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martedì 24 agosto 2010

Salviamo Sakineh



In Iran una madre di 43 anni, Sakineh Mohammadi Ashtiani, è in carcere dal 2006 accusata di adulterio. Un vile e ipocrita tribunale islamico l’ha condannata alla pena di morte mediante lapidazione.
Sakineh fu condannata sulla base di una confessione che il suo avvocato Mohammad Mostafei denuncia essere stata estorta dopo una punizione di 99 frustate. È stata accusata di aver avuto rapporti con due uomini fuori dal matrimonio, ma suo marito era morto, e non è mai stato chiarito il tipo di rapporto avuto dalla donna
La pena di morte comminata con lapidazione è praticamente una tortura: la vittima deve essere sotterrata in modo da lasciar spuntare dal terreno solo la testa. Le pietre che le possono essere lanciate contro devono essere appuntite e taglienti, ma non talmente grandi da poterle infliggere immediatamente la morte.

LA SHARIA:
Una donna tradisce il marito. Il marito la denuncia al capo religioso. Il capo religioso, impugnando la legge coranica impone al magistrato di condannare a morte l’adultera. Il magistrato stila la sua sentenza: lapidazione.

Accade in molti paesi musulmani. È accaduto in Iran almeno sei volte negli ultimi due anni ma l’episodio più recente, che ha come vittima la quarantenne Sakineh Mohammadi Ashtiani è assolutamente incomprensibile poiché Sakinek il marito non lo ha più, è morto e lei è vedova. Vedova e ciò nonostante adultera, secondo la legge. In carcere dal 2006 le è già stata comminata la pena preliminare della fustigazione, 99 bastonate, in attesa di essere sepolta fino al mento nel cortile del carcere e bersagliata con sassi dai secondini oppure da volontari che si offrono

In soccorso di Sakineh si è mobilitata quasi intera la comunità internazionale (esclusi gli Stati islamici) che con appelli e petizioni ha messo in difficoltà il governo iraniano già per tanti versi tallonato dall’Onu e dall’Unione europea, costringendolo a sospendere la condanna «per ragioni umanitarie». Sospendere, non annullare. Amnesty International, che è la più attiva nel denunciare casi come questo, sostiene che Teheran gioca con le parole: Sakinek, sottratta alla lapidazione, potrebbe essere impiccata. Cambierebbe quindi soltanto il modo. Del resto non è cosa nuova che in Iran si commuti generosamente la pena della morte con i sassi e si passi al filo di ferro che taglia la gola (benchè i Guardiani della Rivoluzione sembra prediligano le impiccagioni con gru mobili: più rapide, più efficaci e più spettacolari

Ai tempi dello Scià non si lapidava e la pena era il carcere. L’arrivo sulla scena dell’ayatollah Khomeini riportò l’imperio della sharia, la legge divina, e con essa la lapidazione (però soltanto alla donna: l’uomo adultero era ed è punito con la fustigazione, raramente ucciso a sassate). In seguito si ebbe una fase di ripensamento e le lapidazioni furono sospese. Per riprendere su larga scala con l’elezione di Ahmadinejad, fedelissimo dei mullah: oggi, l’Iran in questo esecrabile campo vanta il primato dei paesi musulmani

SUL SITO DI REPUBBLICA.IT E' POSSIBILE FIRMARE L'APPELLO

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