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martedì 18 maggio 2021

Il periodo Salernitano di Franco Battiato

 



Di Maria Serritiello


Pochi sanno e forse solo le alunne del corso H, dell'Istituto Magistrale  "Regina Margherita" di Salerno, che Franco Battiato ha vissuto per un  certo periodo nella nostra città. 

La ragione è da ricercare in sua zia Gandolfa, insegnante di matematica, vincitrice di concorso e spedita presso il pregevole istituto per signorine della città.

Già, il nome, Gandolfa, ma come si può pensare di dare ad una bambina un simile appellativo battesimale, ma lei lo portava in giro con naturalezza. Silenziosa, discreta, nubile, di età indefinita, forse sulla cinquantina, se ne aveva di meno se le portava malissimo. Capelli ingrigiti, tirati all’indietro e trattenuti da forcine di osso, occhi scoloriti, viso senza trucco ed un vistoso pelo riccio sulla guancia destra. In classe, sul vestito, indossava un grembiule nero che le dava un’aria estremamente severa, ma è forse è quello che voleva. L’inflessione dialettale era molto forte, tanto che il mio cognome suonava così: Srrtiello ed alla mia amica Pompele intimava  <getta la mastica> che altro non era, la gomma masticante. Con lei era venuto a Salerno un suo nipote, della nostra stessa età, credo un po’ per fare compagnia alla zia signorina, fuori dalla Sicilia ed un po’ per studiare con la sua mentore. Ricordo di averlo visto varie volte in transito sul ponte di Via Nizza, per girare verso Via Balzico, dove alloggiava. Alto, smilzo, con lo stesso viso di sua zia, senza nessuna caratteristica particolare, se non il naso sporgente che gli occupava tutta la faccia. Aveva un passo veloce, sfuggente, con in spalla l’immancabile chitarra, i capelli arruffati e gli occhi che già guardavano lontano.

Non credo che sua zia fosse contenta della sua attività musicale, siamo agli inizi degli anni ’60  e lo studio era ritenuto l’unica attività giusta per un giovane, specialmente se in casa ci fosse una zia laureata in matematica e forse la sua venuta a Salerno era un tentativo per distrarlo da quella sua passione. Intanto, Franco, già pensava a studi particolari a contaminazioni musicali, era già oltre alla nostra generazione femminile, che stupidamente pensava alla bellezza fisica dei vari Cary Grant e Rock Hudson. Non era un adone ma il suo cervello era pieno di visioni speciali che ha elargito in ogni sua composizione.




Dal web

“Era nato a Ionia il 23 marzo 1945, in provincia di Catania. Ionia, ora Giarre Riposto, è stato un comune italiano esistente dal 1939 al 1945. Dopo aver conseguito la maturità al Liceo Scientifico "Archimede" di Acireale, e a seguito della morte del padre (camionista e scaricatore di porto a New York), nel 1964 si trasferisce dapprima a Roma per poi stabilirsi a Milano. Dopo aver interrotto gli studi universitari per seguire la sua passione musicale, pubblica due singoli per la rivista Nuova Enigmistica Tascabile (NET) verso la metà degli anni sessanta[11], che proponeva come allegati, dischi di canzoni celebri interpretate da cantanti poco conosciuti. In queste due occasioni l'artista appare in copertina col nome di battesimo Francesco Battiato. Il primo singolo contiene un brano presentato al Festival di Sanremo 1965 da Beppe Cardile e Anita Harris, L'amore è partito. Il secondo riprende una canzone portata al successo da Alain Barrière: ...e più ti amo, tradotta in italiano da Gino Paoli Il brano verrà riproposto, in una nuova versione, nell'album Fleurs 2 del 2008.”

La sua creazione musicale ha seguito vari  periodi:

(1965-1969) La canzone di protesta e periodo romantico

(1971 - 1975)Musica sperimentale e avanguardia colta

(1978 - 1979) Il ritorno alla musica pop

(1978 - 1979) Il ritorno alla musica pop

(1981 - 1982) Gli anni del grande successo

(2012-2017) Ultimi progetti

Pittura, Cinema, Politica

Stili musicali

La musica di Battiato ha spesso guardato in direzione della canzone d'autore e del pop: due generi che ha rivisitato in maniera colta e raffinata contaminandoli con stili musicali sempre diversi fra cui la musica orchestrale, il rock progressivo la musica etnica e quella elettronica] I suoi testi, inusuali e di carattere citazionista,[ sono spesso dolenti e pieni di riferimenti polemici alla società dei consumi e alla classe politica italiana.[ Altri temi cari all'artista sono la filosofia l'esoterismo e il misticismo

Vita privata

Legatissimo alla madre Grazia, scomparsa nel 1994, Battiato non ha mai amato la vita mondana, preferendo il suo eremo siciliano di Milo alle pendici dell'Etna, dove tra l'altro ebbe per molti anni, come vicino di casa, il collega Lucio Dalla. Suo fratello Michele è stato consigliere comunale repubblicano di Milano. Battiato era un vegetariano convinto.

(2019 -2021)  Ritiro dalle scene

Muore il 18 maggio 2021


P.S Voglio raccontare come i miei alunni hanno apprezzato la sua composizione " La Cura"

Non ricordo l'anno scolastico, ma con gli allievi di Fisciano (Sa) facemmo uno studio sull'educazione sentimentale. Una ricerca che c'impegnò non poco ma che ci procurò molte soddisfazioni. Alla fine proposi loro 10 canzoni d'amore da scegliere come le più belle, ebbene "La Cura" che non conoscevano, allora impazzavano Giovanotti prima maniera, Madonna e tanta altra musica disco dance, fu considerata la numero 1° e fino la fine dell'anno nell'intervallo ascoltavano con occhi sognanti il vate dell'amore.

Alla sua musica sono legati tanti miei momenti giovanili che hanno una pregevole colonna sonora di sottofondo. Ho sempre ascoltato la musica Rock, fracassona che mi faceva danzare da sola, per Battiato, eh sì che la musica era importante, ma le parole mi trasportavano in un mondo superiore, sì da farmi sentire rammaricata, oggi,  di non averlo mai fermato per fare un tratto di strada insieme.

Addio, ragazzo smilzo con la chitarra sulle spalle che mi vieni di faccia sul ponte di Via Nizza, mentre mi reco a scuola e penso: è lui il nipote della professoressa di matematica, chissà che ci fa a Salerno, con una zia severa e chiusa nel suo ruolo. Adesso lo so e grazie per averci lasciato un patrimonio così grande da tramandare alle nuove generazioni

Maria Serritiello






giovedì 28 gennaio 2021

Caro Blog, ti ho trascurato per tutto questo tempo del covid

 



Caro Blog, ti chiedo scusa per tutto questo silenzio...un anno e più ed il mondo si è rivoltato. Stasera ho pensato che dovrò dare segno, nelle tue pagine di ciò che ci ha colpito. Parole come : pandemia, covid 19, lochdown, mascherine, no assembramenti, lavaggio delle mani, sono diventate pane quotidiano.

La paura dell' infezione, i morti contati a migliaia, l'isolamento nelle case, l'altoparlante dalle macchine per le strade ripetono e ricordano di non muoverci dalle nostre case. Improvvisamente ci siamo trovati nella peste di Milano di manzoniana memoria.

Perché mi sia decisa a scrivere ad un anno di distanza, è presto detto. La scrittura è liberazione, leggere  il proprio pensiero sul foglio o tra  le  pagine del blog, significa che i sentimenti sono all'esterno, sono usciti da te. Certamente non mi sono liberata dalla paura del contagio ma dopo interminabili ore trascorse in ascolto di virologi e dottoroni questa orribile pandemia è più controllabile.


continua...

Vediamo di capire  che cos'è la Pandemia di COVID-19, attualmente in corso,  diffusasi a livello globale, dove è nata, come si è diffusa in Italia, le vittime e quali le strategie messe in atto per salvare la vita di quelli non infettati.

Fonti: Notizie tratte dal web 

Ecco tutte le tappe fondamentali della storia (anche mediatica) del nuovo coronavirus, in Cina in Italia. Dalle prime polmoniti anomale alla scoperta del virus, dalla dichiarazione dell'emergenza sanitaria al contagio in Italia, fino in ultimo alla pandemia. Due mesi e mezzo densi di avvenimenti

Già a novembre – e forse anche a ottobre, secondo le ipotesi di uno studio italiano – il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 aveva iniziato a circolare, in Cina, in particolare a Wuhan, la città più popolata della parte orientale, perno per il commercio e gli scambi. All’inizio, però, non si sapeva che si trattava di un nuovo virus: ciò che inizia ad essere registrato è un certo numero di polmoniti anomale, dalle cause non ascrivibili ad altri patogeni.










La prima data ufficiale in cui inizia la storia del nuovo coronavirus è il 31 dicembre, in le autorità sanitarie locali avevano dato notizia di questi casi insoliti. All’inizio di gennaio 2020 la città aveva riscontrato decine di casi e centinaia di persone erano sotto osservazione. Dalle prime indagini infatti, era emerso che i contagiati erano frequentatori assidui del mercato Huanan Seafood Wholesale Market a Wuhan, che è stato chiuso dal 1 gennaio 2020, di qui l’ipotesi che il contagio possa essere stato causato da qualche prodotto di origine animale venduto nel mercato.


Il 9 gennaio le autorità cinesi avevano dichiarato ai media locali che il patogeno responsabile è un nuovo ceppo di coronavirus, della stessa famiglia dei coronavirus responsabili Sars e della Mers ma anche di banali raffreddori, ma diverso da tutti questi – nuovo, appunto. L’Oms divulgava la notizia il 10 gennaio, fornendo tutte le istruzioni del caso (evitare contatto con persone con sintomi) e dichiarando – all’epoca giustamente – che non era raccomandata alcuna restrizione ai viaggi per e dalla Cina. Tutti i casi – ancora molto pochi – erano concentrati a Wuhan e non si conosceva la contagiosità di questo virus (Sars e Mers, ad esempio, molto più gravi erano però molto meno contagiose).

Il 7 gennaio il virus veniva isolato e pochi giorni dopo, il 12 gennaio, veniva sequenziato e la Cina condivideva la sequenza genetica. Questo è stato il primo passo importante, in termini di ricerca, anche per poter sviluppare e diffondere i test (i kit) diagnostici che serviranno a molti altri paesi. In questa fase la Cina stava già svolgendo un monitoraggio intensivo.

21 gennaio: il virus si trasmette fra esseri umani

Il 21 gennaio le autorità sanitarie locali e l’Organizzazione mondiale della sanità annunciavano che il nuovo coronavirus, passato probabilmente dall’animale all’essere umano (un salto di specie, in gergo tecnico), si trasmette anche da uomo a uomo. Ma ancora gli esperti non sapevano (e tuttora l’argomento è discusso) quanto facilmente questo possa avvenire. Il ministero della Salute ha iniziato a raccomandare di non andare in Cina salvo stretta necessità. Nel frattempo Wuhan diventava una città isolata e i festeggiamenti per il capodanno cinese venivano annullati lì e in altre città cinesi, come Pechino e Macao.

In Italia i casi erano pochissimi e tutti provenienti dalla Cina: a partire dal 29 gennaio c’erano due turisti cinesi di Wuhan contagiati, ricoverati allo Spallanzani – uno degli ospedali italiani che saranno protagonisti (loro malgrado) della vicenda del coronavirus. C’era poi un ricercatore italiano positivo al virus e proveniente dalla Cina e un diciassettenne, rimasto bloccato a lungo a Wuhan a causa di sintomi simil-influenzali, non positivo al coronavirus ma ugualmente tenuto sotto osservazione e ricoverato allo Spallanzani. Tutte queste persone sono guarite e sono state dimesse nel mese di febbraio – per ultima, la paziente cinese della coppia malata, il 26 febbraio. I contagi fuori dalla Cina sono ancora molto circoscritti e limitati, con focolai per ogni paese di un manipolo di persone.

30 gennaio: l’Oms dichiara lo stato di emergenza globale

Alla fine di gennaio il rischio che l’epidemia si diffondesse passava da moderato a alto e il 27 gennaio l’Organizzazione mondiale della sanità scriveva che era “molto alto per la Cina e alto a livello regionale e globale”. Tanto che nella serata del 30 gennaio l’Oms dichiarava l’“emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale” e l’Italia bloccava i voli da e per la Cina, unica in Europa. Ma la situazione in Cina stava già migliorando: pochi giorni dopo, alla data dell’8 febbraio, l’Oms scriveva che i contagi in Cina si stavano stabilizzando ovvero che il numero di nuovi casi giornalieri sembrava andare progressivamente calando.

Febbraio: dare un nome alle cose

L’11 febbraio è arrivato il nome della nuova malattia causata dal coronavirus. Il nome, scelto dall’Oms, è Covid-19: Co e vi per indicare la famiglia dei coronavirus, d per indicare la malattia (disease in inglese) e infine 19 per sottolineare che sia stata scoperta nel 2019. Questo per quanto riguarda la malattia, mentre il virus cambia nome e non si chiama più 2019-nCoV, ma Sars-CoV-2 perché il patogeno è parente del coronavirus responsabile della Sars (che però era molto più letale anche se meno contagiosa).

All’epidemia di Covid-19 si affianca quella dell’informazione, con notizie non sempre veritiere (molte sono fake news). Tanto che ai primi di febbraio proprio l’Oms parla per la prima volta di infodemia, termine nuovo con cui si indica il sovraccarico di aggiornamenti e news non sempre attendibili.

21 febbraio: primi casi in Italia

Venerdì 21 febbraio 2020 è una data centrale per la vicenda italiana legata al nuovo coronavirus. In questa data sono emersi diversi casi di coronavirus nel lodigiano, in Lombardia: si tratta di persone non provenienti dalla Cina, un nuovo focolaio di cui non si conosce ancora l’estensione. Alcuni dei paesi colpiti (Codogno, Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo ed altri) sono stati di fatto chiusi, un po’ come avviene ora per l’Italia “zona protetta”.

Fuori dalla Cina, il numero di contagiati è molto alto in ItaliaIran e Corea del Sud, anche se per l’Oms quella di Covid-19 non è ancora una pandemia. Tuttavia, fra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo 2020, dopo l’Italia, anche in altri stati (europei e non solo) vengono rilevare un numero crescente di casi e un’epidemia.

4, 8 e 9 marzo: le tre date chiave dei provvedimenti in Italia

Il contagio si è diffuso nel nostro paese, soprattutto nel nord, ma inizia anche in altre regioni. Per questo, mercoledì 4 marzo il governo ha dato il via libera alla chiusura di scuole e università in tutta Italia fino al 15 marzo. Alla data del 4, stando ai dati della Protezione civile i positivi sono circa 2.700 e già c’è qualche caso (decine o qualche unità) in tutte le regioni. Mentre domenica 8 marzo arriva il decreto che prevede l’isolamento della Lombardia, in assoluto la più colpita, e di altre 14 province, che diventano “zona rossa”. Anche anche se la bozza ancora non ufficiale del decreto era stata pubblicata da alcune testate già nella serata del 7.

E infine si arriva all’ultima data (per ora) importante per l’Italia: quella di lunedì 9 marzo. In questa giornata, intorno alle 22, Conte annuncia in televisione di aver esteso a tutto il paese le misure già prese per la Lombardia e per le altre 14 province, tanto che tutta l’Italia diventerà “zona protetta”. Le nuove norma sono contenute nel nuovo decreto Dpcm 9 marzo 2020, entrato poi in vigore il 10 marzo. Di fatto la regola è contenuta nell’hashtag #iorestoacasa, si può uscire solo per comprovate ragioni di necessità come per fare la spesa, per esigenze lavorative, per l’acquisto di farmaci o per altri motivi di salute.

11 marzo: l’Oms dichiara la pandemia

Mentre l’Italia si sta muovendo – per prima in Europa, con il plauso dell’Organizzazione mondiale della sanità – per contenere il contagio, anche a livello globale sta succedendo qualcosa. L’11 marzo 2020 Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, ha annunciato nel briefing da Ginevra sull’epidemia di coronavirus che Covid-19 “può essere caratterizzato come una situazione pandemica”. dichiarando la pandemia. Ma questo non cambia di fatto le cose, almeno non per l’Italia, come hanno sottolineato le autorità nazionali, che sta già mettendo in atto le migliori misure possibili. L’obiettivo dell’Oms è quello di fare un appello a tutte le nazioni per contrastare la diffusione della Covid-19.

Continua



martedì 22 dicembre 2020

Il mio Presepe di carta di Maria Serritiello

 



Il mio presepe di carta

la mamma

me lo aggiusta

sulla cassa ruvida

della biancheria,

all’angolo corto,

vicino alla finestra.

Là,

ogni anno,

nella vecchia casa scura,

come il carbone spento,

un fuoco alimentato,

si riaccende

e tranquilla io ,

vedo crescere il lavoro.

Dentro di me,

gli anni vissuti,

non ci sono. 

   Maria Serritiello

 





venerdì 23 ottobre 2020

Ciao Imma

 



                                                                     Imma Alfarano


Ho conosciuto Imma, lo scorso anno in ospedale al "Fatebene Fratelli di Napoli, io ricoverata per la seconda rottura del femore, lei, dolcissima, si trovava là a far compagnia, nel pomeriggio, la sorella Iolanda, anch'ella infortunata al femore come me. Ho subito fatto amicizia, dietro il sorriso dolce, negli occhi ho scorto un lutto incommensurabile.

La famiglia signorile è  composta da 5 sorelle, oggi assottigliatasi, un gineceo di donne tra figlie e nipote. Tutte insieme mi hanno tenuto compagnia ed hanno fatto sentirmi come se fossi della famiglia. Maria, la figliola di Imma, mi ha aiutato a togliermi la colata su di un unghia, con le sue mani, altrimenti non potevano operarmi. Fuori sede, in una giornata, il 4 agosto, in gita a Ventotene, sbattuta  in elisoccorso per Latina, certo non potevo avere una limetta per far scomparire lo smalto e Maria con la stessa dolcezza della mamma, mi è stata vicina. Con Imma ci siamo sentite più volte al telefono, una volta risanata e tornata a Salerno.

Oggi in FB ho trovato



Non ho capito, anzi mi sono commossa per tanto amore. Poi ho dovuto capire ed il dolore ha invaso il mio cuore. Non ti dimenticherò ed appena ci libereremo del covid, ti verrò a trovare.
 
            CIAO IMMA, DOLCE AMICA MIA
 




venerdì 28 agosto 2020

“In nome della madre” di Erri De Luca, adattamento e regia di Brunella Caputo al Teatro dei Barbuti di Salerno


 Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Peccato non avercelo insegnato cosi da piccoli al catechismo, il dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio IX, l'8 dicembre 1854, con la bolla Ineffabilis Deus, come ce l’ha presentato Brunella Caputo, adattando un testo religioso, scritto da Erri De Luca dal titolo “In nome della madre". Peccato, sì, per noi donne, avremmo sentito la maternità in un altro modo, avremmo avuto lo stesso volto, meravigliosamente stupito, perché portatrici all’ interno del nostro corpo di un evento straordinario. Non che lo si consideri altrimenti, ma vederlo interpretato così intensamente da Brunella Caputo è stata tutt ’altra cosa.

Il 25 agosto, per la rassegna “La Notte dei Barbuti”, alla sua 35°edizione, una sfida, iniziata da Peppe Natella, in una Salerno gravata dal terremoto e continuata, in suo nome e dedizione filiale, da Chiara, sua figlia minore, Brunella Caputo, è stata l’interprete meravigliosa, con Concita De Luca, un fiore che sboccia ogni volta nei ruoli affidatele, con le note di Max Maffia integrate perfettamente al testo e Salvatore Albano, un tenero Giuseppe, amorevole come non mai.

La storia la conosciamo, Miriàm e Joseph, promessi sposi si trovano ad affrontare un prodigio più grande di loro. L’angelo, mentre lei era in casa, le annuncia che sarà madre senza che sia toccata da un uomo. La continuazione della narrazione ci porta alla notte sacra, dove Miriàm, dopo aver difeso quel figlio dalla legge spietata che voleva lapidata, per essere incinta, pur essendo promessa a Joseph, anzi lo stesso Joseph avrebbe dovuto scagliare la prima pietra, ma lui ama quella fanciulla, la difenderà e sarà la sua guida, lei e la beata tra tutte le donne. Il censimento li farà allontanare dalla pettegola Nazareth e nella stalla da sola a Betlemme darà alla luce il Salvatore.

 Dieci minuti intensi da grande interprete, per Brunella, il suo viso beato nel portare avanti la gravidanza, ora si deve concretizzare in dolore, dovrà sentire scivolare da sé chi ha portato in grembo per nove mesi, si sentirà sola, vuole essere sola, vuole soffrire ma essere presente alla sua sofferenza. Tutta la notte brama essere con Lui, poi sa che dovrà dividerlo, perché in Lui si compia il volere divino. Donna, madre, madre universale, decisa, dolce, cullante, carezzevole ed il foulard scenico diventa il bambino nelle sue braccia. La voce tremula, il viso ricomposto dopo il travaglio, la nenia che canterà fino all’alba, poi il piccolo Iesu sarà dell’intero mondo.

Brunella Caputo è Miriàm a mani vuote, la veste bianca indossata ad avvolgere la sua purezza, un unico gesto sensuale, il passarsi la mano nei capelli, lunghi alle spalle per poi farli cadere lentamente.

 

Adattamento e Regia: Brunella Caputo

Progetto luci: Virna Prescenzo

Fotografia:  Cristina Santonicola 


Maria Serritiello

www,lapilli.eu






domenica 23 agosto 2020

“Salerno legge Napoli” di e con Giovanni Caputo al Teatro dei Barbuti di Salerno




Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Dal cappello a cilindro della programmazione del Teatro dei Barbuti di Salerno, il 24 agosto, alle ore 21,00, esce la colomba bianca, firmata Giovanni Caputo, artista conosciuto e cresciuto sulle tavole del palcoscenico, poeta ed il 24 sera, anche ideatore e regista dello spettacolo dal titolo “Salerno legge Napoli”. E ‘coadiuvato, nel viaggio tra Salerno e Napoli, da valenti compagni: Cinzia Ugatti, Teresa Di Florio, Augusto Landi e Marco De Simone.

Giovanni Caputo si diletta di scrittura poetica, oltre alle performance artistiche che tanta notorietà gli hanno dato e da qualche tempo ci partecipa dei suoi versi sui media. La sua poesia è immediata, per i sentimenti che ispira, per l’amore che spinge in ogni cosa, per l’emozione che mette dinanzi ad un’alba ed ad un tramonto dorato della sua e nostra Salerno. I sentimenti filiali, l’amore per la sua mamma, i luoghi scomparsi e la vita semplice di una Salerno che si evolve in fretta, lasciando i giovani con pochi ricordi e nostalgia. Le sue poesie sono declamate sul web dalla sua voce attoriale e nello stesso tempo sentimentale, perché nei suoi versi è il sentimento a prevalere. “O core” innanzitutto e lui lo sparge con generosità senza mai risparmiarsi. Sul Web le sue composizione hanno un’attrattiva in più, il testo è corredato da immagini scelte con precisa rispondenza e musica di sottofondo ammaliante, sono delle video poesie che ci accolgono con bellezza quasi ogni giorno.

Ho chiesto a Giovanni (ndr) quale fosse l’idea di fondo dello spettacolo di lunedì prossimo, mi ha risposto che partendo dalle suggestioni che continuamente la poesia, l’arte, il teatro napoletano suscitano, ha avuto lui stesso il desiderio di scoprire, quanta arte non conosciuta e nascosta ci fossero nelle composizione dei poeti Salernitani. Una lettera d’amore che dalla città arrivi fino a Napoli per sentirsi uniti nei versi, la parte migliore di noi, una vera dichiarazione di sinergia, in un periodo, come quello che stiamo vivendo, dove tutto ci distanzia e ci divide. Bene, poeta Giovanni, siamo lieti di assistere lunedì al tuo lavoro, alla tua fatica artistica e ci saremo tutti come il live motive della pubblicità ci ha spinti  “ Nun o facimme  piglià collera”.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu