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martedì 5 febbraio 2013

Presentato al Teatro Antonio Ghirelli di Salerno "Chiove"

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Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Dal 24 al 27 gennaio, all' ex Salid di Salerno, ora Teatro "Antonio Ghirelli", in via Lungoirno, è andato in scena "Chiove", l'opera del  giovane drammaturgo catalano Pau Mirò, titolo originale "Plou a Barcellona", tradotta e rielaborata da Enrico Ianniello, con la  regia di Francesco Saponaro. L'interessante lavoro, affronta la realtà dei quartieri spagnoli di Napoli, come già nella versione originale, quella delle Rambles di Barcellona.
In scena e da subito si rilevano le tracce povere dei quartieri spagnoli: l'appartamento fatiscente e poco ordinato, l'arredo sommario e la musica neomelodica in perenne ascolto. Dei due giovani che vi abitano, s'intuisce la squallida vita, essi si parlano con un linguaggio imbastito di assurdi neologismi e di inflessioni sguaiate. A mantenere entrambi con il "mastiere" ci pensa Lali, belloccia, tozza e smaliziata, mentre Carlo, quasi sempre in canottiera sui pantaloni della tuta, tatuato in più parti del corpo, si limita a farle da protettore. Quando lei esce per incontrare  i clienti, lui si reclude in casa,  tagliuzzandosi il corpo con una lametta, ma a volte passa il tempo a riordinare, senza che intorno lo squallore sparisca. Lali, per lui, compra per strada  il cibo che non va oltre un  cisburghen al bacon, alle merendine e ai baci perugina. Un ménage il loro che vuole a tutti i costi apparire nella normalità, se non ci fosse di mezzo il mestiere dei due. Se  lei, di ritorno dai giri di lavoro, appare  nervosa, lui sollecito gli propone di andare al McDonald's, oppure da quello dirimpetto a mangiare il kebab. Lali acquista deodorante in offerta al supermercato con il quale si profuma e la cui fragranza Carlo trova buona, tanto da volerla usare. E' evidente che i due sono il modello perfetto di una società "crossover""che ne ha accavallato il modo di vivere e distrutto l'identità, a colpi  di tv trash e di social. A scompaginare, la loro infima vita, entrando a far parte del menage a troi,  è Davide, il cliente preferito, di professione  libraio, con la moglie malata gravemente, che degli incontri mercenari ne ha fatto il centro della sua esistenza. Chiama ripetutamente Lali al telefono per fissare gli incontri, la guida nei musei, le spiega i quadri, le regala libri e baci perugina, le parla di filosofia e di diversi scrittori, insomma, per lei è un  cliente speciale, quello che la fa sentire diversa, capace di potersi realizzare altrimenti, con un vero lavoro. Così tornando a casa parla confusamente  di scrittori, cita aforisma di cui non conosce il significato ma che ostinatamente spiega a Carlo, sempre più ignorante, sempre più perso nella nuova pelle di Lali, tanto che per starle dietro, legge a modo suo le frasi dei baci perugina che sbocconcella e che lei ossessivamente colleziona.
Un pezzo teatrale, nella versione napoletana, di forte impatto, dove l'aspirazione di normalità e riscatto sociale si confondono con l'amarezza del presente. "La realtà è un'altra cosa non ha niente a che fare con le frasi dei cioccolatini, niente a che vedere con la vita di tutti i giorni" le dice Carlo per dissuaderla o forse per consolarla ... chissà. Quei versi, però a Lali piacciono tanto, anche se non sa pronunciare in modo corretto gli autori. La ragazza si appiglia alla cultura spicciola, quella incartata nei bocconcini dolci, quasi a cancellare in fretta il suo squallido passato e consegnarsi pura al vagheggiamento amoroso che nutre per il suo cliente. Aforismi, frasi, libri, uno in particolare "L'isola del tesoro", che lei legge avidamente, infastidita perfino dal tirare su con la cannuccia di Carlo dal bicchiere, non l'elevano, né cambiano il tenore della vita, ma sarà il desiderio di riscatto, di sentirsi accettata e l'aspirazione di normalità a rendere meno patetico e squallido il personaggio, anzi i personaggi, Carlo e Davide compresi.
Ottima la versione napoletana e il riadattamento di Enrico Ianniello, come ottima è la regia di Francesco Saponaro e la capacità interpretativa dei tre attori: Chiara Baffi, Enrico Ianniello e Carmine Paternoster che hanno caratterizzato perfettamente i personaggi. Chiara Baffi è stata naturale nella recitazione così come nei movimenti ineleganti, nella risata sguaiata, nelle inflessioni dialettali, nelle parole volgari e nel connotare una figura popolare di nuova generazione che non appartiene a nessuna classe sociale.  E bravi anche Enrico Ianniello e Carmine Paternoster, spontanei, nel rappresentare con parole e atti, due uomini di infima qualità. Da sottolineare i suoni di sottofondo, ossia  le voci di Gigi D'alessio e Anna Tatangelo, mescolate a quelle della strada dei popolati  quartieri,  che giungono sino all'appartamento come il gabbiano che si sofferma sul davanzale della casa. L'iperrealismo dell'ambiente, infine, richiama alla mente, per somiglianza e comparazione, inevitabilmente al film "Intervallo" di Leonardo Di Costanzo, segno che questa parte di realtà, quasi ghettizzata,  non ci può e né deve essere sconosciuta. "Chiove", si, ma questa pioggia non è purificatrice, non cancella, perché la vita nei quartieri è così, sempre la stessa.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu



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