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domenica 6 novembre 2011

Morire a Genova




FABRIZIO DE ANDRE'

« Crêuza è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Crêuza fosse il veicolo per far penetrare agli occhi dei genovesi (e non solo nelle loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura. »
(Fabrizio De André in un'intervista.)





Creuza de ma


Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l'àse gh'é restou Diu
u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria
E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
gente de Lûgan facce da mandillä
qui che du luassu preferiscian l'ä
figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiàle senza u gundun

E a 'ste panse veue cose ghe daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin
çervelle de bae 'nt'u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi

E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä



MULATTIERA DI MARE

Ombre di facce facce di marinai
da dove venite dov'è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l'asino c'è rimasto Dio
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea
alla fontana dei colombi nella casa di pietra
E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell'Andrea che non è marinaio
gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l'ala
ragazze di famiglia, odore di buono
che puoi guardarle senza preservativo
E a queste pance vuote cosa gli darà
cose da bere, cose da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelli di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticcio in agrodolce di lepre di tegole
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d'acqua e di sale
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare


Crêuza de mä (il cui nome originale è Creuza de mä, 1984) è l'undicesimo album registrato in studio di Fabrizio De André. Il disco è interamente cantato in lingua ligure, in quanto essa vuole rappresentare la realtà del bacino del Mediterraneo: in questo senso, il ligure, lingua della Repubblica di Genova e tuttora lingua viva, è stato per molti secoli (approssimativamente dal Basso Medioevo fino al XVIII secolo) una delle principali lingue per quanto riguarda la navigazione e gli scambi commerciali.

Il disco è stato considerato da parte della critica una delle pietre miliari della musica degli anni ottanta e, in generale, della musica etnica tutta. David Byrne ha dichiarato alla rivista Rolling Stone che Creuza è uno dei dieci album più importanti della scena musicale internazionale degli anni ottanta e la rivista "Musica & Dischi" lo ha eletto migliore album degli anni ottanta.

Al centro dei testi vi sono i temi del mare e del viaggio, le passioni, anche forti, e la sofferenza altrettanto forte; questi temi vengono espressi anche sul piano musicale attraverso il ricorso a suoni e strumenti tipici dell'area mediterranea, nonché all'aggiunta di contributi audio registrati in ambienti portuali o marinareschi, come quello raccolto al mercato del pesce di Piazza Cavour a Genova. Il titolo dell'album e della canzone principale fa riferimento alla crêuza, termine che in genovese indica una stradina (simile ai celebri caruggi), spesso sterrata, delimitata da mura, che porta in piccoli borghi, sia marinareschi che dell'entroterra.

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