Salerno
celebra i cent'anni della nascita di Rocco Scotellaro, con un
convegno a Palazzo Sant'Agostino della Provincia, sito in Via Roma, organizzato
dalla novella Associazione APS “Librarsi”, Presidente Gerardina
Gabriele. Tre gli interventi, per delineare la figura del
nobilissimo poeta ed indiscusso politico, completamente dimenticato dalle
istituzioni civili e scolastiche. Scomparso, infatti, dalle antologie e testi
di studio, nulla conoscono gli allievi del suo notevole impegno, eppure la sua
breve vita è un esempio di responsabilità civile e partecipativa, come nessuno
mai in favore della sua terra: la discosta Lucania.
"Io sono gli altri" della
Prof.ssa Maria Serritiello, è una summa su come si è speso per elevare,
alfabetizzare e rendere consapevoli i suoi compaesani dello stato di miseria e
prostrazione. La Prof.ssa Adalgisa D'Amato, invece, attraverso la
disamina delle poesie, rende il suo pensiero poetico, una scrittura
neorealistica, vivo ed ammaliante. Il Pof.re Giuseppe Foscari, inoltre,
analizza la poesia come bandiera politica nel contesto storico del dopo guerra.
Coordina l’evento la Preside Prof.ssa
Caterina Cimino.
Hanno collaborato: Daniela
Caselli, Ornella Caselli, Dina Galdi, Caterina Cimino, Dina Gabriele, Maria
Gabriella Di Maio, Cristina Guerra, Francesca Buccino
Contestualmente sarà
inaugurata la Grande Mostra, vernissage in tour, direttrice Artistica Luciana
Colletta, poetessa pittrice e si ascolterà un reading di poeti lucani, su
poesie ispirate al poeta Rocco Scotellaro.
La grande mostra sarà
aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, ore 9,00/ 19,00, dal 15 dicembre 2023
al 16 gennaio 2024
Rocco Scotellaro (Tricarico,
19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953) è stato uno scrittore, poeta e
politico italiano.
IL 14 dicembre 2023 ore 16,30, presso la Sala Giunta della Provincia di Salerno
Introduce: Prof.ssa Florinda Battiloro
Presidente dell’Ass.Culturale “Caffè dell’Artista”.
Relazione: Chiar.mo Prof. Gaetano Pecora dell’Università “Luiss” di Roma,
dell’Università del Sannio e Presidente del Centro Studi Salveminiani di Napoli.
“Un socialista irregolare. Gaetano Salvemini e la critica del bolscevismo”
Intervento: Chiar.mo Prof. Francesco D’Episcopo dell’Università“ Federico II” di Napoli.
“La personalità e i valori di Cosmo Sallustio Salvemini espressi nei suoi Testi”.
Modera il Giornalista Arch. Aniello Palumbo.
Sarà presente una troupe di Radio Radicale grazie al Direttore Dott.re Alessio Falconio.
Evento organizzato: dall’Associazione “Caffè dell’Artista”, Presidente Prof.ssa Florirnda Battiloro,
dall’Associazione “Con noi di nuovo in volo”, Presidente Dott.ssa Antonietta Santoro
dall’Accademia Int. Arte, Cultura & Società “Alfonso Grassi” Presidente Prof.ssa Lella Grassi
con il Patrocinio Morale della Provincia di Salerno
Il 24 ed il 25 novembre,
al Teatro Ghirelli di Salerno, Cristina Donadio è stata di scena
con “Marguerite”, un lavoro scritto e da lei interpretato con Giuseppe
Alfinito. Ad accompagnarla, la Zurzolo ensemble con: Marco
Zurzolo al sax, Marco de Tilla al contrabasso e Pino
Tafuto al pianoforte. I costumi sono di Alessio Visone, le
luci di Paco Summonte, le foto di Fabio Donato ed il video di Giorgio
Pinto.
La Marguerite di
Cristina Donadio, sta per la scrittrice franceseMarguerite
Duras ed il pezzo si rifà a “L’ Amante”, opera
autobiografica, pubblicata per la prima volta, nel 1984,anno
in cui ottiene, proprio per quest’opera, il premio letterario Goncourt,
nonché la nomination al Nobel per la letteratura.
Cristina Donadio,
nata a Napoli 63 anni fa,è attiva sulla scena ed in TV da
oltre un trentennio, sia come autrice che come regista. E‘ di gran vanto tra gli attori napoletani;
spesso è stata diretta dal regista Pappi Corsicato, in ruoli di donna volitiva.
In televisione ha raggiunto notorietà nell’interpretazione di Scianel per la
serie Gomorra. Negli anni ’70, a soli 16 anni, rimane incinta, una vicenda
umana che le renderà difficile l’adolescenza. Negli anni ’80 si cimenta come
regista di un particolarissimo tipo di spettacolo: il teatro di figura, cioè
l’arte teatrale che utilizza burattini, marionette, pupazzi, ombre, oggetti, privilegiando,
così, un linguaggio visivo e sensoriale. Come autrice indirizza la sua ricerca
a personaggi femminili che delinea accuratamente. A soli 27 anni deve
affrontare un lutto terribile, la morte del marito, l’attore napoletano Stefano
Tosi, 29 anni, travolto da uno spaventoso incidente automobilistico, era
alla guida, nel quale perde la vita anche il giovane e promettente drammaturgo,
Annibale Ruccello, autore tra l’altro, di un memorabile pezzo “Ferdinando”. Nel
1987/88 Cristina debutta con “Frammenti di donna”, tratto da l’Amante di
Margherita Duras, trent’anni dopo ritorna, di nuovo, con uno studio sulla
scrittrice francese.
La scena è buia, al
centro del palco seduta c’è lei, abito nero e fumo di una sigaretta, aspirata
con voluttà. Recita in modo sommesso, la sua voce è un soffio, superata
abbondantemente dall’ ensemble di Marco Zurzolo, che da solo varrebbe lo
spettacolo. Le parole si susseguono, sono pensieri solitari, frammezzati dalla
lettura di brani della scrittrice, mentre dietro di lei, scorrono le immagini
di Marguerite sorridente, in compagnia ed a passeggio sulla spiaggia. La
scrittrice, tra i 15 e i 17 anni, con la madre ed i fratelli vive in Indocina, per
poter sopravvivere alla fame inizia una storia con un ricco e giovane cinese.
Con lui si comporta da prostituta, accetta i suoi soldi ad ogni incontro, pensa
che così facendo di essere al riparo di una qualche implicazione sentimentale,
una sorta di emancipazione e d’iniziazione, ma la sua spregiudicatezza non
l’impedisce d’innamorarsi e di restarci male quando la storia viene interrotta
dal padre di lui e da sua madre, per ragione di casta. Queste le dolorose pagine
che Cristina legge, un mantra, per lei la storia della scrittrice, che ritorna ogni
volta negli approfondimenti creativi. La selezione dei brani operati
dall’attrice è un po' confusa e non rendono fino in fondo la stesura
paratattica della scrittrice che, pure rende viva la narrazione con le sole proposizioni
principali (sono qui, mi vedo, ti sento…). In scena, l’artista, appare una
donna indifesa, per niente volitiva, sofisticatamente elegante, quando canta in
francese India Songh, ma niente di più. Il sapore retrò dello spettacolo è
innocentemente dinanzi al pubblico, una Juliette Greco rispolverata, con la
pretesa intellettualistica di recitare in lingua, per stupire ancor più il
pubblico, che invece ha apprezzato e come poteva essere diversamente, il sax di
Marco Zurzolo ed i bravi musicisti al seguito. Tutto lo spettacolo è sembrato
volesse stupire forzatamente la platea, con effetti particolari, bastava,
invece, essere semplicemente se stessa, con la sua umana storia, senza
nascondersi, ancora una volta, dietro Marguerite Duras
È di Salerno, Giulio
Della Monica, l'attore che ha interpretato la figura di Danilo Restivo,
nella fiction RAI: “Il caso di Elisa Claps”. Un personaggio scomodo,
inviso dal pubblico, per ciò che ha rappresentato nella realtà della famiglia
Claps, per la povera Elisa e per tutti gli italiani. Viso pulito, sorriso
comunicativo, statura non perfettamente longilinea, altezza 1,80, è l’esatto
opposto della figura interpretata. Un’impressionante caratterizzazione, la sua,
nei gesti pigri, nella voce roca, nello sguardo perso, nel viso inespressivo,
nella lentezza della camminata, nell’indolenza di ogni cosa,il
perfetto sgusciante assassino! La sua docilità ferina e l’ubbidienza al padre,
come sottoposto, Giulio, poi, le ha rese in modo eccezionali, suscitando, a
volte, anche un sentimento di umana pietà. Forse è proprio questa la grandezza
della sua interpretazione, nonostante sapessimo tutta l’orrenda verità, un
qualche pensiero si è avuto, ma ciò è da addebitare, quasi esclusivamente, alla
bravura dell’interprete. Il trucco, poi, ha fatto il resto, Giulio, con i
capelli radi, ingrassato e ricoperto da vestiti improvvisati, è stato l’informe
sacco che si muoveva per ogni dove lo portasse la sua voglia di uccidere.
Ancora risuona nelle orecchie dei tanti telespettatori, 3.005.000, la prima
serata, il lento parlare di Giulio, nel riproporre quella di Danilo Restivo,
insomma, un “mostro” di bravura, per l’appunto.
Giulio Della Monica, 33 anni, occhi castano-grigi, colore
capelli castano scuro, pettinatura corti lisci, ha studiato presso Scuola del
Teatro Stabile di Genova, vive stabilmente a Roma.
Due giorni in compagnia
dell'inimitabile Gea Martire, al Teatro del Giullare di Salerno, con “Della
Storia di G e G”, un pezzo scritto da Maria Grazia Rispoli, con la drammaturgia
della stessa attrice e lo spettacolo si fa di alta qualità. La storia di
per sé è semplice, la protagonista, nel giorno della morte del padre, ha un
colpo di fulmine per il responsabile delle pompe funebri, tal Gennaro Gargiulo
di una bellezza esasperante, ma di una parlata e di modi rozzi assai. Tutto sembra
capovolgersi in lei, la donna assennata, la professionista impegnata, la
compagna devota e la figlia compita cedono al desiderio lascivo di quell’uomo,
così improvvisamente forte, che il dolore della perdita del congiunto ed il
conseguente funerale passa in second’ordine. Eppure deve contenersi, deve
essere incoraggiante rassicurare la vecchia madre, è là per questo, lei che
vive altrove ed è tornata per onorare la salma e ricevere le condoglianze del
vicinato, dei parenti e degli amici. Nulla è più importante per lei che
guardare, le spalle, l’altezza, le braccia, le movenze di Gennaro, tanto da
provare fastidio per tutta quella gente, accorsa a rendere omaggio a suo padre.
Un dualismo della sua anima si palesa in scena, Gea interpreta,
indifferentemente e con una bravura la donna presa dai sensi e la puritana che
stenta a resistere. Il funerale ha una sua scadenza, deve immediatamente
trovare altre occasioni d’incontro, per soddisfare il desiderio dei suoi sensi,
un po' difficoltoso data la materia di cui si occupa il necroforo. A tratti il
pezzo, oltre alla frenesia spavalda e la conseguente ritrosia bigotta, di una
bene educata, è anche divertente, ci sono battute che suscitano ilarità anche
se la funebre circostanza meriterebbe il contrario.
I cambi di voce, poi, per
rappresentare lui, con il suo dialetto infestante, i propri balbettamenti per
l’insicurezza della sua condizione, il richiamo non elegante del padre, nel
ribadire che non aveva la testa apposto, la voce fastidiosa della madre, non sono
altro che la conferma della bravura dell’attrice, che fa delle caratterizzazioni
del recitato, i momenti più apprezzati della sua performance. È l’ennesima sua
prova d’artista che la fanno tanto amare dal pubblico del Giullare, dal quale
era lontana da ben10 anni
La scena, arredata
semplice, è al buio, una sedia, con una serie di santini e lumini accesi, funge
da catafalco, un’altra, invece, si trasforma in carro funebre, per
l’accompagnamento al cimitero e macchina per l’unica passeggiata, che riesce a
fare con Gennaro. Con l’abito che indossa, una semplice redingote, di colore
grigio scuro, riesce ad essere vertiginosamente sexy, aiutata anche dalla folta
capigliatura leonina. Immensa Gea, non far trascorrere tanto tempo, prima di
tornare!
Il 2023 si rivelato un anno ricco di centenari da commemorare. Al Caffè dell'artista di Salerno, lunedì 13 Novembre, la Prof. ssa Antonietta D'Episcopo, ha ricordato la figura di Don Lorenzo Milani, a cent'anni dalla sua nascita, con un'interessante,quanto erudita conversazione
In sintesi il suo intervento
Antonietta D'Episcopo
Sono convinta
che il modo migliore per commemorare Don Milani sia quello d’individuare gli
elementi di attualità derivanti dall’espressioneI CARE, m’interessa, per te ci sono, sono al
tuo fianco, puoi contare su di me, che assunta come bussola di orientamento,
implica responsabilità e coerenza nell’azione quotidiana dell’insegnante,
caratterizzandone lo stile, l’approccio didattico e comunicativo. Dalla scuola
dell’infanzia all’Università la mediazione culturale si basa su una intenzionale azione di cura, sul
farsicarico della totalità della
persona, di tutte le sue dimensioni, potenzialità, bisogni materiali e non
materiali per fare acquisire un bagaglio di competenze, che si avvicini sempre
più al saper fare, al saper pensare con la propria testa, al saper essere.
Fare scuola
significa svolgere un compito civile di altissimo valore: insegnare a non obbedire
acriticamente, a passare da “curvàti
ad alzati” perchèsolo insieme, in piedi, si può incominciare a trasformare il
mondo trasformando noi stessi.
Ogni realtà
scolastica, per evitare di diventareuno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile,“un
ospedale che cura i sani e respinge i malati”,dovrebbe essere concepita come un laboratorio permanente
di ricerca e di creatività animato da una relazione educativa, in cui i saperi
vengano utilizzati come strumenti di umanizzazione attraverso l’intreccio tra
alfabetizzazione strumentale edesistenziale.
Il prendersi
cura, di fatto, acquista e trasmettesenso attraverso la coerenza delle modalità operative messe in atto,
come dimostra la scrittura collettiva promossa da Don Milani per alimentare il
confronto democratico, la condivisione e la corresponsabilità attraverso
l’esercizio del pensiero critico ed un costante allenamento al saper
discernere.
A Barbiana i
ragazzi potevano leggere tutti i giornidue giornali, uno di destra ed uno di sinistra, per confrontare punti di
vista differenti, esercitare il senso critico ed esprimere la loro personale
opinione. Ciò che caratterizza l’azione educativa di don Milani è
l’autogestione pedagogica degli apprendimenti e la capacità di
auto-correggersi. L'insegnante è un regista che favorisce la discussione, lo
scambio, la riflessione individuale e
collettiva.
Conoscere e
saper utilizzare le parole, il loro significato, e la loro potenzialità
comunicativa, è la strada maestra, che conduce alla libertà, permettendo,
attraverso il principio costituzionale del diritto alle pari opportunità, e la
visione evangelica della vita, il superamento dell’idea imprigionante di
destino.
Solo
attraverso una significativa esperienza scolastica le tante Barbianeancora esistenti, gli emarginati, gli
oppressi, gli ultimi,avranno la
possibilità di emanciparsi, di diventare protagonisti, di esprimere pienamente
la propria sovranitàcon spirito
solidale e volontà di partecipazione attiva alla costruzione e difesa del bene
comune, restituendoloro ilfuturo, di cui continuano ad essere derubati.
Curriculum Antonietta D’Episcopo
Docente, formatrice in ambito educativo-didattico, ha
sempre considerato la scuola come reale laboratorio d’umanità. Nei suoi diversi
articoli, pubblicati su riviste specializzate e testate giornalistiche locali e
nazionali, ha indagato il delicato equilibrio tra dimensione personale e
comunitaria e la sinergia, autonomia, responsabilità e partecipazione, che s’istaura
nella complessa interazione tra scuola, famiglia, cultura e società. È stata
referente nazionale per la formazione dell’Associazione Italiana Maestri
Cattolici (AIMC), associazione professionale fondata nel 1945, qualificata dal
MIUR per la formazione.
Dal 2000 è componente del Coordinamento nazionale per
le politiche dell’infanzia e della sua scuola costituito dalle associazioni
professionali “storiche” e dalle maggiori organizzazioni sindacali. Dal 2005 al 2008 è stata membro del gruppo
dei formatori per la piattaforma BDP INDIRE, gestendo un numero considerevole
di forum e di laboratori on line, promossi dal Miur, per la formazione a
distanza dei docenti in servizio e dei neo assunti immessi in ruolo, appartenenti
a scuole di ogni ordine e grado, garantendo un approccio innovativo, anche
attraverso un uso mirato degli spazi informatici, al fine di un’efficace
interazione comunicativa.
Attualmente continua a svolgere il ruolo di
formatore/coordinatore, a livello nazionale e territoriale, con gruppi di
docenti e dirigenti scolastici, istituti comprensivi e reti di scuole
dell’infanzia, primaria e secondaria, sui temi della continuità, della
valutazione, dell’autoanalisi d’istituto, della didattica delle discipline e
dell’inclusione nell’ottica della unitarietà dell’apprendimento e della
trasversalità dei saperi. Segue con particolare attenzione i processi
innovativi sollecitati dalla costituzione del Sistema integrato “zerosei”
e dagli aggiornamenti alle Indicazioni
nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo, in
termini di miglioramento dell’esistente.
Nella pubblicazione particolarmente significativa A.
D'Episcopo e C. Giuntini, Progettare la scuola che cambia, Edizioni
Cetem, Milano 28 marzo 2006, ha analizzato e proposto piste di riflessionee
di azione ai docenti della scuola primaria alle prese con i processi
d’innovazione collegatialla riforma del sistema scolastico.
Nel testo Il
bambino che unisce. Scuola e genitori in dialogo,scritto in collaborazione
con Silvana De Luca, Edizioni Società Cooperativa Editoriale Cultura e lavoro,
Roma, maggio 2015, ha analizzato i presupposti su cui costruire un’alleanza
scuola-famiglia basata realmente sul superiore interesse dei bambini.
La sua
passione educativa si riflette anche nei
testi poetici il cui linguaggio rappresenta per lei preziosa risorsa a
cui attingere per incrementare la conoscenza di sé, la scoperta del mondo, la
comprensione degli altri, attraverso un dialogo empatico e universale fra
persone: tutte simili, ma ognuna diversa.