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martedì 4 luglio 2017

"Sai che giorno è oggi?" mi chiedeva mio padre ogni 4 luglio



di Maria Serritiello

Invariabilmente mio padre alle 6 del mattino, nonostante la scuola fosse finita da 4 giorni, per le vacanze estive, portandomi il caffè a letto, (grazie!) mi chiedeva a mo’ di professore, in questo giorno, il 4 luglio, sperando che sbagliassi la risposta. “Mariosi,( nomignolo affettivo), sai che giorno è oggi?” “Certo che lo so, è l’anniversario del tuo matrimonio” gli rispondevo pronta, e prima che potessi capire se avesse preferito che lo dimenticassi, per attaccare un rimprovero o era contento di avere una figlia attenta alle le sue date, mi rispondeva con melanconica dolcezza di chi non aveva visto invecchiare il suo amore della la vita dicendomi “Com’era bellina tua madre, un fiorellin del prato, quel giorno a Fiume del 1943”. E allontanandosi dalla mia stanza, cominciava a cantare la canzone che gliela ricordava.”…”Fiorellin del prato/, messager d’amore/ bacia la bocca che non ho mai baciato/ fiorellin del prato/non mi dir di no La pudicizia di allora non si scostava dalla canzone di Panzeri e Mascheroni. Mio padre, per raggiungere mia madre, che dopo essere nata a Casalnuovo di Napoli, si era trasferita con la sua famiglia a Fiume, attraversava tutta la penisola con una tradotta, che impiegava tre giorni per raggiungere i confini di allora, come si studiava dal sussidiario. L’Italia va dal colle di Cadibona, fino alla città di Fiume, recitavamo per l’interrogazione di geografia. Ora si chiama Rijeka, non si parla più l’italiano, solo qualche nostalgica persona anziana e non appartiene più all’Italia di cui fece parte: Regno d'Italia dal 1924 al 1945, per poi passare alla Jugoslavia nel 1947 con il maresciallo Tito e quindi dal 1991 alla Croazia.

 Mi raccontava, e io mi divertivo un sacco, che dopo essere arrivato fin là, per  godersi la vicinanza dell'amata, raccolti in salotto, sul divano imbottito e ricoperto con stoffa operata verde, in mezzo a loro piombava Lulù, il cane non di razza, amatissimo da mia madre, che mal sopportava la sua vicinanza alla sua padrona, scelta come tale, anche se la famiglia si assommava a 10 persone. Ringhiava ed abbaiava e non c'era verso di ammansirlo. Credo, senza tema di sbagliare che il suo odio per i cani venga da lì e per tutto il tempo che è vissuto, il mio primo cane Lolita, una bastardina molto simile a Lulù, vissuto 18 anni,  dopo aver superato la guerra ed il trasferimento a Salerno dei miei nonni, zii e cugini, come profughi giuliani, l'ha sempre chiamata con noncuranza "A cana".

Tutta la mia famiglia, da parte di madre, siamo restati legati alla città di Fiume. Io ci sono stata varie volte ed è come me la descriveva mia madre, bella, mitteleuropea, vivace, effervescente sia nell'ora dell’aperitivo che al tramonto. Sono felice quando mi reco a Fiume, visito il Duomo dove si è sposata, cerco dove abitava, la Via Mameli, vado dove andava a passeggiare, con nonna Carmela, nonno Alfredo, ma da tutti chiamato Luigi, e mio padre,  ad Abbazia, ora Opatija. Vado, ogni volta, a respirare la felicità di mia madre, la sua giovinezza e la sua allegria degli anni più belli vissuti, eppure era 1943 e c’era la guerra!

I miei genitori se ne sono accorti quando al ritorno da Fiume per Salerno, durante il viaggio di nozze: Venezia, Firenze, Rimini, giunsero a Napoli, linee interrotte, nessun mezzo per arrivare a Salerno. Mia madre aveva i tacchi ed indossava l’abito da viaggio, era una bella e giovane signora elegante, mi raccontava mio padre, che non potendone più dei tacchi alti che le impedivano la camminata, si tolse le scarpe e calzò, tirandole fuori dalla valigia, un paio di pantofoline comode di colore rosa, adorne di piume, come usava allora, (come le somiglio, i tacchi mi hanno sempre impicciata, oltre ai vestiti stretti!) Mio padre continuava il racconto dicendo che per fortuna trovarono una macchina, una berlina con lo staffone esteriore, che doveva raggiungere Vietri sul Mare, ma non avevano posto, la macchina era già al completo. Fu forse la delusione della giovane sposa o forse l’insistenza di mio padre che si decise, chiedendo il permesso allo sposo , che mia madre viaggiasse seduta sulle ginocchia di uno dei viaggiatori e mio padre all'esterno, sullo staffone della berlina, non certo un viaggio comodo per entrambi, ma come avrebbe detto lui, ricordando la parlata dei suoi trent'anni passati, in seguito, a Firenze, come  tecnico specializzato per macchine industriali della ditta Enrico Longinotti " Stai a guardare il capello". Arrivati a Vietri, intravidero una Salerno deserta e devastata dalla guerra, lo sbarco sulle coste, l' Operazione Avalanche, l’aveva messa a dura prova. Ai giovani sposini toccò, arrivare a piedi in via Nizza, nei pressi dello stadio Vestuti, ma il palazzo Serritiello, dove vivevano tutti i fratelli di nonno Francesco, con la sua e le rispettive famiglie, era vuoto e bombardato. Nonna Maria e, Nonno Francesco e gli altri del clan erano sfollati a Brignano, per cui la marcia continuò. Quando arrivarono, furono accolti con gioiosa festosità, in effetti mio padre era andato da solo a sposarsi a Fiume, nessuno dei parenti riuscì mai ad arrivare per la funzione, l’Italia era divisa in due. Sicché tra spari bombardamenti, mine, fucilate e tedeschi in ritirata, la nonna Maria, le figlie Modesta e Rosaria, i fratelli Mario ed Antonio, gli altri due Alberto e Giuseppe erano al fronte, con tutte le zie e cugine, avevano preparato la stanza degli sposi, con qualche leccornia che avevano rimediato, non so come. Ricordo le parole di mia zia Rosaria, della cugina Lucia, di tutte le giovanette della famiglia e del vicinato, tra cui: Ninina e Melina, sfollate a Brignano, appena m’incontravano mi dicevano “ Quando tua madre si svegliò il giorno dopo, indossando la vestaglia lucida di raso celeste a fiori rosa, uguali allo stemma del  giglio fiorentino e le pantofole piumate, a noi tutte  sembrò una fata. Che visione avemmo, in mezzo al buio della guerra.”

Mio padre perse l’amore della sua vita il 7 agosto 1961, troppo presto e da quella volta fino alla sua morte, nel 2004 non vi è stato giorno in cui non sia andato al cimitero. Mia madre Bianca è stata molto amata. Mio padre non si è mai più risposato, rimanendole fedele.

Una bella storia da raccontare in questo giorno, per ricordarla ai miei tre nipoti, ora che il padre non c’è più.

Maria Serritiello









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