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sabato 12 ottobre 2013

Al Giullare di Salerno “Gli altri fantasmi”di Maurizio de Giovanni e la regia di Brunella Caputo


Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Una prima nazionale “Gli altri fantasmi” di Maurizio de Giovanni e la regia di Brunella Caputo, per inaugurare, il 5 ottobre,  la stagione teatrale 2013-2014, al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno. Tutto esaurito per uno spettacolo che è il risultato del felice incontro di due forti personalità: il giallista di successo Maurizio de Giovanni  e Brunella Caputo, elegante ed accurata regista.


“Gli altri fantasmi” è un testo di non facile approccio, non precisamente teatrale, e si basa su personaggi che  sedimentano le loro esistenze là dove hanno svolto la vita, restandovi attaccati anche dopo morti. Il mistero irrompe appena inizia lo spettacolo: buio, nebbia, raffiche di vento, anime perse, perché di anime si tratta, che vagano in cerca della loro storia. E tre sono gli episodi ad essere raccontati, rappresentati con assoluta intensità.

In uno di quei grandi palazzi, dall’androne immenso su cui si affacciano miseri bassi, viveva  una povera fanciulla di cui non se ne conosce il nome, se non Filomena, di fantasia, che vuol dire quella che deve essere amata. Prima di sei figli, ha appena 12 anni, ma già conosce la vita essendo orfana di madre. Il padre si ubriaca e gioca a carte e non si cura di loro, sicché tocca a lei provvedere per sé e per i fratellini. E’ bella la giovanetta, sembra la Madonna della Francesca…A raccontare la prima storia è un’anima vagante che si mescola alla vita della poverella, tanto da farne parte, tanto da  essere felice per come si è svolta la sua esistenza, tanto da confondere la sua morte con la vita e di aggrapparsi ad essa.

“Il dolore fa compagnia, ti abitui alla bestia che hai dentro, ti fa calore, l’unico che mi viene da Bimbo mio e quando se ne va è un mare di silenzio che urla…”. Cosi dice papo, il padre chiamato dal figlio con la “o” finale , perché maschio.  Papo e bimbo mio sono una cosa sola, la madre se ne era andata via, giusto il tempo di partorire e poi seguire la sua vita inconsistente, dove non c’era posto per essere genitrice. Quando il piccino si ammala e muore non regge alla lacerazione, a quello strazio che nessuno vede e altro non gli resta che dialogare con il  cieco della strada, altro da sé.

“La casa per ogni uomo è il suo regno, uno ha le sue cose piccole ma importanti, si ritrova negli oggetti, negli spazi …” così interloquisce l’uomo del terzo episodio con il suo pappagallo Loris. E’ preciso, meticoloso, pignolo, perfino quando appronta il caffè, la sua unica  passione. Prepararlo gli riesce bene e a questo rito si dedica quotidianamente in modo maniacale, scegliendo la miscela giusta, che solo don Mario della Pigna secca ha. Lui la fa venire dal Brasile, un fanatico del liquido scuro al suo pari. Con la moglie non parla mai, preferisce chiacchierare con Loris, il suo pappagallo. Dal canto suo la consorte non sopporta né lui, né l’odore del caffè che ogni mattina la sveglia in modo disgustoso. Il dialogo che ne consegue, ovvero il rinvio di due monologhi separati con il povero Loris,  altro non è che un vomito di ingiurie. La fine dei due si addensa fosca…


Maurizio de Giovanni è napoletano, figlio di una terra particolare, dove lo spettacolo non è separato dalla vita, si recita a soggetto ovunque. A  Napoli più che in altro posto del mondo si ricevono doni dalla strada, regali particolari di intensa umanità, capaci, a volte, di trasformare l’anima. Dalla sua città, Maurizio, ha ricevuto questi doni, li ha raccolti in sé, li ha sedimentati, ha attinto con la modestia che lo connota, qua e là, vuoi che fosse il popolo a dargli lezione, vuoi che fossero  intellettuali. Ciò che esprime  nei suoi scritti, dunque, è  il tutto che si è stratificato in lui attraverso gli studi, le letture, la cultura, la fruizione di immagini, di musica e del grande patrimonio popolare che altro non è se non il desiderio di completa identificazione con la sua città. Maurizio è  Napoli, è nato dalle sue viscere ed è venuto fuori come lava incandescente del Vesuvio. La sua scrittura è intrisa di credenze, di riti, di allegria e di tristezza particolari, come solo a Napoli. La popolazione di questa città, ad esempio, ha uno stretto contatto con i morti, essi non se ne vanno mai definitivamente, si mescolano agli affetti e ai  misteri della popolazione, ed è così per  lo stesso commissario Ricciardi dei suoi romanzi  che vede i morti e vive costantemente  con essi. Nessuna  meraviglia, quindi, se il suo scritto teatrale, diretto superbamente dalla bravissima Brunella Caputo, abbia per titolo  “Gli altri fantasmi”, in cui si scorge  un omaggio a “Questi Fantasmi” del grande Eduardo, o come nel primo episodio i palesi rimandi a Filomena Marturano: il basso, la fanciulla-donna, il nome di essa,  la Madonna della Francesca, tanto simile alla Madonna delle rose.  E si scorge  Eduardo anche nel terzo episodio, la ritualità maniacale del caffè tanto cara all’uomo che mentre lo prepara parla con il pappagallo. Ecco, Maurizio non si stacca dalla sua città, ha in serbo tutto ciò che è stato il suo cammino interiore e lo srotola dolcemente per noi, sicché Eduardo è pietra miliare. I personaggi di de Giovanni, però, hanno una peculiarità sono fantasmi che si sovrappongono tra  vita e  morte, sono apparizioni che invadono e popolano la sua fervida creatività. 

Perfetta, elegante e raffinata, la regia di Brunella Caputo,  che nulla, nelle sue direzioni, affida al caso. Sulla scena, personaggi, fantasmi o uomini che siano, si  muovono surreali, avvolti da fumosa nube, invasi da desideri tardivi. La giovane regista si è cimentata e con pieno successo, in un pezzo di non facile ed immediata presa. Il risultato è il lungo applauso che ha sottolineato la sua fatica.

I tre episodi, usciti dalla nebbia e dal vento, di cui il secondo di un’intensa e tenera liricità, sono stati interpretati da un cast di eccezionale bravura.  
Mistero e commozione connotano i primi due episodi, mentre il terzo segue   marcatamente lo stile noir, di cui l’autore è maestro. Perfetta la recitazione con inflessioni dialettali, senza essere invasiva. Buona la musica sia negli stridii metallici, che nei passaggi struggenti di violoncello. La scena scarna, come lo sono i fantasmi, ha contenuto adeguatamente i pannelli in bianco e nero di Michele Paolillo.

Maria Serritiello

Cast:
Cinzia Ugatti, Caterina Micoloni, Augusto Landi, Michele Landi (voce fuoricampo), Rocco Giannattasio, Mimma Virtuoso, Teresa Di Florio, Andrea Bloise.

Regia Brunella Caputo

Luci, musica e coreografie: Virna Prescenzo
Selezione musicale: Brunella Caputo e Virna Prescenzo
Registrazioni: Alfredo Micoloni.




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