Anche quest’anno Il
Miramare di Salerno si conferma la spiaggia più “In” della città, con i suoi 230 metri di lunghezza ed i circa 70
metri di profondità. Una distesa di ombrelloni spiegati al sole ed offerti con piacevolezza
al panorama lunato e bellissimo di Salerno. Lo stabilimento, di nobile memoria
è sorto negli anni trenta, qui infatti, durante la seconda guerra mondiale si
stanziarono le truppe inglesi ed americane e qui è iniziato, nel 2021, il
lavoro di ripascimento delle spiagge per salvaguardare il litorale sia
dall’erosione di anno in anno dalla forza del mare, sia di offrire larghe
spiagge ai salernitani ed ai turisti sempre più numerosi in visita. L’intera fabbrica è sotto vincolo paesaggistico,
per cui nella ristrutturazione eseguita nel 2012, si dovette mantenere lo
stesso impianto originale, il che le dà un’aria retro che non dispiace. Lido
storico, dunque, che ha mantenuto e mantiene la dignità di uno stabilimento
signorile, retto con rigore dal giovane Alfredo Serritiello, figlio d’arte, suo
padre Alberto, oltre ad essere presente nella conduzione giornaliera, è presidente
dell’associazione degli operatori del settore.
Ogni mattina,
all’ingresso dello stabilimento, una giovane hostess di nome Martina, gentilmente verifica gli
ospiti in entrata ed augura una buona giornata di mare e di sole.
Ed ecco la spiaggia,
apparecchiata, con ligia geometria, da lettini, sdraio e sedie “Savonarola” color seppia, come la
sabbia, che non è più lavica, fine e scura da attaccarsi fastidiosamente alla
pelle, ma un macinato chiaro, estratto da cava di pietre. L’estensione marina
invasa da 320 ombrelloni, sotto i
quali in sosta 5 bagnanti per volta,
appare di un chiarore abbagliante, tenuta stretta da inserimenti di bianco
legno: ringhiere, spogliatoi, passerelle e spazi sociali. Macchie di verde,
ovvero piante, esposte come nel salotto di casa, spezzano il nitore circostante
e segnano la cura profusa nell’arredare tutta la spiaggia. L’ordine e la pulizia,
affidati alla DE.SA.GI GROUP, la Signora Carmen, ne sa qualcosa,
fanno bella mostra di sé in tutti gli spazi comuni, poi degradando verso la
riva trasparente, più in là, l’azzurro del mare si fa più intenso di colore ed
invita alla nuotata. Sulla battigia sono state posizionate le docce per dare
freschezza in più all’arsura continua ed insopportabile di questa estate. La
musica diffusa non è stata mai invasiva e la gentilezza dei bagnini, nelle
figure di Giovanni, Antonio, Marco,
Alessandro, guardiani della nostra sicurezza, sempre presente. I servizi
offerti in spiaggia sono stati molteplici e destinati a far trascorrere
spensieratamente il tempo estivo, ad esempio: le attrezzature di lettini
galleggianti, eventi gonfiabili a tema luna park, sfiliate carnaval, special
guest: Masha ed Orso e poi l’animazione
e ginnastica per bambini, giochi da tavola, campo di Beach Volley, campo di
calcetto, giornate diversificate con balli di gruppo, curati da Marco Palummo e cacce al tesoro, Non è
mancata la carrozzina disabili JOB.
J.O.B. la sedia per il trasporto di disabili ed anziani adatta al mare,
munita di una coppia di ruote studiate per il trasporto ed agevole su tutti i
tipi di fondo (sabbia, ciottoli e quant’altro). Insomma un insieme di attività
per creare divertimento, spensieratezza, sollievo ed appartenenza.
Il 15 settembre,
inesorabilmente, la chiusura, eh sì che la spiaggia è stata aperta dal 2
giugno, eppure già manca la giornaliera sosta che allontana per qualche ora il
frenetico vivere quotidiano di ognuno.
Ad attribuirsi il nomignolo fu la stessa Elisabetta da bambina: troppo piccola e non ancora in grado di pronunciare il nome Elizabeth, rispondeva «Lilibet» a chi le chiedeva come si chiamasse. Così anche i genitori, e in seguito la sorella Margaret, hanno cominciato a chiamarla così, tanto che è rimasta celebre la dichiarazione di re Giorgio VI: «Lilibet è il mio orgoglio, Margaret la mia gioia»
Crescendo, la principessa ha continuato a utilizzare il nome Lilibet anche nelle lettere private che mandava ai familiari e agli amici più stretti. Ma è stato Filippo, che ha conosciuto l’allora principessa che aveva appena 13 anni, a renderlo ancora più prezioso e caro alla Regina. Che infatti per il duca di Edimburgo era soltanto Lilibet.
Era il 6 febbraio del 1952 quando Lilibeth, alla morte del padre, re Giorgio VI, diventò automaticamente la regina d'Inghilterra (anche se l'incoronazione avvenne il 2 giugno 1953). Quando il papà sovrano, a soli 56 anni, passò a miglior vita durante il sonno, la venticinquenne Elisabetta e suo marito, il principe Filippo, erano in Kenya. Avevano sostituito il re, troppo malato per poter ancora viaggiare, in una visita che avrebbe dovuto comprendere l’Africa, l’Australia e la Nuova Zelanda. Elisabetta e Filippo erano partiti il 31 gennaio dall’aeroporto di Heathrow e il re aveva voluto accompagnarli fino alla scaletta dell’aereo. Restò sulla pista a salutare la figlia con il braccio alzato, e lei rispose sorridendo dall’oblò. Era l’ultima volta che si vedevano.
Tagliati fuori dalle comunicazioni, Lilibeth e il marito appresero la morte di Giorgio VI in ritardo. Fu Filippo a essere informato per primo e fu lui a dirlo a Lilibeth, dopo averle proposto una passeggiata nel parco. Verso sera il suo segretario particolare, il maggiore Charteris, raggiunse la regina nella sua stanza, trovandola «seduta in modo perfettamente eretto, con l’aria di chi era pronta ad accettare il suo destino». Fu lui a chiederle: «Quale nome prenderà Maestà?». E lei: «Il mio, naturalmente... Elisabetta».
Iniziarono così, con un grande dolore affrontato con altrettanta fermezza d'animo, gli incredibili settant'anni sul trono di Elisabetta II. A ricordarceli ci sono centinaia di bellissime foto. La prima fu scattata nel febbraio 1952 nell'aeroporto di Londra, dove Elizabeth volò di corsa dopo la morte del padre. Era partita per il Kenya da principessa, ne era tornata (suo malgrado) da regina.
Le frasi più belle:
La pandemia
«Mentre potremmo avere ancora molto da sopportare, torneranno giorni migliori: saremo di nuovo con i nostri amici; saremo di nuovo con le nostre famiglie; ci rincontreremo»
discorso alla nazione il 5 aprile 2020, all'epoca del primo lockdown per la pandemia di Covid-19
Diana
«Quindi quello che vi dico ora, come vostra regina e come nonna, lo dico con il cuore. In primo luogo, voglio rendere omaggio a Diana io stessa... L'ho ammirata e rispettata, per la sua energia e il suo impegno verso gli altri, e soprattutto per la sua devozione ai suoi due ragazzi»
la regina parla alla nazione in memoria di Diana, il 5 settembre 1997. La principessa del Galles era mortain un incidente d'auto il 31 agosto 1997. La regina era rimasta inizialmente al castello di Balmoral, tenendo i suoi nipoti William e Harry, lontani dal pubblico. Poi, spinta dalle pressioni della stampa e del primo ministro Tony Blair, era tornata a Londra per parlare direttamente al pubblico dell'eredità di Diana
Piccoli passi
«Vale la pena ricordare che spesso sono i piccoli passi, non i salti da gigante, che determinano il cambiamento più duraturo»
auguri natalizi del 25 dicembre 2019
La pace
«Quando arriverà la pace, ricordate che sarà per noi, i bambini di oggi, rendere il mondo di domani un posto migliore e più felice»
come principessa Elizabeth, la regina fece il suo primo discorso il 13 ottobre 1940, via radio, rivolto ai bambini del Commonwealth
Fare la mamma
«Sì. È il miglior lavoro»
la regina discute della maternità con l'attrice Kate Winslet, il 21 novembre 2012, dopo la sua nomina a Comandante dell'Impero Britannico per i suoi contributi all'arte
Amare
«È sempre stato facile odiare e distruggere. Costruire e amare è molto più difficile»
auguri natalizi del 25 dicembre 1957, per la prima volta diffusi dalla televisione
La resilienza
«La generazione in tempo di guerra, la mia generazione, è resiliente» discorso per il 75° anniversario del D-Day, il 5 giugno 2019
Inclusione
«Ognuno è nostro prossimo, non importa quale razza, credo o colore» auguri natalizi del 25 dicembre 2004
I cavalli
«Per lo più vado una o due volte in giro per il parco prima di andare a dormire, sai... Esercita i miei cavalli» da principessa, a sei anni, alla sua governante Marion Crawford nel 1932
Harry e Meghan
«Le questioni sollevate, in particolare quella razziale, sono preoccupanti. Sebbene alcuni ricordi possano variare, sono presi molto sul serio e saranno affrontati dalla famiglia in privato» dichiarazione rilasciata da Buckingham Palace a nome della regina, 9 marzo 2021. Due giorni prima Harry e Meghan avevano rilasciato un'intervista a Oprah Winfrey esprimendogrande affetto e ammirazione per la regina, ma critiche all'«azienda». Nella dichiarazione ufficiale, la regina ha sottolineato che Harry, Meghan e il loro figlio Archie erano membri molto amati della sua famiglia, ma ha aggiunto che «alcuni ricordi possono variare»
Gli anziani
«Mi viene in mente quella signora della mia età a cui l'altro giorno una nipotina seria ha chiesto “Nonna, riesci a ricordare l'età della pietra?” Anche se questo potrebbe sembrare un po' estremo, le generazioni più anziane sono in grado di fornire un senso del contesto e la saggezza dell'esperienza che possono essere inestimabili» auguri natalizi del 25 dicembre 2006
Filippo
«A Filippo piace guidare e lo fa veloce! Ha la sua minuscola MG di cui è molto orgoglioso - mi ha portato in giro, una volta fino a Londra, il che è stato molto divertente, solo che era come sedersi per strada e le ruote sono alte quasi quanto la testa di qualcuno» lettera della principessa Elisabetta all'autrice Betty Shew, 1947
Quando la vita sembra dura…
«Quando la vita sembra dura, i coraggiosi non si sdraiano e accettano la sconfitta; invece, sono ancora più determinati a lottare per un futuro migliore» auguri natalizi del 25 dicembre 2008
I Royal Wedding
«L'importanza della famiglia, ovviamente, è tornata a trovare il principe Filippo e me personalmente quest'anno con i matrimoni di due dei nostri nipoti, ciascuno a modo suo, una celebrazione dell'amore donato da Dio che unisce una famiglia» auguri natalizi del 25 dicembre 2011, in cui si riferisce al matrimonio di William e Kate e a quello della nipote Zara Phillips e Mike Tindall
Le divisioni
«Possiamo avere punti di vista diversi, ma è nei momenti di stress e difficoltà che dobbiamo ricordare di più che abbiamo molto più in comune di quanto non ci divida». auguri natalizi del 25 dicembre 1974, che alludono alle violenze in Irlanda del Nord
Il matrimonio
«Non so se qualcuno abbia inventato il termine "platino" per un 70° anniversario di matrimonio. Quando sono nata, non ci si aspettava che uno fosse in giro così a lungo» auguri natalizi del 25 dicembre 2017, in risposta alla prima stagione di The Crown che drammatizzava il suo rapporto con il principe Filippo
Dare il meglio
«Ogni giorno è un nuovo inizio, so che l'unico modo per vivere la mia vita è cercare di fare ciò che è giusto, guardare a lungo, dare il meglio di me in tutto ciò che la giornata porta e mettere la mia fiducia in Dio». auguri natalizi del 25 dicembre 2002: la regina celebrava i 50 anni di Regno, ma aveva anche perso sua madre e sua sorella Margaret
Invecchiare
«Sebbene ognuno di noi conduca una vita diversa, l'esperienza di invecchiare e le gioie e le emozioni che ne derivano ci sono familiari». auguri natalizi del 25 dicembre 1998
Il beige
«Non posso mai indossare il beige perché nessuno saprà chi sono» nella biografia del 2011Our Queendi Robert Hardman
London Bridge
Si chiama London Bridge l’operazione che scatta alla dipartita della sovrana. Dal settembre 2021 sono noti i dettagli, pubblicati da Politico: si va dall'organizzazione del funerale ai doveri di Carlo, nuovo Re. È un piano che esiste fin dagli anni Sessanta e che è stato continuamente aggiornato.
Oltre alla famiglia reale, il primo a essere avvertito è il primo ministro in carica chiamato direttamente da Buckingham Palace, dal segretario privato della Sovrana con una linea riservata. Una frase soltanto nella chiamata: «London Bridge is down», il ponte di Londra è caduto. È la stessa che il premier dice agli altri esponenti del governo britannico. È il segretario di stato ad avvertire i governi paesi del Commonwealth di cui la Regina è capo di stato.
I giorni successivi a quello della morte della Regina, il D-Day, sono indicati da sigle: D+1, D+2 e a seguire gli altri fino al giorno del funerale.
D-Day
Le bandiere nei palazzi ufficiali sono a mezz’asta entro una decina di minuti e il sito web della famiglia regale oscurato da una pagina a lutto con la sola notizia della dipartita. Un banner nero anche in tutti i siti governativi britannici con il link al comunicato sulla morte di Sua Maestà.
Questo comunicato è quello che arriva dopo che sono stati avvisati tutti gli esponenti governativi e istituzionali. Viene inviato alla Association Press e quindi ai media di tutto il mondo. la BBC ferma le trasmissioni e resta solo il suo canale news in diretta con i conduttori televisivi vestiti a lutto. Lo stesso messaggio listato di nero viene appeso ai cancelli di Buckingham Palace. Il Parlamento di Londra si riunisce entro un’ora dalla morte della sovrana per il messaggio del primo ministro, unico fra i ministri autorizzato a parlare. Si riuniscono anche i Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord.
La famiglia reale annuncia il piano per il funerale della Regina che si tiene dieci giorni dopo la sua morte. Il ministero della difesa prepara la gestione delle salve di cannone e dei saluti militari. Un minuto di silenzio per tutto il paese.
Il primo ministro ha un’udienza con il nuovo re che fa poi un discorso alla nazione. In contemporanea c’è una funzione nella cattedrale di St. Paul con alcuni membri del governo.
D-Day+1
Il giorno successivo si riunisce il Consiglio che proclama ufficialmente la successione del nuovo monarca. La proclamazione viene letta a St. James Palace e al Royal Exchange nella City di Londra. Da Hyde Park vengono sparate 41 salve di cannone. In serata nuova riunione del Parlamento per un messaggio di condoglianze. Per 10 giorni si fermano le attività ordinarie del Parlamento. Alle 3 e 30 del pomeriggio tutto il governo incontra il nuovo Re.
D-Day+2
La bara della Regina torna a Buckingham Palace. Se la morte avviene a Sandringham, il rientro avviene in treno e i membri del governo attendono il convoglio alla stazione di St. Pancras. Se accade invece a Balmoral, in Scozia, ci sono due possibilità: treno o aereo. La prima è più probabile dopo una camera ardente al palazzo di Holyroodhouse e la cattedrale di St. Giles.
D-Day+3
Durante la mattina il nuovo Re Carlo riceve le condoglianze a Westminster Hall. Dal pomeriggio parte per un giro del Regno Unito a partire dal Parlamento scozzese.
D-Day+4
Il Re arriva in Irlanda del Nord per le condoglianze in Parlamento e quindi una cerimonia alla cattedrale di St. Anne a Belfast. È il giorno delle prove della processione del feretro da Buckingham Palace a Westminster.
D-Day+5
Il quinto è il giorno della vera processione da Buckingham Palace a Westminster.
D-Day+6 fino a D-Day+9
Per tre giorni il feretro della Regina resta al palazzo di Westminster su un catafalco aperto. Resta aperta a pubblico per 23 ore al giorno con prenotazioni per entrare e orari per i Vip. Nel giorno numero 6 c’è una prova della processione funebre. Il settimo giorno Re Carlo visita il Galles.
Il ministero degli Esteri si occupa degli arrivi per il funerale. Il ministero degli Interni si occupa della sicurezza con l’intelligence e le forze di polizia. Il dipartimento dei trasporti gestirà gli spostamenti. Alcune decisioni chiave sono state prese dalla Regina stessa.
D-Day+10
Il giorno del funerale è una giornata di lutto nazionale. Non è però obbligatoriamente una giornata considerata festiva per il lavoro. Il funerale avviene alla Westminster Abbey. A mezzogiorno ci sono due minuti di silenzio in tutta la nazione. C’è una funzione anche alla Cappelle di St. George al castello di Windsor e qui, nella George VI Memorial Chapel, la regina viene sepolta. Il piano prevede come ultimo passaggio che il figlio Carlo lasci cadere una manciata di terra sulla bara.
“Ho
viaggiato, ho fotografato, mi sono fermato ad ascoltare la musica dei luoghi.”
Queste le parole
pronunziate dal fotografo-artista Armando
Cerzosimo la sera dell’apertura della mostra, venerdì 2 settembre alle ore 19,00 presso il FRAC di Baronissi(SA)promossa
ed allestita nell’ambito della seconda edizione della rassegna “VISIONNAIRE22,
narrazioni tra cinema documentario e teatro”). Titolo: Appunti
per un’iconografia della canzone
La mostra è stata curata
da Massimo Bignardi direttore del
Museo-FRaC e prospetta una raccolta d’ immagini tratte dall’archivio del
fotografo.
Dal 02 Settembre 2022 al 18 Settembre 2022
BARONISSI | SALERNO
LUOGO: Museo FRaC - Galleria dei Frati
INDIRIZZO: Via Convento
Sedici le fotografie di
grande formato, scenario adatto alle sue visioni interiori, che seguono una
propria colonna sonora. Le città si presentano in bianco e nero: Londra, Parigi, Lisbona, Nicosia, Genova,
Roma, Siracusa, accompagnate da note irreali che lo stesso visitatore ode,
ammaliato dalle sue visioni e da quel suo entrare ed uscire dalla fotografia,
un artifizio tecnico usato con semplicità, ma che rimane incantevole.
Tutti, gli scatti,
vibrano all’unisono con lo sforzo titanico del Maestro di sublimarsi, lasciando
testimonianza di quella emancipazione personale e culturale che tanto anima la
vita e l’anima del fu fotografo ordinario di altri tempi e di altre
motivazioni! Inutile girarci intorno, Armando si sente artista a tutto scatto e
a questa sua profonda e acclarata convinzione dà in dote la sua professionalità
tecnica indiscussa e la sua sensibilità artistica che lo hanno portato ad
indagare tutte le potenzialità raffinate della fotografia. A tutto questo, fa
da sfondo una sua innocenza antica, così come la sua ingenuità di altri tempi.
Ed ecco, la luminosità dei delfini, il rococò siculo cucito su aspirazioni multiple,
del maestro e degli alunni, l’acqua cheta di distese liquide, mezzi industriali
in attesa di lavorare, donna di spalle in attesa di niente, scorci ignoranti di
città vive e già andate. L’evento ha un titolo, ad un primo impatto, criptico,
ma fa il paio con l’aspirazione segreta del Maestro di suscitare, nel fruitore
le domande essenziali e forse destinate a non avere risposte: l’arte che cos ’è?
E quella fotografica in particolare? E’ un processo out side-in o inside-in? E’
un processo che parte dall’esterno o dall’interno del nostro cervello? Sembra
facile a dirsi, tuttavia ancora si lavora in tal senso.
Il nostro cervello deve
ancora interrogarsi in merito e questi eventi, ai limiti della filosofia, ma
sono altrettanti occasioni per farlo. Forza Maestro, vada oltre!
(N.D.R)
Lo scatto a colori rappresentante l’enigmatica signora di spalle, seduta ad un
tavolo, di un elegante locale, in attesa, è la più bella visione immaginativa.
Dietro di lei, arpa o sassofono, violino o contrabasso e perché no tamburi,
possono creare qualsiasi rigo musicale, senza che la sua visione si scalfisca
Maria
Serritiello
www.lapilli.eu
Armando
Cerzosimo. Nato nel 1958
a Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno. Entra giovanissimo in
studio fotografico, dove apprende ed assimila la tecnica della camera oscura,
con la stampa in B/N ed a colori con ingranditore. Le prime tecniche di ripresa
fotografica passano attraverso gli obiettivi delle varie Rolleiflex, Leica, Hasselblad. Dopo vari anni d'apprendistato che
gli consentono una conoscenza della stampa sia a colori, sia in B/N sente forte
il desiderio di viaggiare; esperienza altrettanto formativa nel suo percorso.
Africa, Asia, Medio Oriente, nord Europa, dove ha la possibilità di
sperimentare ed approfondire il reportage, la fotografia di ricerca, la
committenza sociale. Rientrando in Italia, apre a Bellizzi (SA) il suo primo
studio Artfoto Camera Chiara,
approfondisce sempre con più impegno il percorso della fotografia sociale.
Percorso che lo porta ad essere uno dei relatori
al terzo Congresso Mondiale dei Fotografi Professionisti in Orvieto edizione
2001. Diverse sue mostre, tra cui Sri Lanka - L’isola, presentata al
Festival del Cinema in Giffoni Valle Piana dove è stato inoltre il fotografo
personale del direttore del Giffoni Film Festival e, lavorando dietro le
quinte, ha avuto il modo e la fortuna di conoscere, frequentare e fotografare
attori e registi famosi quali Zeffirelli, Manfredi, Sordi; Turchia, Immagini e
Suggestioni presentata a Montecorvino Rovella; Romania, Immagini di Libertà,
con libro dedicato alla rivoluzione in Romania, con la presentazione di
Lanfranco Colombo, mostra presentata a Palazzo Isimbardi a Milano con libro
edito dalla Campanotto Editore; Terzavita, mostra sulla Pia Casa di Ricovero in
Salerno presentata a Palazzo Genovese. Ha allestito, nella prestigiosa Villa
Rufolo di Ravello, una mostra personale.
È stato presente per vari
anni alla sezione Cultura del Photo Roma Show, dove ha presentato tra l’altro
Camera Work e Anime Gemelle, mostra sui momenti più significativi del suo
percorso fotografico. Sue fotografie sono state pubblicate in riviste e
magazine nazionali e internazionali, tra cui “Sposa Magazine” e “Vogue Sposa”.
Attualmente dirige due studi fotografici, uno sempre a Bellizzi (SA) con
annessa sala posa e l’altro nello splendido centro storico di Salerno.
Tra le sue numerose
mostre si segnalano: Opere Libere dove si rimarca il suo interesse per la fotografia
sociale, allestita nella cappella di S. Antonio dei Nobili a Salerno; nel
castello Svevo di Barletta espone il ciclo “Visita a Lisbona. Dialoghi sulla
Fotografia” dedicato ad uno dei più importanti esponenti della fotografia nel
Novecento italiano: Enzo Sellerio. Nelle sale della Pinacoteca Provinciale di
Salerno 3 installazioni fotografiche dedicate a 3 influenti scrittori del
panorama nazionale: Maurizio De Giovanni, Massimiliano Smeriglio e Ruggero
Cappuccio; Chiaroscuro, allestimento fotografico e video presso Palazzo Coppola
in Sessa Cilento durante il festival Segreti d’Autore. Nel 2002 insieme ad
altri 18 colleghi ha dato vita all’associazione fotografica Artesia. È socio
fondatore del FIOF (Fondo Internazionale Orvieto Fotografia). È socio fondatore
del Circolo Centrale Fotografi Italiani. Nel 2014 riceve il Premio della
Critica alla prima Biennale d’arte di Salerno. Nel 2005 tiene la mostra Il
Ritratto Non Vedente, presso il Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Nel
2006 - 2012 - 2014 in occasione dell’annuale incontro del Fiof riceve le
Qualificazioni Nazionali QIP (Qualifed Italian Photographer). L’ultima
qualificazione ricevuta è stata assegnata al ciclo Il Ritratto Non Vedente. Nel
2019 riceve il premio “Ritratti di Territorio” nella sezione fotografica della
Provincia di Salerno per l’interesse nel nome delle personali origini e
identità culturali. Nel giugno del 2018, al Museo Archeologico Provinciale di
Salerno, tiene la mostra Dodici Nere, acquisita poi dal Tribunale di Salerno ed
oggi allestita, come esposizione permanente, all’interno del nuovo Palazzo di
Giustizia di Salerno. Nel 2019 a Nicosia in Sicilia, durante il Festival della
Fotografia vince il prestigioso premio alla carriera per il percorso di ricerca
di uno stile fotografico puro ed incisivo.
"Potrei dire che chi
l'ha detto è un cretino, ma invece dirò che è stato utile: ha rotto una
ipocrisia, perché è vero che diamo fastidio. A parole ci vezzeggiano, ma poi ci
mettono nelle RSA, prima di metterci nella tomba. L'ipocrisia sui vecchi è
tremenda, se non ci salviamo da soli è l'inferno".
-«La gente è diventata
troppo seria, io ho 91 anni ma ho la fortuna di essere molto ironica, così non
mi accorgo della presenza della morte che mi osserva da vicino pronta a
prendermi, e la mattina continuo ad alzarmi contenta».
"Che gli anziani non
servissero a mandare avanti il Paese forse poteva essere vero un tempo ma se
oggi guardo all’età di molti grandi industriali, architetti, professori,
scienziati, spesso vedo settantenni e anche ottantenni. Potrei dirti che chi lo
ha detto è un cretino, ma invece ti dirò che è stato utile: ha rotto
un’ipocrisia, perché è vero che diamo fastidio. Ci chiamano nonnini, nonnetti,
a parole ci vezzeggiano ma poi ci mettono nelle Rsa, prima di metterci nella
tomba. L’ipocrisia sui vecchi è tremenda, se non ci salviamo da soli è
l’inferno. Ogni giorno vedo ciò che accade intorno a me e come vengono
considerate le persone della mia età".
"Che diamo fastidio
perché costiamo, perché siamo una spesa medica e sociale, perché prendiamo le
pensioni, perché occupiamo posti negli ospedali e case o abitiamo in quelle dei
figli e magari abbiamo la colpa di continuare a fare un lavoro. Io ho una
rubrica delle lettere sul “Venerdì di Repubblica”, a un certo punto qualcuno ha
cominciato a scrivermi, una minoranza per carità, che era tempo che lasciassi
posto ai giovani. Nello stesso momento lo stesso pensiero è passato per la
testa di colleghe più giovani. Io non mi considero inamovibile, se mi dicessero
che le mie cose non interessano più, che sono rimbambita, non più capace di
scrivere o fuori tempo allora farei subito un passo indietro, ma non per una
questione anagrafica, non perché sono vecchia. Non è una colpa".
"Ho la fortuna di
aver sempre lavorato e risparmiato e di poter essere ancora indipendente, ma te
lo ripeto: i vecchi danno fastidio e la gente non accetta che possano ancora
lavorare. Dieci anni fa, quando avevo appena passato gli 80, un giorno un
giovane tassista che aveva sentito che parlavo di impegni di lavoro al
telefono, alla fine della corsa mi chiese: “Ma lei ancora lavora? Ma non è
tempo di smettere e riposarsi? Che cosa fa?” Risposi: “Sa, sono una cuoca,
continuo a cucinare”. A quel punto lui disse: “Ah, allora ok”. Se stai in
cucina può andare bene, non disturbi troppo…".
"Ti regalo una
notizia: non tutti i vecchi sono sordi! Questa è un’altra cosa che mi fa
impazzire, ti parlano e gridano o scandiscono le parole, come se fossi sorda o
rincretinita. Ci trattano come i bambini e ogni frase finisce con il sorriso.
Poi ci sono quelli che vogliono rassicurarti e con tono consolatorio ti dicono:
“Dai, che vivrai fino a cent’anni”. Ma fatti gli affari tuoi, io non ho futuro
ma ho un bellissimo passato, ho vissuto nell’Italia meravigliosa della
ricostruzione e del boom economico e sono piena di memorie che mi tengono
compagnia, non ho bisogno di compassione".
"Io, da giovane, i
vecchi nemmeno li vedevo, non ho mai conosciuto i miei nonni e vivevo sempre
tra i miei coetanei. Quando avevo 16 anni ricordo che i miei amici erano tutti
innamorati di una ragazza bellissima che di anni ne aveva 26, io ero stupita e
continuavo a chiedere: ma come fa a piacervi una così vecchia?! Quante cose ho
visto, durante la guerra ho assistito al matrimonio di una mia amichetta che
aveva 14 anni e che aveva avuto la dispensa dal vescovo per sposarsi con un
ragazzo che partiva per il fronte. Mi piacciono tanto le storie del passato, le
conservo con cura, ma senza alcun rimpianto".
"Porto sempre con me
il bastone quando esco, mi aiuta a camminare ma serve anche molto, non tanto
per difesa quanto per offesa, mi è utile con i giovanotti maleducati o con i
vecchi che non sanno stare al mondo. Poche settimane fa, durante il mio piccolo
giro intorno a casa, ho dato dei soldi a un ragazzino africano. Un signore mi
ha vista e ad alta voce ha cominciato a criticarmi, dicendo che venivano
dall’Africa per colpa di gente come me che li mantiene e li foraggia; gli sono
andata incontro mentre continuava a criticarmi, ho alzato il bastone e gliel’ho
messo sotto il mento e gli ho detto soltanto: “Non permetterti di dire un’altra
parola, fascista”. Si è dileguato".
"Vivo alla giornata,
la mia vita comincia la mattina quando mi sveglio e finisce quando vado a letto
la sera, sperando sempre di morire nel sonno. Sai, io non sono vecchia, non
sono un’ottantenne, io sono ultra-vecchia, penso spesso che potrei avere un
figlio di più di settant’anni".