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venerdì 7 aprile 2023

I tuoi 70 anni, Antò e parte della nostra storia personale di Maria Serritiello



 

                                                                    Antonio a 16 mesi

di Maria Serritiello

Sarebbe stato un giorno di festa, oggi, per i tuoi 70 anni, ma tu, a 62 appena, te ne sei andato, lasciando il vuoto della festa. Io non mi arrendo a questa ingiusta perdita ed a modo mio ti farò giungere là dove sei il mio pensiero augurale. E ti racconto…

Io mi ricordo, Anto’, quando sei nato. Era un bel giorno d’aprile, caldo ed odoroso. Qualche giorno prima c’era stato un falso allarme, allora, nel 1953, si partoriva in casa ed io in piena notte fui fatta trasferire di fronte, in casa di nonna Maria. Non fui contenta di lasciare il mio letto, ho sempre avuto in odio non dormire tra le stesse coltri, questo vale ancora oggi, con l’aggiunta del bagno. A tal proposito mia madre era solita raccontare un episodio che rivelava, come io sia stata sempre legata al letto ed al bagno di casa. Finita la guerra, nonna Maria, la mamma di mio padre, molto devota, terziaria francescana, per ringraziamento organizzò un pellegrinaggio alla Madonna di Montevergine, per tutta la famiglia. Fu un viaggio lungo, tanto da pernottare in albergo, eppure non erano più di 30 km, ma tant’è c’era stata la guerra, i collegamenti non erano facili, così bisognava servirsi del treno, che giunto alla stazione di Ospedaletto d’Alpinolo, si fermava e da qui cominciava il tragitto a piedi per devozione, fino al santuario. La sosta in albergo, quindi, fu necessaria per riposare, riprendere le forze, e proseguire il giorno dopo. Fu per i miei genitori, quella, una nottata d’inferno, la piccola Maria prese un piccio, eppure era una bimba tranquilla, piangendo tutta la notte, perché voleva la sua culla per dormire ed il suo bucalino per fare la pipì. Non dormì, cocciuta e non versò una goccia di urina fino a quando non giunse a casa.

Quando arrivasti tu, per la seconda volta dovetti sloggiare dal letto e fu l’unica volta che dissi “ma questo fratellino comincia a dare fastidio” poi appena ti vidi mi entrasti nel cuore, non sarei più stata sola, avevo 9 anni e la condizione di figlia unica mi pesava, a quel tempo le famiglie erano numerose ed io bonariamente invidiavo chi avesse fratelli e sorelle.

Mia madre è stata la mia compagna di giochi e la mia compagna di banco in prima elementare. Staccarmi da Lei mi è stato sempre difficile, anche adesso a 60 anni dalla sua morte, la sua perdita la vivo come una menomazione del mio corpo.

Quando morì nostra madre, il 7 agosto, tu avevi solo 7 anni e fu così che diventasti immediatamente il fratello- figlio, fino a quando non te ne sei andato, la sera del 29 dicembre del 2016, lasciandomi in un dolore immane,

Averti cresciuto e crescere, anch’io insieme a te, ha creato un legame così particolare, tra noi due, che esserti sopravvissuta mi costringe ad una sofferenza uguale ad una madre che perde il proprio figlio. E così ti piango, ogni giorno, da 7 anni, con sempre tanta disperazione.

E mi tornano in mente tanti episodi, stralci di vita vissuta, tu il piccolino da educare, io la sorella maggiore da darti buon esempio. Eri un bravo bambino, ubbidiente, a 7 anni ti consegnai la chiave di casa, vivevamo da soli, nella casa di nonna Maria, papà lavorava a Firenze. La nostra casa si era chiusa e i mobili accantonati in una cantina. Di case, in seguito ne abbiamo avute, anche più d’una, ma non è mai stata la nostra, quella in via Fratelli del Mastro, un piccolo incanto, allora, uno spazio bucolico, non invaso dal cemento come lo è ora. Se provo a chiudere gli occhi ancora sento scorrere il torrente sotto le nostre finestre, il rumore della forgia del nonno nell’officina, poco più in là, il gallo che annunciava il giorno, il giardino di camomilla dove è fissato il mio primo giorno di scuola in uno scatto, fotografia che adesso non trovo per casa. Ci bastava affacciarci per annusare l’odore dei carciofi arrostiti che la Signora Giulietta, intervallando il lavoro con i suoi figli, raccoglieva metalli, ferro e stracci, preparava con cura sui carboni. Altra vita, inconcepibile da raccontare, eppure io e te l’abbiamo vissuta, con l’amore immenso di nostra madre a proteggerci, il più bel ricordo della nostra vita, certo anche quello di papà, fino ai suoi 86 anni. Quando Lei se ne è andata a soli 42 anni, per una somma di circostanze, siamo restati soli, senza che nessuno abbia pensato alla nostra età, la tua più che alla mia, i tuoi 7 anni e d’allora sei stato sempre affidato a me, fino al giorno che ti sei sposato.

Nessuno potrà capire, neppure i tuoi figli, che non vedo più, la quantità di cose che abbiamo vissute assieme. Ci dovevamo difendere da tutti, dietro le nostre spalle non c’era nessuno, così tu sei cresciuto in fretta, per essere pari a me, che di anni ne avevo 9 di più. A scuola ero io che venivo a colloquio con i professori, ti accompagnavo, ti giustificavo e ti seguivo nei compiti per il gruppo letterario, quello che ho poi insegnato, ma in matematica con gli astrusi problemi mai. Più tardi ti ho preparato agli esami di stato ed ho trepidato con te, per quella prova importante per il prosieguo della vita.

Abbiamo sempre camminato mano nella mano, Papà, partendo per Firenze, là è stato il suo lavoro per 30 anni, mi diceva “se si fa male tuo fratello, è colpa tua”. Per molto tempo, tornava a Salerno solo per Natale, Pasqua e Ferragosto. Ti ricordi Toto, quando andavi a comprare la deliziosa che dividevamo in due, da don Mario Marino, il pasticciere di fronte, lo zio di Nello, il tuo amico fraterno, cresciuto nella nostra casa, per farti avere compagnia, che non vedo più da 7 anni, quanti sono gli anni della tua scomparsa. E ti ricordi quante volte vi ho portato a mare, assieme a te c’era Peppe Marino, sua sorella Bimba, così veniva chiamata, né so il suo vero nome, Nello e sua sorella Maria. Una ragazza di 16 anni, io, che vi faceva da mamma, senza che si annoiasse, o che volesse avere una vita propria di adolescente, ma tant’è, felice, che il suo fratellino avesse compagnia e non si accorgesse di non avere una vera famiglia alle spalle.

Quando sono andata all’ Università e mi preparavo gli esami, ti pregavo di stare in casa per non crearmi ansia, così l’abitazione si riempiva dei tuoi tanti amici, non meno di 20, a giocare nella stanza in fondo, mentre nella mia camera, in compagnia di Lolita, la nostra prima cagnolina, vissuta con noi 18 anni, mi preparavo gli esami. Quando stanca, facevo l’intervallo per distrarmi, mi mettevo ai fornelli, vi preparavo due spaghetti o un dolce di mele, lo strudel che ti piaceva tanto. I tuoi amici, ancora se lo ricordano, si trovavano bene a casa nostra, accoglievamo tutti e tu non sei mai stato solo.

Con alcuni formasti il tuo primo complessino, tu alla chitarra, Enzo Mauro al basso e Mimmo Torre alla batteria, il debutto nel salotto di velluto rosso della casa della mia amica Gina Greco. E ti ricordi le partite di pallone nel nostro piccolo corridoio di via Ram, una seria sfida a chi faceva più goal. Il calcio una passione di mamma e papà, le tante domeniche pomeriggio con i risultati echeggianti per la casa “scusa Ameri, scusa Ameri e il quasi goal di Niccolò Carosio. D’allora in poi le partite ed i mondiali li abbiamo sempre visti insieme con le scorribande in strada, alle vittorie dell’Italia e della Salernitana. 

Il giovedì era un giorno bello per me, ma anche per te, andavamo a pranzo da zia Mariuccia, detta zizia, la sorella ultima di nonna Carmela, mamma di nostra madre, chiamata “nennella”. Le origini napoletane della famiglia della nonna e di nostra mamma si evincevano subito, sia per la parlata diversa da quella salernitana, a questa si aggiungeva quella fiumana, ma questa è un’altra storia, che alle buone cose che sapevano cucinare. Dicevo del giovedì, ebbene, ogni settimana in quel giorno, eravamo a pranzo in Via Velia, altra casa, scolpita nel cuore, dove ad accoglierci c’era la nostra pro zia Mariuccia, sua figlia Lina, suo marito Ninuccio ed i loro due figli, Vincenzo ed Antonella. Per tutti gli anni universitari, la sosta del giovedì fu l’unica pausa che mi scrollava dalle pesanti responsabilità, che pur tuttavia mi affliggevano.

Quanto mi piaceva in estate andare a mare, alle Marinelle e mangiare in spiaggia con te ed i cugini; il pranzo ce lo portava, bello e pronto, la buona Caterina, la persona di servizio, una stacca di donna in buona salute, che aiutava in casa.  Grazie alla prozia, almeno per un giorno della settimana mi ripigliavo la mia giovinezza, come sarebbe dovuta essere. Per Vincenzo, il futuro ed attuale Signor Sindaco di Salerno ed Antonella sua sorella, morta anch’ella anni addietro, noi eravamo Serpentato(tu) e Mafia (io), il perché, non lo so ma erano nomignoli di estrema affettuosità. Mi hai chiamata così anche tu, fino a quando non te ne sei andato, suscitando curiosità a chi ci ascoltava. Il mio nomignolo so da che deriva, cioè da un disco di Domenico Modugno, intitolata proprio Mafia, che un giorno ascoltammo insieme, sicché la parola avvicinandosi di più al mio nome di battesimo fu adottato

Ahahah ti ricordi, Toto, quando in via Platamone, in casa di zia Lina, per festeggiare l’ultimo dell’anno, di quale non ricordo, a noi 4 ci misero in disparte, la tavola dei ragazzi, dissero, intanto al nostro fianco maldestramente era stata depositata una cassetta di Tocai bianco, un vino friulano, niente male che serviva per tutti i commensali ma che incontrò il nostro innocente gusto. E’ inutile dire che parte delle bottiglie furono bevute da noi, rendendoci completamente alticci da stare male, ubriacammo perfino Lillo, il povero gatto che andava vomitando in ogni angolo della casa.

Il ricordo che ho di zia Lina, esattamente Anna Carmela, per cui solo pochi le facevano gli auguri a Sant’Anna, tra i quali io, veniva accolto con sorpresa da Lei, felice che mi fossi ricordata che il suo nome era Anna e non Carmela, è profumato, odoroso di Chanel numero 5. Infatti l’armadio a due luci nella casa di zia Lina, ragazza, aveva al centro un scomparto nel quale vi conservava i belletti e lo speciale profumo. Ogni volta che si apriva lo sportello, ne usciva un effluvio inebriante che non ho più dimenticato.

Oggi sul comò ho Chanel n°5 ed ogni volta che mi spuzzo l’essenza, la evoco come se mi stesse di fronte e sussurro “Zia Lina”. Tra i giocattoli, di me bambina, conservati nella mia casa di Ogliara, ho il suo bambolotto di nome Otello, è senza gambe, in compenso, però, ha gli occhi azzurri e capelli biondi. Ha più di cent’anni e quando me ne sarò andata non mi sopravvivrà, come tutto ciò che ho raccolto nel mio percorso di vita, a nessuno interesseranno gli oggetti, i libri, i dischi, la cristalleria, le foto, i calamitini, le palle di neve, i soldatini di legno, le scatole di latta e tanto altro.  

(Mi fermo qui, continuerò il  commentario più in là, consapevole che solo tu mi potrai ascoltare, ricordare e condividere...)

Per il tuo compleanno, l'amico di sempre, Franco Malinconico una persona dolce e sensibile, mi ha fatto trovare nella chat di wz un suo scritto per te 

[7/4, 07:01] Franco Malinconico: Lettera ad un caro amico, scritta col cuore affinché la possa leggere.

Un vero amico è amico per sempre...e tu per me sei un amico fraterno. Tanti anni siamo stati vicini, a divertirci, a confidarci, ad aiutarci a gioire e penare assieme.
Abbiamo condiviso il tempo libero della giovinezza, la pizzetta...la prima sigaretta, l'oratorio, i campi di calcio, le prime festicciole con le ragazze.... Come è naturale, la famiglia ed il lavoro ci ha un po' allontanato, ma solo fisicamente; il telefono e la cena mensile con gli amici, hanno fatto sì che non ci perdessimo mai e che ciascuno condividesse con l'altro i propri successi, le novità ed anche i dispiaceri. 
Ancora ti parlo, col cuore e sento mi rispondi col cuore.
Oggi ricorre il tuo giorno di nascita, ti abbraccio forte forte, virtualmente, così come facevamo col cellulare, e un giorno spero di riabbracciarti di persona. Chissà quanto avremo da raccontarci. 
Ciao amico fraterno, restiamo sempre vicino...ti voglio bene Antonio.
[7/4, 07:01] Franco Malinconico: Chi ti ha conosciuto, come me, nonu potrà mai dimenticarti.

Chi ti ha dimenticato è perché non ti ha mai conosciuto.


Gli amici di sempre, quando l'incontro, ti ricordano con grande commozione. Nessuno vuole e può dimenticarti, sei stato tanto per tutti

I nomi sono scritti nel tuo cuore e non li devo ripetere


Il tuo , il nostro amore per Kora


                                                Kora sei tu

 

             Kora sei tu,

la casa che torna,

centrini ricamati,

i fiori nel vaso

e  nei cassetti l’ordine aggiustato,

il fuoco sempre acceso,

il cibo che è già cotto

e l’odore sta in cucina.

Kora sei tu,

la semplice attesa di natale,

l’albero pesante al cioccolato,

le bambole e il libro

e il ballo sulle punte,

Kora sei tu,

la voce che canta,

la carta si trasforma,

il cinema che sogna

e della fiaba la magica lettura.

E poi, sei tu Kora,

un giorno di pioggia,

i vetri appannati,

 i piedi cotti,

nell’acqua bianca

di una bacinella smaltata,

le castagne lesse,

i broccoli affogati dal  calderone

e le mele raggrinzite dal calore,

lo strudel che di Fiume parlava,

il fratellino piccolo,

il padre girandolone,

i fuochi del patrono,

il letto caldo

e ciao mammina,

ti racconto la giornata. 

16-9-2005                        Maria Serritiello

 


Troppo 

Troppo di figlio,

troppo di fratello,

troppo di tutto, ,tu

nella mia vita.

E figlio e fratello

con troppo, a volte,

poi con troppo poco.

Sarai mai di troppo

sul mio cammino? 

maria serritiello


La Mostra delle sue foto






                  TANTI AUGURI AMORE DI FRATELLO



E' la tua voce a cantare



L'albero di Ulivo piantato in tuo ricordo

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