processione del Te Deum, espressa compitamente da tutto il coro filarmonico
Jubilato Deo, diretto magistralmente dal Maestro Giuseppe Polese. La
produzione e la direzione artistica di questo capolavoro della serata è opera di
Eugenio Paolantonio, con il Patrocinio ed il sostegno della città di Pompei
e dell’associazione culturale Temistocle Marzano. L’orchestra
“Temistocle Marzano” diretta dal giovane e talentuoso Maestro Nicola
Polese, come nelle migliori tradizioni musicali ha preso posto nella parte
sottostante del palco e forse non è stata una buona idea per l’esiguità dello
spazio e per la mancanza della buca d’orchestra, utile ad inglobare la musica equilibrando
perfettamente le note ed il canto. Una sottigliezza superata abbondantemente
dalla bravura di tutti i componenti musicali e canori
Ed iniziamo a seguire
l’opera introdotta gentilmente dalla chiara sintesi della narratrice, tale da
seguire in modo partecipativo all’opera in tre atti, di cui il primo ha luogo a
Roma di martedì del 17 giugno 1800 e si svolge nella basilica di Sant'Andrea
della Valle, il secondo a Palazzo Farnese e il terzo su una terrazza di Castel
Sant'Angelo.
La cantante Floria Tosca,
amante del pittore liberale Mario Cavaradossi, è corteggiata dal
ministro della polizia pontificia Scarpia. Questi imprigiona il pittore e
ricatta Tosca: se la donna non si concederà a lui, Cavaradossi sarà fucilato.
Tosca si fa dare il salvacondotto da Scarpia, non sapendo che il suo amore è
stato realmente fucilato e poi lo uccide. Tosca capito che, alla fine, non ha
scampo, si getta giù da Castel Sant’Angelo.
Recondita Armonia, E
lucean le stelle, Vissi d’arte le romanze più belle di
tutta l’opera, che i cantanti: il tenore Davide Battiniello a turno con
la soprano: Martina Sannino, hanno interpretato con sublime trasporto,
creando emozioni nel pubblico rapito dall’ascolto.
Voce possente, i do di
petto si sprecano e l’interpretazione sicura fanno del tenore Davide
Battiniello un jolly sicuro, un professionista serio, un interprete eccezionale.
Così si dica anche del soprano Martina Sannino, la sua voce uno
scoppiettio di trilli eccezionali, note espresse per restare nel cuore, per un
po’. Accanto ai due principali interpreti, con sicurezza e bravura nei loro
rispettivi ruoli, Maurizio Esposito, Davide Sabatino, Luciano Lualdi,
Vicenzo Mazza a completare la riuscita del prodotto musicale.
Gli applausi a profusione
e continuativi sono stati la dimostrazione che ognuno, nel proprio ruolo, ha
interpretato con diligenza e massima professionalità l’opera romantica del Maestro
Puccini. Il bel canto italiano è stato, sì ben rappresentato nel massino
cittadino di Pompei.
Il nome, Temistocle
Marzano, è stato dato all’ orchestra, in onore del compositore nativo di
Procida (2 gennaio 1821), ma salernitano di adozione, sconosciuto ai più
Eugenio Paolantonio,
Presidente dell’Associazione Culturale “Temistocle Marzano”, a
fine serata, visibilmente commosso nel ringraziare tutti della viva
partecipazione, ha affermato che allestire uno spettacolo del genere, per altro
gratis, è stato un vero miracolo. Poteva essere diversamente Presidente,
trovandoci a Pompei?
Fino al 16 maggio c.a.
è possibile visitare la mostra “Là dove Il sentiero si perde” dell’artista
Maria Elisabetta Novello presso la Galleria di Paola Verrengia di
Salerno, curata da Renata Caragliano e Stella Cervasio. Una
bella unione di donne, 4 di numero, volte a creare bellezza ed efficienza
espositiva. Nella lucida e trasparente galleria, per il vetro che l’avvolge, il
luogo è il sicuro porto per i quadri materici, dell’artista vicentina che
assembla con cura certosina e che vive e lavora a Gonars, in provincia di
Udine. Cenere, carbone, polvere sono i
materiali che l’artista manipola, conservando tracce del reale e trasformandosi
in teche di plexiglass, nelle quali stipa la polvere del Vesuvio, mescolata a
petali di ginestra, il fiore caro a Giacomo Leopardi per la sua umiltà, coraggio
e resistenza al contesto arido e deserto.
Le opere di Elisabetta
Novello, presenti in galleria, perciò, danno nuova vita alla natura arida
del Vesuvio, dove in perlustrazioni performative ha raccolto terra e cenere,
quest’ultima come simbolo di memoria e trasformazione e come ultimo residuo
della combustione del legno che rappresenta sia la fine che l’inizio di nuove
forme e significati. Aver usato la cenere del Vesuvio, poi, offre alle sue
opere un significato più intenso e locale.
Una gigantografia in
bianco e nero, nel fondo della galleria, con l’immagine della ginestra, irta
tra i cigli del Vesuvio chiude quest’esposizione a palcoscenico, dove il
visitatore è fruitore, è protagonista, è in simbiosi con l’artista.
La mostra è accompagnata,
inoltre, dallo scritto di Renata Caragliano e Stella Cervasio dal titolo
“Là dove il sentiero si perde” che richiama l’idea di un percorso discosto,
nell’ignoto ma anche nella dimensione della propria anima.
La Galleria Verrengia
La galleria Paola
Verrengia in Via Fieravecchia, 34- Salerno è stata fondata nel
1993. Fin dal principio si è focalizzata sull’arte contemporanea,
promuovendo opere di artisti giovani ed affermati in vari campi come pittura,
scultura, fotografia e video. Hanno presentato mostre di artisti celebri come Alighiero
Boetti e Gianni Asdrubali e nel tempo hanno collaborato anche con
importanti istituzioni e musei.
Papa Francesco, nato Jorge Mario Bergoglio è, dal 13 marzo 2013, il 266º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 8º sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primate d'Italia, oltre agli altri titoli propri del romano pontefice.