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giovedì 29 ottobre 2015

Peppe Barra in concerto ai “Barbuti” di Salerno per i trent’anni del Teatro

fonte:www.lapilli.eu
25Agosto 2015
di Maria Serritiello
LAPILLI peppe barra

Così scrive Peppe Barra, su di un lato di cartoncino azzurro, sull’altro la sua immagine a mezzo busto, in omaggio al pubblico, accorso al suo concerto, per i 30 anni del Teatro dei Barbuti di Salerno.

“…c’è voluto l’amore di Peppe Natella per dare vita ad un fenomeno culturale durato trent’anni. Era un lontano agosto del 1983 quando fu inaugurato appunto il Teatro dei Barbuti che ha funzionato e continua a rappresentarsi come punto di riferimento importante di una città attenta alla cultura come Salerno…”
E dopo il dovuto riconoscimento per chi si è prodigato e lo fa tutt’ora a che il Teatro dei Barbuti, detto così dalla zona longobarda del centro storico della città, vada avanti, anche senza aiuti se non quelli e solamente dell’Amministrazione Comunale, l’aedo Barra si rivolge ai giovani
 “…vedere questo brutto sole nero che calcifica le menti e l’anima di parecchi giovani è il peggiore dei supplizi; è triste vedere piccoli e stupidi icari volare nel cielo della banalità e del cattivo gusto… Concludo augurando ai giovani che l’esempio del Teatro dei Barbuti possa insegnare che la bellezza esiste soltanto quando una bellezza interiore ed il lavoro la esorcizzano e lottano contro la sua distruzione”
Ecco Peppe Barra, l’artista unico di un genere che tocca le corde più profonde, le popolari, ma raffinate e colte, per essere il tracciato di chi ci ha preceduto, cui la mia generazione (ndr) si è trovata a scoprire, ci rende, con il suo scritto, una lezione di stile e di laboriosità senza fine.
Il 22 agosto scorso la serata ai Babuti inizia con l’assegnazione del Premio Perrotta 2015 al Maestro Mario Carotenuto, un valore in assoluto tra gli artisti salernitani e tra quelli nazionali, che lo stesso Peppe Barra, storico suo amico, premia, per continuare con il concerto dell’artista procidano.  Lui sempre lo stesso, con gli anni che avanzano, 71 dichiarati, capo coperto, vestito color porpora, nel cambio poi nero, porta in scena con il suo corpo la musica, essendo egli stesso dentro ad essa. Il ritmo, arrangiato da cinque valenti musicisti, si propaga e la voce possente dai tanti registri di Peppe ghermisce benevolmente i presenti. In sequenza si ascoltano: Lu vasillo, di un anonimo dell’800 e Vasame di Enzo Gragnaniello, poi, in omaggio a Bob Marley, la sua (No Woman, No Cry) l’ha mutata in «No, nun chiaggnere chiù». Una versione, la sua, di grande impatto sia per l’incomparabile forza della voce che per la rabbia impressa nel canto. Divertente, invece, “la Pansé” di Rendine Pisano, maliziosamente divertente, come il racconto dell’innamoramento di una “cacatella e di uno strunz” ovvero “Idillio‘e’mmerda” di Ferdinando Russo. Si torna ad essere colmati di musica, di suoni gutturali, di voce estesa e tesa fino all’inverosimile con il “ Uallarino”, ovvero il tacchino, trasformazione tutta napoletana del’inglese “young turkey” ed ancora, un blues lento ed isterico lo “Shampoo” di Gaber, per essere trasportati nella poesia pura e nella malinconia più struggente con “Cammina, Cammina” di Pino Daniele, un suo personalissimo omaggio e un dono per chi lo ascolta, ma ecco che si siede, l’ha sempre fatta seduta ed anche questa volta, la “Tammurriata nera”, con musica di E .A. Mario e  testo di Edoardo Niccolardi. Quando il ritmo diventa frenetico e lui grida “Fuie Carmelì, fuie”, i brividi di quell’onta sulle donne si sente ancora nelle  carni. Questo è Peppe Barra capace di farci entrare, con le sue interpretazioni dal di dentro delle stesse emozioni che canta. Ci saluta con “Uocchie c’arragiunate” per ricordare l’insostituibile madre, Concetta Barra, il suo incipit di uomo e di artista.
Maria Serritiello
 
 

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