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martedì 25 ottobre 2011

Riapre il Bolshoi di Mosca


La storia del più celebre teatro di Mosca, costruito nel 1856 e chiuso per restauri dal 2005


FONTE:IL POST
di Augusto Comé


L’edificio storico del teatro Bolshoi di Mosca riapre finalmente al pubblico. Era stato chiuso nel 2005 per dei mastodontici lavori di restauro e verrà inaugurato il 28 ottobre con un gran concerto di gala. La riapertura del Bolshoi si preannuncia come l’evento mondano dell’anno, a Mosca: a riaprire non è un semplice teatro ma un vero e proprio tempio della cultura nazionale russa. Nonostante i lavori di restauro, il teatro in questi anni ha continuato ad ospitare alcuni spettacoli: nel 2000 infatti è stato aperto un nuovo edificio per ospitare le rappresentazioni durante gli anni di chiusura dell’edificio storico, che continuerà a funzionare anche in futuro. Oggi dunque il teatro dispone di due sale indipendenti.

Il Bolshoi deve molta della sua fama alla rinomata tradizione ballettistica e operistica russa. Il suo palcoscenico ha visto le première di capolavori come Voevoda di Čajkovskij e la Cenerentola di Prokofiev. Ha lanciato artisti del calibro di Ekaterina Maksimova e Majja Pliseckaja. Pliseckaja ha avuto una vita molto difficile: il suo talento ineguagliabile le valse il titolo di prima ballerina assoluta, ma le sue origini ebraiche e l’essere figlia di un “nemico del popolo” le costarono incessanti vessazioni da parte delle autorità sovietiche.

Come da tradizione, il Bolshoi e il Marinsky di San Pietroburgo – il teatro rivale -
continuano a essere centri di vivace produzione artistica e a sfornare nuovi talenti. Nel 2001, per esempio, Nikolay Tsiskaridze, un ballerino di origini georgiane di 28 anni, è stato insignito della massima onorificenza in campo artistico, diventando il più giovane Artista del Popolo di sempre.

In russo Bolshoi significa “grande”. Nel 1825, l’anno in cui fu fondato, il monumentale teatro era secondo per dimensioni soltanto alla Scala di Milano. Raso al suolo da un incendio, venne ricostruito nel 1856 in onore dell’incoronazione dello zar Alessandro II. L’edificio, sul quale svetta un Apollo alla guida del carro solare, è il miglior esempio di neoclassicismo moscovita. Fu progettato dall’architetto italo-russo Alberto Cavos, che ebbe il merito di creare un vero e proprio gioiello d’ingegneria acustica, che per lunghi anni valse al Bolshoi la fama di migliore teatro al mondo.

Danzare insieme a tambur battente & ciaramella squillante




Martedì 25 ottobre alle ore 20.00
presso il Circolo ARCI Mumble Rumble
di Salerno

Danzare Insieme
Edizione 2011/2012

Festa inaugurale delle Attività

L’ingresso alla festa è libero e gratuito
per info: 328 85 967 78 - 328 72 548 31





Ripartono, per il quarto anno consecutivo gli appuntamenti all'insegna della musica e della danza popolare.

Dopo tre anni di incontri e su richiesta di numerosi interessati, ai consolidati percorsi di avvicinamento e approfondimento delle danze e delle percussioni popolari si aggiunge, infatti, un laboratorio sulla ciaramella.

La ciaramella, compagna inseparabile della zampogna, strumento dalle incredibili potenzialità, viene riscoperta da un numero sempre maggiore di appassionati non solo relativamente al repertorio natalizio.

La serata inaugurale sarà occasione di INCONTRO per ritrovare i partecipanti delle edizioni precedenti; ACCOGLIENZA per conoscere i nuovi interessati; PRESENTAZIONE per rendere noto il programma delle attività e dimostrare gli strumenti e i passi; RIFLESSIONE per guardare al percorso avviato e svolto in questi anni; INIZIO per tracciare il punto di partenza di una nuova scommessa.

Far vivere la tradizione e riattualizzarla nella vita di tutti i giorni, rinnovare l’interesse verso gli strumenti tradizionali e creare occasioni di scambio e crescita comune sono parte integrante del progetto.


TUTTI I MARTEDÌ LABORATORI STABILI di:

- ciaramella
tutti i martedì ore 19.00 - 20.00

- danze popolari
I e III martedì del mese ore 21.00 - 22.00
II e IV martedì del mese ore 20.00 - 22.00

- percussioni popolari
I e III martedì del mese ore 20.00 - 21.00



Tutte le attività programmate sono organizzate dall’Associazione Daltrocanto in collaborazione con il Circolo ARCI Mumble Rumble di Salerno

fb: Associazione Daltrocanto

www.daltrocantoweb.org
info@daltrocantoweb.org


Per saperne di più

La ciaramella è un aerofono ad ancia doppia, della famiglia degli oboi popolari, costituito da un fuso a foratura conica, con fori digitali per la modulazione delle note, e campana molto svasata.
Normalmente accompagna la zampogna effettuando le parti soliste.
Si usa anche l’accostamento alla zampogna di due ciaramelle suonate o da una coppia di suonatori o contemporaneamente dallo stesso suonatore, come è tipico di alcune zone della Basilicata, del Salernitano e del Pollino.
Viene costruita, per lo più, dagli stessi maestri artigiani di zampogna, in misure corrispondenti alle diverse tonalità della stessa.

lunedì 24 ottobre 2011

Il nuovo racconto di Samuela Chilton "Rossetto"


Rossetto





Se le avessero chiesto cosa stesse pensando, seduta ad un tavolo del suo ristorante di sempre, non avrebbe saputo rispondere. Eppure era assorta già da dieci minuti: da quando Didi le aveva servito il suo prezioso Amarone. Al tempo che scorreva nelle sue vene? E che ormai era la costante del suo vivere? Oppure al gioco che continuava a portare avanti?

Anche stavolta era riuscita ad incuriosire: „ quindi, vediamolo arrivare“ si era ripetuta durante il tragitto.

Le piaceva quando l’attesa diventava aspettativa e non certo per gli altri.

Solo il personale e altri due clienti: un non vedente e il suo accompagnatore.

Rispetto alla stagione precedente avevano cambiato gli arredi, forse si puntava ad una nuova clientela. Aveva sentito dire che il nuovo titolare aveva grandi progetti. E, poi, DiDi era diventato il maitre.

Eccolo di nuovo al suo tavolo: „Vuole cenare?"

"No, no. Gusterò il mio vino e poi andrò via. Come sempre, prima di uscire di scena definitivamente. E‘ solo questione di tempo."

"E' una bella serata, non stia a pensarci." Le suggerì.

"Non sempre ci riesco."

Sorseggiava la sua preziosa bevanda e ogni tanto curiosava verso l'altro tavolo. Neanche la sorte di quello era stata clemente, anzi „poveretto“ pensò.

„Buono“ assaporò la sua mente. Sentire il liquido scendere in gola era proprio una felicità tangibile, vera. Il primo doveva sempre essere il migliore, solo così non avrebbe notato la differenza con quello, pessimo, che avrebbe concluso la serata.

Da quanti giorni organizzava quest'ultimo incontro? Sette? Sì sette giorni, ricordò seguendo con

l'indice le figure stampate sulla tovaglia. Sette giorni di distrazione erano quanto di più potesse

sperare di ottenere ormai.

Dilatò inconsapevolmente le narici ricordandosi l'aneddoto con la commessa. Era stato due giorni

prima, quando cercava il colore perfetto per il rossetto. Quelle stupide erano sempre impeccabili nelle loro divise eleganti, sempre più giovani: "Accidenti a loro." si morse un labbro stizzita. E una si era anche permessa di chiederle se avesse bisogno di aiuto! Non si era neanche voltata, un cenno del capo e l'aveva subito liquidata.

Il vino stava per finire e la porta continuava ad aprirsi per far accomodare famiglie spensierate. Il movimento attirava la sua attenzione, ecco perchè non aveva notato quello che poteva sembrare un quadro sulla parete alla sua sinistra. Fu una frazione di secondo, un battito d’ali, in cui ebbe consapevolezza dell’insieme riflesso in quello che in realtà era uno specchio. Un istante violento come una percossa: ecco cos’era lei!

Ed ecco anche il conato, puntuale come una condanna a morte. Sollevò il bicchiere e rovesciò le ultime gocce sulla lingua. Aveva bisogno di altra felicità ma doveva raggiungere lo sportello della toilette, in camera da letto. Proprio dove teneva i trucchi e le foto in bianco e nero, sulla base, vicino alle spazzole d’argento.

Non aveva senso quell’attesa. Nel prendere la borsa tornò con lo sguardo sul ragazzo non vedente, il caldo all'interno del locale gli aveva fatto sollevare le maniche del maglione e fu allora che vide il sole illuminare due occhi, tatuato sul suo braccio.

L'unica certezza di quell'incontro era proprio quel tatuaggio. Lei non aveva voluto sapere altro.

Com’era possibile? Era cieco! Che ci faceva lì?

Pagò subito la sua consumazione ma non senza danni: rovesciò il bicchiere e nel sollevarlo fece cadere la borsa che, rovesciandosi, svuotò una parte del contenuto. E una di quelle foto che ostinatamente continuava a portarsi dietro come una reliquia, scivolò ai piedi dell'accompagnatore.

"Aspetti, la prendo io" disse pronto.

"No!" urlò quasi, ma l'accompagnatore aveva già raccolto la foto: la guardò distrattamente. Dapprima egli stesso sorrise e sembrava volesse commentare qualcosa. Poi guardò

la signora e con uno scatto tornò sulla foto: non poteva crederci. Conosceva la donna della foto per averla descritta in ogni dettaglio al suo amico, ma non conosceva quello che ne era diventata. Gli occhi erano rimpiccioliti a causa delle palpebre appesantitesi, niente a che vedere con lo sguardo languido che sorrideva dal monitor, nonostante il trucco. La bocca era larga,con labbra sottili ravvivate da un rossetto eccessivo e non perfettamente spalmato. E dov’erano i lucenti capelli corvini? E l’incarnato di porcellana?

Strappò la sua foto dalle mani dell'uomo e l'accartocciò nel pugno con rabbia. Le lacrime,

inghiottite fino a quel momento, avevano iniziato ad appannare la vista. Non riusciva più a trattenerle e farlo non serviva più a niente. Aveva perso il controllo ed era diventata vulnerabile. Uscì dal locale con in volto due strisce nere che ad ogni solco di ruga si dividevano in tante altre più sottili.

"Gaetano, che succede?" chiese il ragazzo non vedente.

"Niente" rispose, „ho solo aiutato una donna a raccogliere la sua borsa.“ Rispose sedendosi e continuando a guardare la porta d’ingresso.

SAMUELA CHILTON





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Gheddafi scrisse a Berlusconi


FONTE:IL CORRIERE DELLA SERA.IT

Gheddafi scrisse a Berlusconi
L'ultimo messaggio il 5 agosto: «Ferma le bombe»

SCOOP DI PARIS MATCH


"Caro Silvio, ferma i bombardamenti". Lo scoop è del settimanale francese Paris Match: si tratterebbe, secondo il giornale, dell'ultimo messaggio inviato in Occidente da Gheddafi. E il destinatario sarebbe proprio il leader italiano Silvio Berlusconi. La lettera risale al 5 agosto, quando le sorti della guerra in Libia non erano ancora state decise dalla presa di Tripoli. Ma il governo lealista era in grande difficoltà. La lettera fu inviata al premier italiano «attraverso i tuoi connazionali che sono venuti qui per sostenere la nostra causa», che secondo il periodico francese sarebbero Alessandro Londero e sua moglie Yvonne di Vito, responsabili della di Hostessweb (l'agenzia di ragazze che animarono le ultime visite del colonnello in Italia).

IL MESSAGGIO - Sebbene pubblicamente avesse più volte minacciato l'Italia, privatamente il rais esprime sentimenti di amicizia per l'amico che solo qualche mese prima l'aveva accolto con tutti gli onori a Roma. Ma non riesce a nascondere sorpresa «per l'atteggiamento di un amico con cui avevo sottoscritto un trattato di amicizia reciproca tra i nostri popoli». Tuttavia «non ti biasimo per ciò di cui non sei responsabile, perché so bene che non eri favorevole per un'azione nefasta che non onora né te né il popolo italiano». Quindi la speranza «di poter ancora far marcia indietro». E l'appello: «ferma il bombardamento che uccide i miei fratelli libici. Parla con i tuoi alleati per pervenire ad una soluzione che garantisca il mio popolo da questa aggressione». Infine la promessa: «Stai certo che sia io che il mio popolo siamo disposti a dimenticare e a voltare pagina».



La maschera e il volto


FONTE:UNDO.NET

La collettiva, sul tema del 'grottesco', prende ispirazione dalla tragi-commedia di Luigi Chiarelli, dal titolo La maschera e il volto.

Inaugurazione martedì 25 ottobre dalle 20.00

Ego Risto'-caffe'
viale De Crescenzo 82, Battipaglia

Ingresso libero

Gli artisti:
Raffaella Agosto (pittura)
Laura Bruno (pittura)
Sabrina Campagna (video art)
Rolando Cicatelli (pittura)
Roberta Feoli (illustrazione)
Pierpaolo Infante (pittura)
Marcell La Blanche (digital art)
Anna Sergio (fotografia)
Andrea Tabacco (pittura)
Rudy Zoppi (pittura)


I martedì da “Ego” saranno dedicati ad esposizioni artistiche di ogni genere, mentre la musica live indipendente sarà la protagonista dei giovedì.

Il primo vernissage del 25 ottobre, vedrà partecipare 10 artisti, in esposizione con lavori di pittura, fotografia, digital art, video art e illustrazione.

La collettiva, a tema il “grottesco”, prende ispirazione dalla tragi-commedia di Luigi Chiarelli, dal titolo “La maschera e il volto”, che diede inizio al genere grottesco in teatro

e letteratura, influenzando grandi nomi come Luigi Pirandello e i fratelli De Filippo. Il genere grottesco ha come principale caratteristica quella di mettere in crisi i valori e gli stereotipi convenzionali dominanti nella cultura borghese: la cura dell’apparenza, l’ascesa sociale, la paura della morte, vengono ridicolizzati.

Gli artisti partecipanti esporranno lavori di arte visiva riproponendo in chiave del tutto inusuale e interattiva le peculiarità del genere.
Opere intrise da un’ironia pungente, nelle quali ci si rivede rappresentati come in una caricatura. Spesso costruiamo identità alternative per accettare più facilmente noi stessi, ma ridiamo poi della messa in scena di quelli che non sappiamo essere i nostri difetti perché diamo all’arte un ruolo marginale, una finzione relegata ad un mondo che non è quello reale, quotidiano, un mondo secondario, e che quindi non può interferire con il nostro agire: ci sentiamo al sicuro.
Torniamo a casa, però, pensando e ripensando a ciò che ci è stato mostrato, ed è lì che qualcosa cambia, che si aprono mille altre sfumature della nostra realtà, mettendo in crisi le certezze costruite che ci costringono a non pensare.

Una “semplice” esposizione collettiva deve poter suscitare tutto questo: trasmettere un messaggio concreto e diretto, far riflettere, creare una reazione spontanea e condivisa, mai passiva!

Alle 21.30 Ilaria Falcone e Rosita Celenta, infatti, si cimenteranno in una visual & body performance a tema con la serata, a cura di Mirko Pierri. Interagiranno con il pubblico esprimendo concettualmente una critica ai costumi della classe media contemporanea, dedita al pregiudizio ed alla “fabbricazione di maschere”.

Programma bimestrale degli eventi presso EGO risto-caffè a cura di Graphic Fly e a.DNA project in collaborazione con Più Stile magazine.

domenica 23 ottobre 2011

Addio Simoncelli



FONTE:GAZZETTA DELLO SPORT.IT

Rossi: "Era come un fratello"
Tutti piangono SuperSic

Montezemolo: "Per le sue qualità mi ricordava Gilles Villeneuve". Melandri: "Le parole non spiegheranno mai la sofferenza". L'amico Mattia Pasini: "Ho perso un pezzo di cuore". Lorenzo: "Non so che dire: Marco riposa in pace". Hayden: "Ci mancherà tantissimo". La Ducati: "Piangiamo Marco, era uno di noi". Dani Pedrosa: "A volte ci dimentichiamo quanto sia pericoloso questo sport". Max Biaggi: "Una cosa surreale". Dovizioso: "Sono rattristato ed esterrefatto". Il presidente del Coni Petrucci: "Uno dei miei giorni più brutti: ho deciso che tutti gli sport lo onorassero con 1' di silenzio". Domenicali: "Piango un ragazzo solare, vicino alla famiglia"

Marco Simoncelli, deceduto a 24 anni in Malesia. AfpMolta amarezza e dolore nel ricordo di Marco Simoncelli, deceduto al 2° giro del GP di Malesia, colpito da Edwards e Rossi dopo una scivolata.

il dolore di valentino — Valentino Rossi in serata ha scritto su Twitter: "Il Sic per me era come un fratello minore, tanto duro in pista come dolce nella vita. Ancora non posso crederci, mi mancherà un sacco".

agostini — Così Giacomo Agostini, ex pilota e 15 volte campione del mondo: “È sempre dura quando succedono queste cose, non hai parole, ti chiudi in te stesso pensando a un ragazzo giovane che ha perso la vita amando il suo sport che purtroppo sappiamo essere pericoloso. È stato trascinato all'interno della pista dalla sua moto e quelli che arrivavano da dietro non hanno potuto evitarlo. La gomma ha una colpa ma siamo anche noi piloti che vogliamo che la gomma duri dall'inizio alla fine senza calare di prestazione e spingiamo i tecnici a fare delle gomme che durino fino alla fine. Sarebbe più giusto fare come ai miei tempi, quando la gomma si degradava e si andava più piano fino ad arrivare al traguardo tutti nelle stesse condizioni”. Infine un ricordo di SuperSic: “Era ancora un bambino, una persona piacevole che mi aveva promesso di venirmi a trovare a Bergamo in inverno, la sua fidanzata è di quella zona e lo aspettavo con ansia”.


Coriano è in lutto. Ansacoriano con lui — Fiori e cartelli, poi, alla base della chiesa del paese di Sic, Coriano. In molti da questa mattina hanno depositato un ricordo per il campione che non c'è più: "Ora vai e insegna agli angeli come si impenna", recita uno dei tanti messaggi con le firme degli amici appoggiato davanti alle gradinate. L'annuncio della morte ai concittadini del Marco è stato dato questa mattina dal parroco durante la messa. Don Egidio Brigliadori ha anche raccontato come Simoncelli fosse sempre disponibile a partecipare agli eventi benefici della parrocchia. Così come lo ricorda il Comune, che anche quest'anno si apprestava ad organizzare per il 16 novembre, in occasione della fine del campionato, una grande festa per lui. In paese si è fermato anche il mondo del calcio: non si è infatti giocata la gara tra Tropical Coriano ed Imolese (campionato regionale di Eccellenza), perché i giocatori di casa si sono rifiutati di scendere in campo, sconvolti dalla tragedia, e hanno così chiesto al Comitato regionale della Figc, ed otteuto, il rinvio della partita.

il ricordo di jovanotti — Il cantante Jovanotti su Twitter: “Ciao Marco. Grande campione. Persona strepitosa. Energia, entusiasmo, talento, allegria, passione. Ciao Marco. Ciao Sic. Un abbraccio alla famiglia”.

il saluto di melandri — Così il pilota della superbike, Marco Melandri: "Buon viaggio Marco, le parole non spiegherannio mai la sofferenza".


Marco Simoncelli in un momento di relax. Ansail lutto di milan e inter — Anche il calcio commemora Marco Simoncelli e oggi sarà osservato 1' di silenzio su tutti i campi. "Ogni sportivo rossonero e la Società AC Milan si stringono nell'abbraccio alla famiglia di Marco, grande tifoso rossonero, alla quale rivolgiamo dal Sito ufficiale le più sentite e sincere condoglianze in questo triste momento". È il messaggio del Milan per la morte di Marco Simoncelli. Anche l'Inter ha ricordato il pilota scomparso: "Il presidente Massimo Moratti e tutta l' FC Internazionale - si legge sul sito nerazzurro -, insieme con Claudio Ranieri e la squadra, partecipano al dolore del mondo dello sport italiano e mondiale per la scomparsa del pilota Marco Simoncelli. Nel ricordo di un giovane appassionato campione, l'Inter abbraccia la famiglia e gli amici di Marco Simoncelli".

SILENZIO AL RALLY — Un minuto di silenzio alla partenza del Rally di Catalogna, dodicesima tappa del Mondiale in ricordo di Marco Simoncelli. Un gesto molto significativo. Perché Sic, come Valentino Rossi, era un grande appassionato e aveva provato il mese scorso una Ford Fiesta RS WRC sull'aeroporto di Kirkbride, beneficiando dei consigli del due volte vicecampione del mondo Mikko Hirvonen.

pernat, il manager — Così Carlo Pernat, il manager: “Marco era un ragazzo solare, amico di tutti. Aveva delle aspettative, dei sogni. Un ragazzo di altri tempi, con una bella famiglia che gli ha insegnato dei valori. È terribile, non ci sono parole, dispiace moltissimo a tutti, poteva diventare campione del mondo un giorno. Ora mi vengono in mente le partite di scopone, i nostri viaggi in America, la voglia di arrivare, era tutta in lui, era veramente dentro di lui, c'era questa voglia di successo perchè sapeva di poterlo avere. C'era arrivato con tante difficoltà ma c'era arrivato grazie alla sua famiglia, onestamente grazie a suo padre, grazie a sua madre. Ripeto, un ragazzo di altri tempi, simpatico, non c'era una persona che non salutava".

hayden addolorato — Nicky Hayden ha purtroppo osservsto l'incidente da vicino: "Una bruttissima giornata per tutti noi, Marco l'ho visto cadere, con la sua moto che andava verso l'interno e le altre che lo colpivano - ha detto lo statinutense della Ducati -. All'uscita di una curva gli è scappato il treno posteriore, probabilmente ha cercato di controbilanciare la moto e non ce l'ha fatta. Quando si è uno sopra l'altro c'è poco da fare. Sento un dolore molto forte, in pista siamo tutti fratelli e facciamo parte della stessa famiglia. Marco ci mancherà tantissimo, era un ragazzo molto simpatico ed ora non so cos'altro dire, solo che possa riposare in pace. Sono vicino alla sua famiglia: in momento come questo bisogna esser forti”.

il ricordo di jovanotti — Il cantante Jovanotti su Twitter: “Ciao Marco. Grande campione. Persona strepitosa. Energia, entusiasmo, talento, allegria, passione. Ciao Marco. Ciao Sic. Un abbraccio alla famiglia”.

il saluto di melandri — Così il pilota della superbike, Marco Melandri: "Buon viaggio Marco, le parole non spiegherannio mai la sofferenza".


Marco Simoncelli in un momento di relax. Ansail lutto di milan e inter — Anche il calcio commemora Marco Simoncelli e oggi sarà osservato 1' di silenzio su tutti i campi. "Ogni sportivo rossonero e la Società AC Milan si stringono nell'abbraccio alla famiglia di Marco, grande tifoso rossonero, alla quale rivolgiamo dal Sito ufficiale le più sentite e sincere condoglianze in questo triste momento". È il messaggio del Milan per la morte di Marco Simoncelli. Anche l'Inter ha ricordato il pilota scomparso: "Il presidente Massimo Moratti e tutta l' FC Internazionale - si legge sul sito nerazzurro -, insieme con Claudio Ranieri e la squadra, partecipano al dolore del mondo dello sport italiano e mondiale per la scomparsa del pilota Marco Simoncelli. Nel ricordo di un giovane appassionato campione, l'Inter abbraccia la famiglia e gli amici di Marco Simoncelli".

SILENZIO AL RALLY — Un minuto di silenzio alla partenza del Rally di Catalogna, dodicesima tappa del Mondiale in ricordo di Marco Simoncelli. Un gesto molto significativo. Perché Sic, come Valentino Rossi, era un grande appassionato e aveva provato il mese scorso una Ford Fiesta RS WRC sull'aeroporto di Kirkbride, beneficiando dei consigli del due volte vicecampione del mondo Mikko Hirvonen.

pernat, il manager — Così Carlo Pernat, il manager: “Marco era un ragazzo solare, amico di tutti. Aveva delle aspettative, dei sogni. Un ragazzo di altri tempi, con una bella famiglia che gli ha insegnato dei valori. È terribile, non ci sono parole, dispiace moltissimo a tutti, poteva diventare campione del mondo un giorno. Ora mi vengono in mente le partite di scopone, i nostri viaggi in America, la voglia di arrivare, era tutta in lui, era veramente dentro di lui, c'era questa voglia di successo perchè sapeva di poterlo avere. C'era arrivato con tante difficoltà ma c'era arrivato grazie alla sua famiglia, onestamente grazie a suo padre, grazie a sua madre. Ripeto, un ragazzo di altri tempi, simpatico, non c'era una persona che non salutava".

hayden addolorato — Nicky Hayden ha purtroppo osservsto l'incidente da vicino: "Una bruttissima giornata per tutti noi, Marco l'ho visto cadere, con la sua moto che andava verso l'interno e le altre che lo colpivano - ha detto lo statinutense della Ducati -. All'uscita di una curva gli è scappato il treno posteriore, probabilmente ha cercato di controbilanciare la moto e non ce l'ha fatta. Quando si è uno sopra l'altro c'è poco da fare. Sento un dolore molto forte, in pista siamo tutti fratelli e facciamo parte della stessa famiglia. Marco ci mancherà tantissimo, era un ragazzo molto simpatico ed ora non so cos'altro dire, solo che possa riposare in pace. Sono vicino alla sua famiglia: in momento come questo bisogna esser forti”.

sabato 22 ottobre 2011

Morto don Mazzi a 84 anni


Rimosso dalla sua parrocchia dell'Isolotto nel 1968 da allora ha guidato la comunità del popolare quartiere


FONTE:CORRIERE DELLA SERA. IT


È morto a Firenze Don Enzo Mazzi, il sacerdote rimosso dalla sua parrocchia dell'Isolotto dal card. Ermenegildo Florit nel 1968 da allora ha guidato la comunità di base del popolare quartiere fiorentino. La rottura con la Chiesa avvenne per la solidarietà data da Don Mazzi agli occupanti del duomo di Parma. Aveva 84 anni.

IL «PRETE DEL DISSENSO» - La notizia della morte di don Mazzi si è diffusa in serata nel capoluogo toscano ed è stata confermata da fonti vicine alla Comunità dell'Isolotto, la stessa che si è raccolta per oltre 40 anni attorno al "prete del dissenso". La comunità ricorderà la figura di don Mazzi, malato da tempo, domani mattina alle 10,30 nello stesso popolare quartiere fiorentino dove, dopo la sua rimozione da parroco, per decenni è proseguita la celebrazione eucaristica in una piazza sotto le tettoie che abitualmente ospitano un mercato.




venerdì 21 ottobre 2011

“Tradizione e memoria” la mostra del “Museo Città Creativa” di Ogliara (Sa)

“Tradizione e memoria” la mostra del “Museo Città Creativa” di Ogliara (Sa)

Come ammazzare il capo…e vivere felici

Come ammazzare il capo…e vivere felici

A proposito di "Sic transit gloria mundi "


QUDERNO A QUADRETTI
RUBRICA DI
MARIA SERRITIELLO

DA: WIKIPENDIA




JUAN DE VALDES LEAL(1682)
FINIS GLORIAE MUNDI
HOSPITAL DE LA CARITAD di SIVIGLIA

Sic transit gloria mundi "Così passa la gloria del mondo", in senso lato ("Come sono effimere le cose del mondo") è una celebre locuzione in lingua latina.

Deriva da un passaggio dell'Imitatio Christi : "O quam cito transit gloria mundi". Analogo il senso della locuzione "Mundus transit et concupiscentia eius" ("Il mondo passa e così la sua concupiscienza") nella prima lettera di Giovanni (2,17).

La locuzione viene citata anche a proposito di insuccessi seguiti a grandi trionfi, a volte in tono scherzoso, oppure in occasione della morte di personaggi famosi. Anche in questo caso, il senso della voce è piuttosto esplicito e non cambia.

La sentenza Sic transit gloria mundi è leggibile in molti cimiteri incisa su tombe di personaggi che in vita hanno goduto di popolarità.

In ambito ecclesiastico

Assieme alla formula Habemus papam, è una tra le locuzioni più conosciute riguardo alla nomina di un nuovo pontefice. Queste parole, secondo l'antico rito, venivano infatti ripetute dal cerimoniere al nuovo Papa subito dopo la sua elezione al soglio di Pietro

Con esse si intendeva rammentare al vescovo di Roma, nonché capo della Chiesa cattolica, la transitorietà del potere temporale e quanto, in ogni caso, la vita sia caduca così come vano sia ogni sfarzo del mondo terreno.

Durante la cerimonia di incoronazione infatti il cardinale protodiacono si avvicina al pontefice e pronunziando queste parole spegne una fiammella di una stoppa su un'asta: così come una fiamma si spegne in un batter d'occhio così anche la gloria del mondo svanisce in poco tempo. Il papa si inginocchia e riflette su ciò.


Questo per il veccchio mondo era ed è l'uso....

Oggi

fonte: sussidiario.net

Ancora prima di vedere tali immagini, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, aveva commentato alla sua uscita di scena con l’adagio latino “Sic transit gloria mundi”. Non sapendo, tuttavia, che, di norma, è sempre stato riferito ai Papi: “Così passa la gloria del mondo" – questa la traduzione – proviene da un passaggio dell’Imitatio Christi: "O quam cito transit gloria mundi”. Contestualmente, lo si attribuisce anche alla frate "Mundus transit et concupiscentia eius" (Il mondo passa e così la sua concupiscenza”) della prima lettera di Giovanni (2,17). Il cardinale Camerlengo, nell’annunciare l’elezione del nuovo Pontefice, gli ripeteva, nell’antico rito, la frase.

Nessuna pietas....per un'anima perversa, ma pur sempre un'anima, secondo i dettami religiosi
..,...Eppure in famiglia si vantano 3 zie suore.....

Voglio citare la locuzione correlata alla "sic transit gloria mundi"che dobbiamo ricordare tutti

Memento mori
(letteralmente: Ricordati che devi morire)



giovedì 20 ottobre 2011

Morto Gheddafi



QUADERNO A QUADRETTI
RUBRICA DI
MARIA SERRITIELLO

LA MORTE, NON MI PIACE NEANCHE SE AD ESSERE COLPITO E' UN DITTATORE. LA VIOLENZA PERPETRATA DA UN UOMO AD UN ALTRO UOMO MI SCONVOLGE SEMPRE



mercoledì 19 ottobre 2011

Modi di dire e sua origine



RUBRICA DI
MARIA SERRITIELLO

Nei giorni scorsi ci siamo imbattuti in due modi di dire, che l'informazione ha usato, per spiegarci alcune notizie. Proviamo a conoscerne l'origine.

"L'Aventino" e la "Vittoria di Pirro"


La "Vittoria di Pirro"
fonte:Wikipendia

Una vittoria di Pirro o vittoria pirrica è una battaglia vinta a un prezzo troppo alto per il vincitore. L'espressione si riferisce a re Pirro dell'Epiro, che sconfisse i Romani a Heraclea e Ascoli Satriano rispettivamente nel 280 a.C. e nel 279 a.C., ma sostenendo perdite così alte da essere in ultima analisi incolmabili, e condannando il proprio esercito a perdere la guerra pirrica. Dopo la battaglia di Ascoli Satriano, Plutarco narra che:

« Gli eserciti si separarono; e, da quel che si dice, Pirro rispose a uno che gli esternava la gioia per la vittoria che "un'altra vittoria così e si sarebbe rovinato". Questo perché aveva perso gran parte delle forze che aveva portato con sé, quasi tutti i suoi migliori amici e i suoi principali comandanti; non c'erano altri che potessero essere arruolati, e i confederati italici non collaboravano. Dall'altra parte, come una fontana che scorresse fuori dalla città, il campo romano veniva riempito rapidamente e a completezza di uomini freschi, per niente abbattuti dalle perdite sostenute, ma dalla loro stessa rabbia capaci di raccogliere nuove forze, e nuova risolutezza per continuare la guerra. »
(Plutarco )


Secondo il resoconto dello storico Paolo Orosio (IV.1, 15) la frase (che sarebbe stata pronunciata dopo la battaglia di Eraclea) suonava "Un'altra vittoria come questa e me ne torno in Epiro senza più nemmeno un soldato

"L'Aventino"
fonte: Corriere della Sera .it+ Wikipendia

Si è parlato di Aventino, per ricordare quando (nel 1924) l' opposizione si ritirò dai lavori parlamentari dopo l' omicidio Matteotti.

Il fatto

Le elezioni del 1924 furono una tappa importante per il consolidamento del potere fascista. . Una nuova legge elettorale, pressioni e corruzioni d'ogni genere davano nell'aprile 1924 i due terzi dei seggi alla " lista nazionale " presentata dai fascisti. Ciononostante, il 30 maggio il deputato socialista Giacomo Matteotti ebbe il coraggio di denunciare con un grande discorso alla Camera le violenze e i brogli commessi per carpire la vittoria; pochi giorni dopo veniva trovato in aperta campagna, assassinato da sicari delle camicie nere.

L'omicidio sollevò nel Paese un'ondata d’indignazione e pose in immediato pericolo il nuovo regime, che riuscì in ogni caso a salvarsi, anche per l'errore dell'opposizione che giunse alla decisione di "ritirarsi sull'Aventino ". I parlamentari delle opposizioni, ad eccezione dei comunisti, abbandonarono l'aula fin dal 14 giugno, prima ancora, cioè, che fosse ritrovato il corpo del deputato socialista, per riunirsi in un'altra sala di Montecitorio e costituirsi in unico parlamento legittimo, visto che nel parlamento ufficiale era ormai impossibile esercitare ogni funzione libera per gli eletti del popolo. In quell'occasione fu votato un ordine del giorno che diede origine alla cosiddetta "secessione dell'Aventino", in ricordo di un famoso episodio della storia dell'antica Roma, quando i rappresentanti della plebe misero in atto una clamorosa protesta riunendosi su questo colle: "I rappresentanti dei gruppi di Opposizione, riunitisi oggi a Montecitorio, si sono trovati d'accordo nel ritenere impossibile la loro partecipazione ai lavori della Camera, mentre la più grave incertezza regna ancora intorno al sinistro episodio di cui è stato vittima l'on. Matteotti. Pertanto i suddetti rappresentanti deliberano che i rispettivi gruppi si astengano dal partecipare ai lavori parlamentari della Camera, e si riservano di constatare quella che sarà l'azione del governo e di prendere ulteriori deliberazioni".

Ma ancor prima....

La secessione dell'Aventino (dal nome del colle Aventino sul quale – secondo la storia romana – si ritiravano i plebei nei periodi di acuto conflitto con i patrizi, vedi Secessio plebis

La Secessio plebis o secessione della plebe, fu una forma di lotta politica adottata dalla plebe romana, tra il V ed il III secolo a.C., per ottenere una parificazione di diritti con i patrizi. La secessione consisteva nel fatto che la plebe abbandonava in massa la città. In questo modo tutti i negozi e le botteghe artigiane restavano chiuse ed inoltre non era possibile convocare le leve militari che in quel periodo facevano sempre più ricorso anche ai plebei.

La prima secessione avvenne nel 494 a.C. e l'ultima nel 287 a.C.




L’antica popolare pasticceria Chianese



FONTE: IL BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO
DI MARIA SERRITIELLO

Qualche tempo fa, prima che la dolcissima Signora D’Acunto ci lasciasse, avevo tratteggiato un suo profilo, che mi piace proporre in GuestBook. Così chi non la conosce, data l’età giovane, ne ha l’opportunità e chi la ricorda, la ritrova intatta nella memoria.

'Un po’ prima d’inoltrarsi nello slargo del Largo Campo, soffermarsi nella pasticceria Chianese è un forte richiamo che poco ha di commerciale per molti salernitani ma che ogni volta amano rinnovare.
La titolare, Nicolina D’acunto, una dolce signora di una certa età, accoglie tutti con un contenuto sorriso, quello che si può ancora trovare sulle statue delle Madonnine venerate in costiera. I capelli tirati indietro e fermati dalle forcine di finta tartaruga, sono uguali a quelli delle nonne, quando avevano tutte la stessa faccia. La dolcezza è quella dei suoi dolci che senza mai stancarsi e nel timore di Dio, fa da anni e da sola. La sua è una storia semplice, malinconica che la vede prima giovanissima, perdere il compagno della sua vita e poi consegnata al tempo, instancabile e laboriosa. Si entra, lasciando nella strada l’ombra dei vicoli e nella pasticceria che, nella sua storia, vanta di aver fatto assaggiare gustose zeppole perfino a Garibaldi, si ha l’impressione che gli ammodernamenti eseguiti non più di 5 anni fa, poco o niente hanno cancellato tracce di un passato qui annidato, profumato alla cannella. All’istante, il luogo e la piccola signora, risultano familiari, si ha voglia di parlare, ascoltare le sagge parole messe in fila e offerte naturali, come un pacchetto di durevoli amaretti. E di cose ne dice ma sempre dosandosi, come per una ricetta buona e quando dettaglia sul grano rifornito a intere generazioni della città per la fattura della pastiera, il sostanzioso dolce Pasquale, il racconto diventa una favola del c’era una volta. “Il grano” dice con fievole voce, mentre assesta le mani operose nel grembo protetto da un bianco sinale è portato fin qui da un grossista napoletano. Secco e tenero esso va lavato sette volte. Ecco, la ripetizione del gesto metodico della preparazione diventa simile al magico elemento delle favole vere: “…sette paia di scarpe ho consumato…, sette gnocchi hai da preparare se il principe vuoi sposare… e sette sono le leghe per il gatto con gli stivali…”. Allora, la cucina che s’intravede al di là del bancone e le scansie rinnovati quel tanto che basta, assume la struttura di antro spolverato dalle suggestioni incantate, con i suoi calderoni di lucido rame, ogni anno stagnati da un artigiano di Coperchia, avanti negli anni, con le grandi circonferenze che inghiottono un mezzo quintale alla volta di granuloso impasto e con lunghe, capaci cucchiaie di legno che servono ad aiutare le quattro ore di cottura. Ogni tanto, l’alchimia profumata riceve acqua tiepida, appositamente aggiunta per non far prosciugare il composto. Gesti lenti pazienti scenici che nessuno più sa interpretare e la stessa signora arrendevole dice consapevole “tutto è cambiato, non c’è più nulla come prima”. Ma come prima, come sempre, Lei, ha con gli avventori un legame di parentela, dispensando caramelle ai più piccini, chiedendo affettuosamente notizie sui più vecchi e rallegrandosi che ai suoi clienti, come per i familiari, le cose vadano bene. Cinquant’anni trascorsi così, ad addolcire testardamente tutto l’amaro della vita, a fare del suo mestiere una nobile arte. E tante, tra le altre, le sue specialità: dalle scorzette di cedro e zucca candite, al pan di spagna spalmato di “naspro”, la glassa di zucchero cotto, dai confetti di mandorle e cacao, alle “teste di moro”, vere ghiottonerie al cioccolato. Nei vasetti, poi, di vetro trasparente posti con ordine negli stipi, sorridono al tempo: cannellini bianchi appuntiti, topolini bicolore elak, moltiplicata granella e allegri diavolini per la guarnizione vivace di torte e struffoli di Natale. Alla parete e alla vista quasi sfugge, una pergamena della Camera del Commercio con su scritto “Medaglia d’oro, al merito, per aver mantenuto la tradizione artigianale”. La mansueta “Signora” raccolta nei gesti si schernisce, abbassa il capo e guarda le proprie mani, forti, lisce: sono quello, solo quelle, la sua unica e vera medaglia d’oro da vantare.

MARIA SERRITIELLO
IL BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO
SEZ.GUESTBOOK





Maria Serritiello

E' morto il poeta Andrea Zanzotto, poeta del paesaggio nelle angosce del '900



FONTE:TISCALI.IT

Aveva appena festeggiato i 90 anni con gli auguri del presidente Giorgio Napolitano, Andrea Zanzotto, uno degli ultimi grandi poeti del secondo Novecento, di cui' notò per primo i versi Giuseppe Ungaretti e che Federico Fellini chiamò per il suo Casanova.
Morto oggi all'ospedale di Conegliano, nel suo Veneto che non ha mai abbandonato e per il quale non voleva la secessione, Zanzotto era nato a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, il 10 ottobre del 1921.Da sempre impegnato in difesa dell'ambiente, ha trovato nei boschi, nei cieli, nel paesaggio della campagna veneta la sua ispirazione fin dall'infanzia, quando bambino andava con il padre pittore, antifascista, a contemplare il paesaggio che poi ritrovava a casa, nei suoi quadri. E proprio versi dedicati al padre ha voluto leggere il giorno del suo compleanno in cui è rimasto "toccato" dalle parole dell'"amico" Napolitano che ha ricordato i "comuni trascorsi studenteschi a Padova negli anni della guerra e dell'antifascismo". "La ringrazio - ha scritto il Capo dello Stato nella lettera per Zanzotto ora raccolta nel volume 'Nessun consuntivo (Ed.Antiga) - per questa severita' appassionata dei suoi messaggi, per l'amore che rivolge alla natura ferita così come alla gente del suo Veneto". "Dal paesaggio - aveva più volte detto Zanzotto - ricevevo una forza di bellezza e tranquillità. Ecco perché la distruzione del paesaggio è stata per me un lutto terribile".Parole dure verso il Carroccio - Così come è stata una grande sofferenza veder crescere l'anima leghista. Recentemente il poeta non aveva risparmiato parole dure al Carroccio dicendo di provare "repulsione" ogni volta che sentiva la Lega parlare dell'Unità d'Italia. E il giorno del suo novantesimo compleanno, festeggiato al Caffé Pedrocchi di Padova, con Zanzotto collegato in video-conferenza perché ormai non usciva più di casa, non è mancata la protesta di Roberto Marcato, vice presidente della Provincia di Padova, per non essere stato invitato al tavolo dei relatori "perché appartengo a un partito che parla di secessione". A Padova, la città in cui si era laureato in Lettere nel 1942 con fra gli insegnanti Diego Valeri, e di cui aveva la cittadinanza onoraria, Zanzotto era molto legato.Parole di speranza per i giovani - Ma, il poeta del paesaggio e delle angosce e ossessioni del nostro tempo, aveva più volte spiegato di scrivere versi "per attraversare quest'epoca rotta e maledetta". E a novant'anni aveva comunque parole di speranza per i giovani: "c'é sempre una possibilità positiva. Come la scoperta scientifica dei neutrini". Più del suo compleanno, aveva detto, "mi interessa la scoperta dei neutrini che superano la velocità della luce. E' una specie di miracolo che mi attira e vorrei approfondire, per quanto possibile".Galan: “La sua poesia fa di lui un immortale” - Il cittadino Andrea Zanzotto ha cessato di vivere. La sua poesia invece fa di Andrea Zanzotto un immortale". Questa la prima dichiarazione del ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan, dopo aver appreso della scomparsa del poeta di Pieve di Soligo. "So di interpretare il dolore sincero di tutta la Regione per la scomparsa di un grande uomo e di una immensa personalità della cultura internazionale": lo ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia. "Con Andrea Zanzotto - ha aggiunto il governatore - se ne va uno degli spiriti liberi del Veneto, un poeta che ha lasciato una impronta incancellabile, un veneto che fino all'ultimo ha scelto di vivere e arricchire con la propria umanità la nostra terra. A sua moglie e ai figli - ha concluso - il più vivo cordoglio mio personale, della Regione del Veneto e credo di tutti coloro che l'hanno conosciuto, stimato e amato".Il presidente consiglio Veneto: “Siamo smarriti” - La morte di Zanzotto ci lascia attoniti, smarriti": il presidente del consiglio regionale del Veneto, Clodovaldo Ruffato, va con il pensiero a otto giorni fa quando, nella casa del poeta a Pieve di Soligo (Treviso), aveva consegnato ad Andrea Zanzotto, in occasione dei suoi 90 anni, il "Leone del Veneto", la massima onorificenza regionale. "Aveva una lucidità spaventosa - ricorda Ruffato solo nel fisico era un po' segnato. Si stancava presto. Averlo conosciuto per me è stato un grande evento. Zanzotto è ed è stato un vanto per il Veneto; ha saputo coniugare l'universalità del linguaggio della poesia con le sue radici, con il paesaggio, con le nostre tradizioni, la nostra cultura e dialetto. la sua opera e la sua figura non finirà di essere apprezzata e approfondita ed essere ancor più parte della poesia e letteratura italiana e non solo".

Nessuna indulgenza per i violenti, ma i fatti di Piazza San Giovanni non mi hanno sorpreso: è fisiologico



FONTE:TISCALI.IT
DI MARCO LODOLI


Sia chiaro, chiarissimo: nessuna indulgenza con chi spacca la città, terrorizza la brava gente, getta fango sulle giuste rivendicazioni di migliaia di pacifici dimostranti. Però devo riconoscere che la battaglia di Piazza San Giovanni non mi ha sorpreso. Sarà che lavoro in una periferia di poche speranze, sarà che ho conosciuto tanti ambienti diversi, i borghesi e i disgraziati, gli artisti, i cattolici, i fascisti, i comunisti, i tutto di tutto e i niente di niente, sarà perché non ho molte idee, ma guardo di continuo il paesaggio che muta, e cerco di capirlo, di orientarmi. Sarà per tanti motivi diversi, ma l’esplosione di violenza di sabato pomeriggio non mi ha meravigliato.



Viviamo in una società capitalista che negli ultimi decenni ha sviluppato naturalmente meccanismi precisi di esclusione. Bisogna essere competitivi, preparati, aggressivi perché non c’è posto per tutti, questo mi pare evidente. Chi ce la fa esulta, chi non ce la fa si dispera. Questa logica inevitabilmente produce i vip del Bilionaire, i ricchi con i conti nascosti in qualche isola lontana, gli speculatori, i nababbi, i privilegiati. Qualcuno è stato fortunato, qualcuno ha avuto senza merito una vita di velluto, e magari c’è anche chi lavora sodo - grandi professionisti, tecnici eccellenti, innovatori geniali - e viene premiato con fior di quattrini. Ma come possiamo stupirci del fatto che questa stessa società, così generosa con i vincenti, sia feroce con chi resta sconfitto?



E’ praticamente fisiologico che una compagine sociale così iniqua nella distribuzione dei doni e del carbone contenga in sé molta desolazione e molta rabbia. Per ogni stella che brilla in cielo ci sono mille persone nella stalla. Per ogni sorriso sul rotocalco patinato dei giovani e belli, ci sono diecimila smorfie di pena sulla carta straccia della miseria. Così crescono i depressi, gli avviliti, i frustrati: quante persone conoscete che non amano più la vita, che si sentono fallite, escluse, scaricate dal treno che corre e corre? Quante persone nei bar, nelle strade, nelle case si lamentano, sbuffano, succhiano psicofarmaci, bevono troppo, fumano troppo, si sfondano di tristezza?



E’ questo il gioco in cui siamo capitati. Si distribuiscono le carte: uno ha quattro assi perché è fortunato o perché bara, e gli altri perdono le dieci fiches che hanno davanti. E allora parliamoci chiaro: una società che premia chi ce la fa e dimentica chi non ce la fa, che produce e coccola un’elite, non deve stupirsi se nelle sue viscere cresce anche qualche manipolo di disperati pronti a sfasciare tutto. E’ fisiologico, pressoché inevitabile. E’ la bilancia del mondo. Più fortuna getti su un piatto, più violenza si piazza sull’altro. Noi odiamo la violenza, ma non ci piace nemmeno una società che ingrassa pochi e lascia che tanti giovani si consumino nella disperazione. La disperazione, alla fine, rende pazzi, rovina tutto, distrugge tutto.

lunedì 17 ottobre 2011

Il giro del mondo a piedi in 11 anni: terminata l'avventura di Jean Beliveau



FONTE:TWITTER DA "ZINGARATE"

Vi capita mai di fantasticare su come poter viaggiare nel mondo, lasciando tutto e tutti, compresa la maggior parte dei vostri beni terreni dietro di voi? Sono tanti quelli che l'han fatto e l'ultimo della serie, e forse il più estremo di tutti, si chiama Jean Beliveau, un intrepido, quasi incosciente canadese che all'età di 45 anni aveva deciso di lasciare la sua terra, e partire per un viaggio a piedi, con pochi soldi in tasca, intorno al mondo. Dopo 11 anni e decine di migliaia di km, Jean è finalmente ritornato a casa! Anziché impiegare 80 giorni, come scriveva il grande Jules Verne, ce ne sono voluti oltre 4.000...

Jean Beliveau ha fatto proprio questo, avventurarsi in un tour a piedi attorno al globo, che lo ha portato a camminare 75 mila chilometri, attraverso cinque continenti ed in 64 nazioni prima di ritrovare finalmente la via di casa fino a Montreal, dove è arrivato la scorsa domenica.

"CHE COMICO 2011-2012" TEATRO RIDOTTO SALERNO




TEATRO RIDOTTO
urbano II n.45
Salerno

OTTOBRE
29-30 CLAUDIO TORTORA
in “ emozionando
NOVEMBRE
5 LUCIANO CAPURRO
in “ quelli che…….il varieta’”
19-20 DOMENICO LANNUTTI
in “niente è permanente come dice il mio parrucchiere”
DICEMBRE
3-4 ALESSANDRO BOLIDE da made in sud
In “non c’è niente da ridere”
10-11 OSCAR BIGLIA Premio Charlot 2011
In “a qualcuna piace calvo”
GENNAIO
14 DADO da zelig
In “quando sono nato io”
28-29 I DOPPIA COPPIA da made in sud
In “visti e rivisti”
FEBBRAIO
18 ROSALIA PORCARO
In “one woman show”
MARZO
10-11 LALLO CIRCOSTA da guida al campionato
In “ lallo è una parola che non esiste nel mio vocabolario”
17-18 CIRO CERUTI E CIRO VILLANO da fuoricorso
in “ solo cabaret”


sabato 29 ottobre alle ore 21.30
domenica 30 ottobre alle ore 19,15

CLAUDIO TORTORA

in

"EMOZIONANDO"


Gli altri spettacoli a seguire, come da programma

INFO :089-23-39-98 oppure al 3274934684 abbonamento 10 spettacoli € 110 PRENOTA LA TUA RISATA



venerdì 14 ottobre 2011

Vita da gemelli, genitori e insegnanti devono facilitarne uno sviluppo equilibrato e individualizzato




FONTE:TISCALI.IT
DI ELISABETTA ROTRIQUEZ

Che cosa significa nascere, crescere e passare una vita intera con un gemello? Che tipo di rapporto c’è tra due gemelli rispetto a quello tra altri fratelli o sorelle? Innanzitutto i gemelli possono essere: monozigoti, ossia identici nel senso che condividono il sesso, il patrimonio genetico, l’aspetto fisico e molte caratteristiche psicologiche oppure dizigoti, cioè fisicamente hanno alcune differenze, possono essere anche di sesso diverso e condividono solo in parte le caratteristiche precedenti (il patrimonio genetico è identico in media al 50%, come nei fratelli non gemelli).



La psicologia studia da tempo i gemelli per capire quanto l’ambiente o la dotazione genetica influiscono sul loro sviluppo e più in generale sullo sviluppo delle persone. Un aspetto fondamentale dell'educazione è aiutare ogni bambino, sia esso singolo o gemello, a costruirsi con il tempo una propria identità e indipendenza. Pertanto va considerato che ogni bambino è unico rispetto al suo percorso di vita, alla sua personalità e alla sua storia personale e familiare. Questo vale soprattutto nel caso dei gemelli, poiché spesso si tende a rapportarsi a loro come ad una coppia e non a due persone singole e differenti.



Tanti genitori di gemelli si chiedono come fare per educare i figli in modo che abbiano personalità autonome e definite, mantenendo parallelamente il rapporto di stretta comunione che c’è tra loro. Sin dalla nascita il gemello stabilisce un legame molto forte con la madre ed il co-gemello. Il problema emerge fortemente nell’età adolescenziale, periodo di per sé difficile per tutti i ragazzi, costretti a confrontarsi con se stessi, il proprio corpo, i propri obiettivi, la propria identità.



I gemelli possono incontrare più difficoltà rispetto ai coetanei a causa della maggiore intimità presente tra loro e di un rapporto particolarmente forte e dipendente. Di conseguenza possono avere problemi nel separarsi e a differenziarsi dal gemello e dai genitori, nel costruire amicizie con compagni che siano importanti e costruttive quanto il rapporto con il co-gemello.



Il rapporto che due gemelli instaurano può essere di vario tipo. La condizione estrema è l’unione, nel senso di fusione completa, simbiosi affettiva, conflittualità, ambivalenza e difficoltà nel separarsi (tanto da creare ansia e paura). In questi casi di solito la madre è affettivamente poco presente o è lei stessa a favorire un rapporto così stretto. Vi sono poi altri modelli: quello di interdipendenza, anch’esso molto coinvolgente a livello emotivo, ma meno ansiogeno e conflittuale; il modello scisso, si verifica quando una madre, di solito con personalità borderline, tende a definire i ruoli dei figli in modo rigido (ad esempio, lo studioso e il nullafacente); quello competitivo, in cui i genitori enfatizzano le differenze dei figli ma senza esagerazioni; il modello di attaccamento, presente di solito nei figli gemelli di sesso diverso, con i quali la madre si relaziona in modo differente; il modello idealizzato, in cui il genitore evidenzia le somiglianze dei gemelli e le valorizza (Benelli, 2011).



Quindi come devono comportarsi i genitori di gemelli? Nascere gemelli può creare limiti nello sviluppo della propria personalità solo se la gemellarità viene vissuta dai figli o dagli altri come una gabbia o un limite. Pertanto è fondamentale il modo in cui i genitori, i fratelli, gli insegnanti e gli amici si relazionano con i gemelli, rafforzandone l’uguaglianza e la similarità oppure favorendo l’individualità di ciascun gemello.



Le giuste modalità per aiutare un gemello a crescere con una buona autostima ed una sua identità ben definita devono essere messe in pratica sin dall’infanzia nelle interazioni sociali, nella gestione delle attività quotidiane e nei contesti scolastici. Quando un genitore deve chiamare i figli, è meglio che usi i nomi propri e i pronomi al singolare, evitando di utilizzare espressioni come “voi due” oppure “i gemelli”, rafforzando un’idea di identità simbiotica. I giocattoli non devono essere necessariamente uguali, ma adatti ai desideri di ciascun bambino.



Per quanto riguarda l’abbigliamento si vedono spesso gemelli, soprattutto nell’infanzia, vestiti allo stesso modo. L’idea è carina e divertente, ma è bene che non sia la regola. La differenziazione nel vestirsi è utile non solo ai gemelli, ma anche alle persone che devono riconoscerli (nel caso di gemelli monozigoti). Anche una pettinatura o un taglio di capelli diversi potrebbero aiutare i genitori a riconoscerli senza difficoltà.



L’inserimento scolastico è un altro passaggio difficile nella vita dei gemelli. È bene che frequentino la stessa classe o è meglio che vengano iscritti in classi o addirittura scuole diverse? Ci sono studi sia a favore che contro la separazione, in quanto bisogna valutare il tipo di relazione che c’è tra loro. Se uno dei due o entrambi sono angosciati dalla separazione, allora è consigliabile evitare di imporre una separazione, ma piuttosto intervenire e aiutare il gemello più fragile ad acquisire una maggiore indipendenza. Frequentare classi o scuole diverse aiuta i gemelli a crearsi una rete di amicizie autonoma rispetto al fratello e che risponde maggiormente alle sue esigenze personali (Benelli, 2011). Un rischio che talvolta si verifica quando due gemelli frequentano la stessa classe si concretizza in spiacevoli confronti, spesso messi in atto dagli insegnanti, con l’intento di creare una rivalità allo scopo di facilitare una differenziazione, ma talvolta questo atteggiamento porta a rafforzare una divisione e caratterizzazione dei ruoli già verificatasi in famiglia. Quindi tutti coloro che si trovano a dover accogliere figli gemelli, in primis genitori e insegnanti, devono essere preparati così da facilitarne uno sviluppo equilibrato e individualizzato.


giovedì 13 ottobre 2011

Le donne del sesto piano




FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO


Parigi anni ’60, Jean Louis Joubert, ingessato agente di cambio e disciplinato capo famiglia, trascorre una vita tranquilla, d’impronta borghese, dividendosi tra gli affetti familiari ed il lavoro. Abita fin dall’infanzia nello stesso edificio, senza averlo quasi mai abbandonato. Un giorno, però, la routine casa-lavoro, lavoro- casa, viene interrotta per aver assunto Maria, una nuova persona di servizio, di origine spagnola, al posto dell’anziana tata francese. La ragazza, finito il servizio, si ritira al sesto piano del palazzo, dove, nei miseri abbaini, oltre a lei vivono altre 5 inservienti, sue connazionali. Jan Louis, giorno dopo giorno, con timore ed innocenza, sviluppa una segreta passione per la giovane volitiva che gira per la casa. Senza allontanarsi dal palazzo in cui è nato, ma arrampicandosi fino al sesto piano, segue la sua passione, scopre una realtà del tutto diversa dalla sua, attraverso la conoscenza più approfondita delle sei donne, si libera degli stereotipi, che per più di mezzo secolo gli hanno segnato il passo e cambia vita.



Commento



L’impianto del film è semplice e lineare e i personaggi, che si muovono all’interno, seguono in maniera precisa una partitura scritta. Ogni gesto ripetitivo o noiosa mania concorrono a delineare con precisione i personaggi, ad esempio: l’uovo alla coque a colazione del signore che se la cottura è quella giusta, gli spiana la giornata in maniera positiva, negativa nel caso contrario, oppure gli impegni inconsistenti e vuoti della scialba padrona di casa, o anche l’alloggio arredato rigorosamente in stile e tenuto esasperatamente in ordine ed infine, Maria, la cameriera tenace e determinata e le sei donne, di diversa età, detentrici di folklore non invasivo. Il periodo storico sullo sfondo, quello della Spagna di Franco, che ha costretto a molte donne iberiche ad abbandonare la patria, per cercare lavoro in Francia, è tratteggiato con discrezione ed incoraggia la riflessione su come eravamo diversi, negli anni, non tantissimi, trascorsi. Proiettato fuori concorso al 61° Festival di Berlino “Le donne del sesto piano”, è un film garbato, esente da volgarità, che non si dilunga in estenuanti analisi sociologiche, ma srotola una piacevole commedia, a tratti perfino esilarante. Di stile made in France, il film, sicuramente, non avrà la strada spianata in Italia, per la proverbiale diffidenza nei confronti della cinematografia francese. A surclassare un solo uomo, il docile Jean, solo in apparenza, come riferimento, si riconosce l’inconfondibile stile di Pedro Almodovar e la presenza di tante donne, (Maria, Suzanne, Concepcion, Carmen, Teresa, Pilar, Colette), perfino la portiera è donna(! ) non fanno altro che aggiungere valore a ciò che si vedrà.



Gli Interpreti



Eppure Fabrice Luchini, il Jean Louis Joubert del film, dal portamento discreto di uomo qualunque di sessant’anni, uno che difficilmente cattura l’attenzione, dà un’impareggiabile prova di arte recitativa. Non è bello, non ha fascino, ha perfino piccole manie che lo connotano sia come persona che come agente di cambio, pur tuttavia ha un cuore, un muscolo che da tempo batte con svogliatezza. La metamorfosi a cui va incontro privo di riserve, ma piano, piano per covare il suo sentimento senza far prevalere l’istinto, è tutta sul suo viso, illuminato da sfaccettature espressive. Eccellenti quelle con cui sbircia “la bonne” nel bagno sotto la doccia, oppure quella con la quale, abbandonata l’austerità del suo ambiente, accennerà a passi di flamenco, contagiato dalle sei vivaci signore, o anche quella che gli resterà stampata sul viso, mentre mangerà, con qualche perplessità iniziale, “la paella” Bravo Luchini nel far emergere la simpatia e l’umanità del personaggio, ma tutti gli attori hanno caratterizzato bene, per cui il film risulta estremamente piacevole, da Sandrine Kiberlain, la scialba moglie di Jean Louis Joubert, a Natalia Verbeke (Maria), a Carmen Maura (Concepcion), a Lola Duenas (Carmen), a Berta Ojea(Dolores), a Nauria Solè (Teresa), a Concha Galan (Pilar) e a Marie-Armelle Deguy (Coletta de Bergeret)

Il Regista: Philippe Le Guay è nato a Parigi il 22 octobre 1956. Ha diretto il suo primo lungometraggio nel 1989 : Les Deux Fragonard. Altro suo film di buona fattura è il : Il costo della vita

Curiosità

Il regista Philippe Le Guay ha trasferito nel film i suoi ricordi infantili. Di famiglia agiata e nobile ha memoria delle abitudini delle bonnes che affollavano la sua dimora.

Il vero nome di Fabrice Luchini è Robert, nato a Parigi nel ’51, è figlio di un immigrato italiano, di nome Adelmo, originario di Assisi, che aveva un negozio di frutta e verdura, proprio in un quartiere popolare di Parigi. A 14 anni è assunto come apprendista da un coiffer pur dames ed è là che adotta il nome d’arte Fabrice che utilizzerà in seguito.





Spunti di riflessioni. Quale cambiamento nel rapporto tra padroni e domestici nella società attuale ?



Cast: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura, Lola Dueñas, Berta Ojea, Nuria Solé, Concha Galán, Muriel Solvay, Marie-Armelle Deguy, Annie Mercier, Michele Gleizer



Regia : Philippe Le Guay



Giudizio

Distinto

Maria Serritiello
www.lapilli.eu



mercoledì 12 ottobre 2011

Un anno tra le nuvole Concerto per Franco Smeraldo




"TEATRO DELLE ARTI"

CONCERTO PER FRANCO SMERALDO



Lunedì 24 ottobre
Ore 20.30
"TEATRO DELLE ARTI"
Via Monsignor Grimaldi 7
Salerno

Con:
I CIMAROSA
GIANNI MAURO
COMPAGNIA DALTROCANTO
EX NOVO (quartetto di Gennaro Pisapia e Valentina Cautero);


FRANCO SMERALDO

E' già passato un anno da quando e'volato in cielo, dopo una lunga malattia il Maestro Franco Smeraldo.

Chitarrista del salernitano dalle doti tecniche sopraffine, insegnante per centinaia di alunni di Salerno e non solo.

Famoso per aver suonato nel gruppo dei Cimarosa negli anni settanta, ottanta e novanta.

I Cimarosa erano un gruppo di musica napoletana ospite di molte trasmissione televisive come: Domenica In, Serata d’onore, Buona Domenica e Mattino in famiglia.

Impegnato in Politica fin da ragazzo fece parte di Lotta Continua, promuovendo le battaglie sul divorzio, le occupazioni, e le lotte studentesche.
In particolare è stato insegnante a Cava de’ Tirreni presso l’accademia musicale del Maestro Umberto Apicella per oltre 10 anni.

Christian Trapanese lo ricorda non solo come maestro strumentale ma sopratutto come maestro di vita. Aveva sempre la battuta pronta per tutti. Ha trasmesso a tutti l’amore infinito per la musica e per la vita.Soleva dire di combattere sempre, di essere forti e di porsi agli altri in modo umile e giusto. Di lui si ricorda un aneddoto significativo per capire com'era fatto. Trovandosi per strada, vide, davanti ad un negozio di abiti molto prestigioso di Salerno, un mendicante che veniva malamente cacciato dal proprietario dell’esercizio commerciale. Senza alcuna remora aprì il fodero della chitarra si sedette di fianco al mendicante e iniziò a suonare e cantare con lui. In pochi minuti una folla di persone si avvicinò per
ascoltare e partecipare. Il commerciante non potette far altro che assistere incredulo a quello che stava accadendo. Ecco Il Maestro Smeraldo era questo.



IRAN, REGIME / 90 frustate alla protagonista donna di film non autorizzato in Iran



FONTE:UNONOTIZIE.IT

Marzieh Vafamehr, volto semisconosciuto in Europa, ma molto conosciuto in Iran. Questa donna è stata frustata dal regime per aver preso parte, nelle vesti di protagonista, in un film privo di autorizzazione. La notizia ha fatto presto il giro del mondo, sollevando critiche da più fronti. Monica Cirinnà: “ Mozione di solidarietà in Aula e foto in Piazza del Campidoglio”

Esprimo la mia personale solidarietà anche in qualità di Presidente della commissione delle elette di Roma Capitale all’attrice iraniana Marzieh Vafamehr, nuova vittima del regime feudale di Teheran.

L’artista è stata condannata ad un anno di carcere e 90 frustate per il ruolo di protagonista assunto nel film My Teheran for Sale, film che racconta le difficoltà che vivono gli artisti in Iran.

Marzieh Vafamehr è la moglie di Nasser Taghvai, un noto regista e sceneggiatore iraniano, che aveva prodotto la “scottante” pellicola con la collaborazione di una società australiana.

Secondo le fonti ufficiali del governo iraniano il film non aveva ricevuto alcuna autorizzazione per poter essere proiettato ed era stato distribuito illegalmente.

Le punizioni corporali, inflitte per provocare dolore ed umiliazione, sono un anacronistico e macabro retaggio del passato con le quali il regime iraniano tenta di annullare anche la dignità degli oppositori esposti a volte ad un orrendo spettacolo pubblico.

Presenterò all’Assemblea Capitolina una mozione di condanna di questa nuova violazione dei diritti umani alla quale aggiungo un appello affinché siano evitate a Marzieh Vafamehr sia il carcere che la bieca punizione.

Intanto, in segno di solidarietà con l’attrice iraniana, chiedo al Sindaco di esporre la foto di Marzieh Vafamehr nella piazza del Campidoglio.”

E’ quanto dichiara Monica Cirinnà Presidente della Commissione delle Elette del Comune di Roma.

Esprimo la mia personale solidarietà anche in qualità di Presidente della commissione delle elette di Roma Capitale all’attrice iraniana Marzieh Vafamehr, nuova vittima del regime feudale di Teheran.

L’artista è stata condannata ad un anno di carcere e 90 frustate per il ruolo di protagonista assunto nel film My Teheran for Sale, film che racconta le difficoltà che vivono gli artisti in Iran.

Marzieh Vafamehr è la moglie di Nasser Taghvai, un noto regista e sceneggiatore iraniano, che aveva prodotto la “scottante” pellicola con la collaborazione di una società australiana.

Secondo le fonti ufficiali del governo iraniano il film non aveva ricevuto alcuna autorizzazione per poter essere proiettato ed era stato distribuito illegalmente.

Le punizioni corporali, inflitte per provocare dolore ed umiliazione, sono un anacronistico e macabro retaggio del passato con le quali il regime iraniano tenta di annullare anche la dignità degli oppositori esposti a volte ad un orrendo spettacolo pubblico.

Presenterò all’Assemblea Capitolina una mozione di condanna di questa nuova violazione dei diritti umani alla quale aggiungo un appello affinché siano evitate a Marzieh Vafamehr sia il carcere che la bieca punizione.

Intanto, in segno di solidarietà con l’attrice iraniana, chiedo al Sindaco di esporre la foto di Marzieh Vafamehr nella piazza del Campidoglio.”

E’ quanto dichiara Monica Cirinnà Presidente della Commissione delle Elette del Comune di Roma.
Esprimo la mia personale solidarietà anche in qualità di Presidente della commissione delle elette di Roma Capitale all’attrice iraniana Marzieh Vafamehr, nuova vittima del regime feudale di Teheran.

L’artista è stata condannata ad un anno di carcere e 90 frustate per il ruolo di protagonista assunto nel film My Teheran for Sale, film che racconta le difficoltà che vivono gli artisti in Iran.

Marzieh Vafamehr è la moglie di Nasser Taghvai, un noto regista e sceneggiatore iraniano, che aveva prodotto la “scottante” pellicola con la collaborazione di una società australiana.

Secondo le fonti ufficiali del governo iraniano il film non aveva ricevuto alcuna autorizzazione per poter essere proiettato ed era stato distribuito illegalmente.

Le punizioni corporali, inflitte per provocare dolore ed umiliazione, sono un anacronistico e macabro retaggio del passato con le quali il regime iraniano tenta di annullare anche la dignità degli oppositori esposti a volte ad un orrendo spettacolo pubblico.

Presenterò all’Assemblea Capitolina una mozione di condanna di questa nuova violazione dei diritti umani alla quale aggiungo un appello affinché siano evitate a Marzieh Vafamehr sia il carcere che la bieca punizione.

Intanto, in segno di solidarietà con l’attrice iraniana, chiedo al Sindaco di esporre la foto di Marzieh Vafamehr nella piazza del Campidoglio.”

E’ quanto dichiara Monica Cirinnà Presidente della Commissione delle Elette del Comune di Roma.

Esprimo la mia personale solidarietà anche in qualità di Presidente della commissione delle elette di Roma Capitale all’attrice iraniana Marzieh Vafamehr, nuova vittima del regime feudale di Teheran.

L’artista è stata condannata ad un anno di carcere e 90 frustate per il ruolo di protagonista assunto nel film My Teheran for Sale, film che racconta le difficoltà che vivono gli artisti in Iran.

Marzieh Vafamehr è la moglie di Nasser Taghvai, un noto regista e sceneggiatore iraniano, che aveva prodotto la “scottante” pellicola con la collaborazione di una società australiana.

Secondo le fonti ufficiali del governo iraniano il film non aveva ricevuto alcuna autorizzazione per poter essere proiettato ed era stato distribuito illegalmente.

Le punizioni corporali, inflitte per provocare dolore ed umiliazione, sono un anacronistico e macabro retaggio del passato con le quali il regime iraniano tenta di annullare anche la dignità degli oppositori esposti a volte ad un orrendo spettacolo pubblico.

Presenterò all’Assemblea Capitolina una mozione di condanna di questa nuova violazione dei diritti umani alla quale aggiungo un appello affinché siano evitate a Marzieh Vafamehr sia il carcere che la bieca punizione.

Intanto, in segno di solidarietà con l’attrice iraniana, chiedo al Sindaco di esporre la foto di Marzieh Vafamehr nella piazza del Campidoglio.”

E’ quanto dichiara Monica Cirinnà Presidente della Commissione delle Elette del Comune di Roma.

Concentrazione addio, i giovani non sanno più stare seduti neanche a guardare un film



FONTE:TISCALI.IT
DI MARCO LODI

Da insegnante scopro sul campo i mutamenti delle nuove generazioni, certe cose mi sembrano quasi assodate e invece il giorno dopo significano poco o nulla, l’acqua scorre, il paesaggio cambia rapidamente. Così, ad esempio, ero convinto che tutti i ragazzi amassero andare al cinema, ne ero convinto probabilmente solo perché quando io avevo sedici anni avrei fatto carte false pur di potermi chiudere un paio d’ore nel buio di una sala a vedere un filmone.



E poi quella passione è diventata così forte che mi ha fatto traversare gioiosamente l’era dei cineclub, dove mi sono riempito gli occhi di capolavori e qualche volte mi son fatto gli occhi neri con mattonate tremende: ma comunque mi emozionava sempre scostare la tenda d’ingresso per entrare in mondo sconosciuto, diverso da quello che avevo lasciato sul marciapiede davanti al cinema. Ebbene: oggi non è più così.



Moltissimi ragazzi ammettono serenamente di non sopportare quella reclusione, di non riuscire proprio a stare seduti zitti e buoni per due ore davanti a una pellicola. Quella concentrazione leggera, quel lasciarsi andare in un altro mondo, quel galleggiare tra il buio e le immagini dello schermo per molti è un supplizio. Si tratta del famoso deficit dell’attenzione: oggi un adolescente fatica a rimanere attento per un tempo più lungo di tre minuti, il tempo di una canzone alla radio.



Se il film è un fracasso di effetti speciali, musica a palla, commenti a voce alta e risate con gli amici, forse ce la si può fare: se il cinema è annesso al centro commerciale, quasi ne fosse un’appendice chiassosa, forse le due ore si possono reggere, altrimenti per molti è solo uno strazio da evitare. Ma vi dirò di più. Ormai anche la partita di calcio alla televisione, quella liturgia sportiva che ci emozionava tantissimo, anche quella è diventata una faccenda complicata.



Molti adolescenti non riescono a stare seduti per novanta minuti a seguire le azioni della squadra del cuore. Magari parlano in cortile di Totti e Zarate e Del Piero, guardano i gol della domenica sul computer, ma non sono più in grado di seguire una partita dall’inizio alla fine. Si alzano, telefonano, si risiedono, si rialzano per prendere una bibita in frigo, vagano per casa, si rimettono seduti sul divano e poi scompaiono definitivamente. Alla fine magari si riaffacciano per sapere il risultato, come dire l’effetto senza la causa, il dolce senza la noia del pranzo.



Insomma, noi sopportavano quattro ore di Wagner o mille pagine di Dostoevski, tre ore di Fellini e l’intero campionato del mondo di calcio, comprese Perù-Norvegia o Cecoslovacchia-Colombia. Loro no, si annoiano in fretta, sbuffano, mollano. Vogliono solo i gol, le emozioni, i botti, non la lunga gestazione di un pensiero.

venerdì 7 ottobre 2011

Pendrive: Lettera-poesia


FONTE:WWW.LAPIILI.EU
SEZ PENDRIVE
A CURA DI MARIA SERRITIELLO


Lettera-poesia


A mio nipote Luigi



Tra i fogli bianchi, di un diario mai stilato, ne ho voluto aggiungere uno scritto. Un pezzo di carta su cui fissare un attimo di eternità della mia esistenza, descritto con la forza dell’emozione e alla maniera in cui è stato vissuto, semplice com’è la mia vita e pervasa di poesia, l’onda che riempie, ogni giorno, la mia anima. Poche parole per descrivere l’istante, forse anni per cercare di riviverlo, ma attimi così non ritornano.



Sono solo in casa, col mio nipotino Luigi, la sua vita è di appena 20 mesi, età in cui apprende molto e forse, poco, conserva i ricordi, se non ciò che gli torna utile per vivere. Così, sicuramente non ricorderà quest’ attimo, vissuto con me. Quando sarà grande e avrà desiderio o modo di rileggere questo mio scritto, potrà capire quanto amore ha profuso nella mia vita, per i 20 mesi della sua.



Sua madre (mia figlia) me lo ha affidato, in una delle rare volte in cui va dal parrucchiere, “Papà preparagli pure da mangiare”, si raccomanda.

6 ottobre 2011, ore 11,30, metto a bollire l’acqua nel pentolino già preparato sul fuoco, in un piatto mescolo due formaggini con un goccio di olio di oliva. Bolle, verso nell’acqua tre cucchiai di pastina, un pizzico di sale, provo e riprovo per seguire la cottura attentamente, scolo, mescolo il tutto nel piatto e gli do da mangiare. Oggi siamo fortunati, ha mangiato tutto. Luigi è seduto, agiatamente sulle mie gambe e appena ha finito di mangiare non scappa via, come accade di solito, anzi mi resta accucciato addosso e ogni tanto mi chiama"nonno" carezzandomi la barba. Con il dolce ingombro tra le braccia mi sposto dalla sedia al divano, pochi passi con lui sempre attaccato al collo. Mi sistemo, per stare comodo nella poltrona, allungo le gambe e distendo lui sul mio petto. Spontaneamente, allora attacco a cantare una ninna nanna, con parole inventate, gliela sussurro dolcemente, mentre carezzo le braccine incrociate e lentamente lui si assopisce. Dorme, profondamente Luigi, addirittura con un leggero russare e né si sveglia quando la madre ritorna.



Oggi, mio dolce, dolcissimo nipotino, ho ricevuto da te, anche se non lo sai e forse mai lo saprai, uno dei regali più belli che la vita mi abbia potuto donare: la tua fiducia, quella stessa che ha fatto affidare a me il tuo corpo indifeso e l’immensa gioia di vegliare il tuo sonno.



Ho pensato, che questo breve tempo con te, mi ha regalato due anni di vita e sicuramente, come ogni cosa unica, per quel momento, è valsa la pena di vivere.



Grazie, mio piccolo Luigi, del grande dono.



Il Nonno Giuseppe

giovedì 6 ottobre 2011

Capelli bianchi? Addio alla tinta, arriva la pillola miracolosa



FONTE:VIRGILIO DONNE


E' in arrivo una pillola in grado di far sparire gli odiati capelli bianchi. Mistero sul principio attivo: si tratterebbe di un frutto dalle proprietà pressoché miracolose


Una nota casa cosmetica francese ha annunciato di aver creato una pillola che previene i capelli bianchi. Il farmaco contiene un principio attivo derivato da un frutto (il cui nome per ora è tenuto segreto, ma i rumors puntano su melograno o tamarindo), che si è scoperto avere la proprietà quasi miracolosa di stimolare i melanociti, le cellule contenute nel follicolo capillare che sono responsabili della colorazione dei capelli.

Col tempo, mediamente a partire dall'età di trent'anni, i melanociti perdono colpi: alcuni vengono persi e i rimanenti si "spengono" progressivamente. E' proprio su questi ultimi, cellule sopravvissute al processo di invecchiamento, che agirebbe la nuova pillola.

Il farmaco, un integratore da assumere tutti i giorni, avrebbe il potere di riattivare i melanociti entrati in fase di quiescienza, risvegliando la loro tanto apprezzata funzione di dare colore ai capelli.

Ancora quattro anni, tempo di perfezionare il farmaco e chi ha problemi di capelli bianchi -o meglio, chi non li ha ancora, visto che il farmaco non copre quelli già ingrigiti- potrà abbandonare la tinta per la miracolosa pillola.

A meno che non decidiate anche voi di seguire il trend grey-chic, abbracciato da varie star anche di sesso femminile, prima tra tutte Lady Gaga, perché secondo alcuni dopotutto i capelli bianchi non sono poi così male: tutt'altro.

“Bailatango” all’Arcara di Cava dei Tirreni



FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

La serata “Bailatango” di venerdì 30 settembre, all’Arcara di Cava dei Tirreni, ha avuto come attrazione particolare, oltre ad un gustoso menù a base di pietanze argentine, bravi ballerini: Antonella e Fabiano e l’esibizione di speciali maestri di tango: Dina del Gaiso e Donato Marzano. Miguel Angel Zotto, uno dei tre più grandi ballerini di tango al mondo, ha detto della danza sensuale che, al momento, c'è spazio anche per l'improvvisazione per quante emnozioni suscita. Le considerazione del ballerino argentino cadono a proposito sulle figurazioni dei due eccezionali tangheri che hanno letteralmente affascinato i commensali con una perfetta esibizione. La serata dell’Arcara che ha miscelato musica e danza è proseguita con un appropriato recital di versi: “Al mio tanguero”, “Tango for”, “Sotto la pioggia” (Eugenio montale), “Tango” (Borges), “Rosa de tango” (Rubistein), recitati da Milva Carrozza. Ha presentato la serata Alfonso De Rosa. L’organizzazione è stata curata da: Marisa Annunziata.

Per saperne di più

Il tango nasce nell’Argentina come espressione popolare e successivamente diviene una forma artistica, che comprende musica, danza, testo e canzone, anche se è evidente che, sia nei suoi testi che nel suo carattere culturale, il tango è un elemento inscindibile con le realtà di Buenos Aires, Rosario e Montevideo e la sua periferia della seconda metà dell'800. Il tango utilizza per le sue esecuzioni uno strumento, forse inventato o forse popolarizzato dal musicista tedesco Heinrich Band, il bandoneon, uno strumento musicale diatonico simile alla fisarmonica o all'organetto. Essendo diatonico si ottengono note differenti con la stessa combinazione di tasti, a seconda che il mantice venga compresso o dilatato. Pur essendo una musica molto sincopata, non utilizza strumenti a percussione ed anche gli altri strumenti adoperati vengono suonati in modo del tutto particolare per dare forti accenti di battuta e segnature ritmiche.

I nomi dei maggiori compositori di musica a partire dai primi anni del Novecento fino all’età d’oro, quella degli anni '30 e '40, Anibal Troilo, Juan D’Arienzo, Carlos Di Sarli , Osvaldo Pugliese, Francisco De Caro, sono tutti figli d’italiani (gli argentini in generale sono figli d'immigranti, e l'urgenza di trovare una propria identità spinse il Tango alla sua comparsa non solo come semplice musica ma come un pensiero che si balla). Lo stesso compositore e direttore d'orchestra Astor Piazzolla aveva il padre pugliese.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu